. Angelo Lannutti, papà di Ivana, vittima del sisma, ha scritto una lettera aperta a nome dell'associazione Avus 6 Aprile 2009, formata dai familiari degli studenti fuori sede morti all'Aquila in seguito al terremoto. Una lettera «che può ritenersi scritta da ognuno dei genitori dei 55 ragazzi». Ecco il testo integrale della lettera.
«Due anni dopo. Il 6 Aprile è imminente. È il secondo anniversario della morte di mia figlia, ma è per gli altri, non per me o per quelli che stanno nella mia stessa condizione. Per chi ha perso un giovane figlio studente universitario al terremoto dell'Aquila ogni giorno è il 6 Aprile. Quando apri gli occhi al mattino e inizi a pensare al da farsi quotidiano ti assale la certezza che comunque quello che vuoi veramente è irrealizzabile. Quando torni a casa la sera negli occhi di tua moglie traspare un'altra certezza: anche oggi non l'hai riportata a casa. Questa è la realtà dei miei giorni da due anni a questa parte; questa è la realtà delle famiglie degli studenti fuori sede deceduti all'Aquila».
«Nell'imminenza del 6 Aprile si è scatenata una polemica sull'opportunità o meno che il Presidente del Consiglio dei Ministri, l'Onorevole Silvio Berlusconi, presenzi a cerimonie commemorative; sul fatto che l'assessore alla protezione Civile del Comune dell'Aquila si vanti di aver apprestato un piano di emergenza ben prima del 6 Aprile 2009; sul relativo scaricabarile tra istituzioni varie sulla mancata applicazione e sulla reale consistenza di tale piano che a tutt'oggi sembra non operativo in caso di ulteriori situazioni di rischio».
«La commemorazione delle 308, per qualcuno 309, vittime dovrebbe esprimere solidarietà a chi ha perso i propri cari. Dovrebbe essere un momento di riflessione soprattutto a riguardo degli scomparsi e, dal mio punto di vista, per quei ragazzi stroncati nel fiore della loro gioventù mentre stavano lavorando al loro progetto di vita. Cos'erano questi ragazzi per le loro famiglie? Cos'erano per se stessi? Cosa sarebbero stati per la società? Di sicuro erano gli operai di una delle prime fonti di reddito dell'economia Aquilana: l'Università degli studi. Ragazzi che con la loro presenza nel centro storico della città ne rappresentavano una delle anime più vitali, ragazzi che producevano reddito e prosperità per il tessuto economico. Quale genitore di una ragazza morta all'età di 22 anni 9 mesi e 3 giorni mi sento profondamente disgustato da tutti i tentativi di strumentalizzare il prossimo 6 Aprile.
«Chi vuole commemorare mia figlia e anche tutti gli altri studenti fuori sede, in tutto 55, deceduti all'Aquila in case sorte e modificate proprio per incrementare quell'economia in parte sommersa degli affitti agli studenti fuori sede può fare scelte più coraggiose e significative. Innanzitutto le istituzioni cittadine con l'Università degli studi in primis et coram Comune e Provincia si facciano promotori di un'istanza tesa a riconoscere agli studenti deceduti lo status di morti sul lavoro. . Facciano reale solidarietà riconoscendo il ruolo che questi ragazzi avevano nella vita della città».
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