martedì 5 aprile 2011

pc 5 aprile - nuovo attacco al diritto di sciopero

La fine dello Sciopero

La Cub ed i Cobas esprimono sconcerto e disapprovazione totale nei confronti di entrambi i disegni di legge (DDL 1473 del Governo; ed il DDL 1409, primo firmatario Ichino) in discussione alle Commissioni riunite del Senato in merito all’inasprimento della normativa che limita il diritto di sciopero.

Si denuncia infatti che in entrambi i disegni di legge, seppur con sfumature diverse, si voglia tentare di imbavagliare il mondo del lavoro abolendo l’esercizio sostanziale del diritto di sciopero, proprio quando l’intero mondo del lavoro è colpito dagli effetti della crisi e delle ristrutturazioni. Una sorta di opera “preventiva” a tutela dei soli interessi della parte datoriale.

Già nell’intestazione dei disegni di legge, e nelle loro note introduttive, si evidenzia il chiaro carattere mistificatorio ed ideologico tutto teso all’abolizione del conflitto, strumentalizzando l’impianto normativo con il riferimento alla libera circolazione delle persone.

È per noi invece evidente come non esista una differenza tra persone che hanno il diritto di circolare liberamente e i lavoratori. Con questi disegni di legge si vuole strumentalizzare il problema della libera circolazione tentando di mettere contro i lavoratori di differenti settori. I lavoratori non interessati direttamente da una specifica vertenza vengono in questo modo considerati esterni rispetto all’intero corpo sociale, mentre è bene ricordare che l’articolo 1 della Costituzione pone il lavoro a fondamento della nostra democrazia. Con questi disegni di legge si vorrebbe che altri lavoratori diventassero improvvisamente solo generiche persone, un’“opinione pubblica” che entra in conflitto con quei lavoratori che lottano per tutelare i loro interessi. Tutti contrari allo sciopero, ma a tempo determinato, a giorni alterni, perché poi si “scoprirebbe” “improvvisamente” di essere, al pari degli altri, lavoratori che rivendicano il diritto di sciopero.

Inoltre anche l’art 35 della Costituzione da particolare attributo al lavoro, considerato elemento indispensabile per promuovere la società (“La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni”), e gli artt. 36-43 e l’art. 46, che contribuiscono a determinare le norme di principio fondamentale a tutela del lavoro, del lavoratore e dell’interesse collettivo della società.

Bisognerebbe porsi la domanda del perché, in alcuni casi, il conflitto esplode in maniera incontrollata e non piuttosto procedere con il tentativo di soffocarlo senza rimuovere alla radice la causa. Sigillare per legge il dissenso e la protesta rischierebbe solo di alimentare la rabbia.

Questi DDL vorrebbero azzerare il senso profondo del diritto di sciopero, fondamentale strumento per i lavoratori utile a rafforzare il potere contrattuale con la controparte datoriale e, oggi - principalmente - strumento di difesa. Viene poi indebolita la contrattazione collettiva, sia nazionale sia aziendale, perché pone maggiormente esposto ed isolato il lavoratore. Va inoltre considerato che da sempre il diritto del lavoro ha oggettivamente riconosciuto che il lavoratore ricopre ruolo e posizione debole ed impari rispetto al suo datore di lavoro. Una normativa ancor più restrittiva in materia non farebbe che peggiorare tale condizione.

Dai disegni di legge se ne deduce quindi che il reale ed unico interesse sia quello di creare regole talmente restrittive da rendere il diritto di sciopero solo un inutile parentesi formale.

Ciò è in ultima analisi in aperta violazione dell’art. 40 della nostra carta costituzionale che, sebbene demandi la sua applicazione a leggi specifiche, tutela l’esercizio del diritto di sciopero nella sua generalità.

Per Cub e Cobas lo sciopero è il diritto dei diritti; è il diritto con il quale rivendicare e difendere altri diritti!

L’attuale normativa vigente in materia (L. 146/90 e L. 83/00), che regola le modalità di esercizio del diritto di sciopero, è inoltre già di per sé eccessivamente restrittiva, perché prevede procedure di raffreddamento, tentativo obbligatorio di conciliazione, regole precettive, periodi di franchigia, servizi garantiti, rarefazione soggettiva ed oggettiva, preavviso, concomitanza, ecc., regole già in grado di ridurre e limitare sia l’uso dello sciopero a poche settimane l’anno che l’impatto sulla controparte.

Con le nuove proposte di legge si vuole limitare i soggetti “abilitati” alla proclamazione dello sciopero e vietare alle “presunte” minoranze di lavoratori, in una prospettiva pesantemente autoritaria, una libertà costituzionale fondamentale, quale quella dell’esercizio del diritto di sciopero.

Nel merito, Cub e Cobas ritengono che l’introduzione:

- del nuovo ruolo della Commissione di garanzia in Commissione del Lavoro (che attraverso la nomina di 5 componenti da parte del Governo e l’arbitrato obbligatorio cesserebbe di essere organo super partes – oggi in vero solo sulla carta -);

- della soglia di rappresentanza per poter dichiarare uno sciopero (che determina la soglia del diritto);

- del referendum preventivo obbligatorio al di sotto della predetta soglia (per altro nel DDL 1473 limitato anch’esso ad una soglia di rappresentanza, restrittiva e lesiva del diritto);

- della dichiarazione di adesione individuale preventiva (che espone a possibili “schedature” dei lavoratori che aderiscono allo sciopero e consente di predisporre azioni di contenimento del conflitto a solo vantaggio della parte datoriale);

- dello sciopero virtuale (che snatura l’equilibrio tra il danno per l’azienda ed il lavoratore);

- dell’inasprimento del sistema sanzionatorio (che mette a rischio il rapporto di lavoro e sbilancia la sanzione a sfavore del lavoratore, per giunta considerato soggettivamente responsabile ben oltre le OO.SS.)

rendano di fatto non più reale il diritto di sciopero.

In conclusione la Cub ed i Cobas, già contrari alle attuali leggi 146/90 e 83/00 che pesantemente limitano il diritto di sciopero, ribadiscono la loro completa contrarietà sia al DDL 1473 che al DDL 1409 che lo vieterebbero definitivamente.

Roma, 4 aprile 2011

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