Ieri sera a Manduria il clima tra gli immigrati che avevano passato in 200 la notte fuori dal campo era di un’attesa dubbiosa, ma pronti a riaccendere la protesta.
Anche se le voci erano varie: una parte diceva, rientriamo stanotte e poi nel caso le promesse di permesso di soggiorno per tutti, anche a scaglioni, non risultassero vere, torniamo ad uscire subito dal campo; altri davano più credibilità alle dichiarazioni del Questore; ma altri ancora dicevano che finchè non vi saranno fatti concreti, non bisogna rientrare nel campo e proseguire la protesta rimanendo anche la seconda notte nella campagna antistante il campo e continuando a rifiutare il cibo dell’interno.
Nel pomeriggio la tensione era aumentata perché erano giunte notizie di un accordo con la Tunisia per rimandare gli immigrati nel loro paese. Tre sono stati ricoverati in ospedale, uno si era provocato delle ferite a un braccio.
Per tutto il giorno la polizia, gli uomini del Consorzio Connecting People che gestisce la tendopoli, la Croce rossa, la Caritas avevano fatto un’azione martellante di convincimento. E c'è da dire che di questa operazione di "convincimento" continuano a far parte anche alcune "anime belle" di antirazzisti, volontari pacifisti, che distribuiscono vestiario, cibo e "legalismo/tranquillizzante ideologico".
Con la tattica del bastone e della carota, da un lato le forze dell'ordine da un lato spargono “terrorismo”, per incutere paura tra gli immigrati (se continua la protesta, se vanno via, non hanno più il permesso di soggiorno…), dall’altra seminano promesse incredibili: ieri la stessa polizia insieme al Consorzio ha fatto distribuire un volantino in arabo che diceva addirittura che oggi (martedì) gli immigrati avrebbero avuto il permesso e sarebbero stati liberi di andare via dal campo.
La linea la parola d’ordine era di “tranquillizzare” la situazione, tenendola rigidamente sotto controllo.
Per questo l’arrivo delle compagne dello Slai cobas per il sindacato di classe ha allarmato immediatamente Digos, poliziotti al campo. Le compagne dall’arrivo a quando sono andate vie sono state sempre tallonate, ogni discussione, capannello con gruppi di immigrati vedeva subito movimenti nervosi, poliziotti che si avvicinavano per ascoltare. Ad un certo punto è stato impedito ad una compagna di avvicinare la persona che gli immigrati ci avevano indicato come colui che aveva distribuito il volantino in arabo, e che aveva fatto credere agli immigrati di essere di un’associazione antirazzista.
Il nuovo incontro, dopo la grande giornata di protesta di sabato scorso, delle compagne con gli immigrati, e con alcuni loro rappresentanti di fatto, ha proseguito e rafforzato il legame anche umano, di solidarietà, di unità. Le compagne avevano portato un volantino con i punti principali di della battaglia di questa fase, e nonostante la difficoltà della lingua, nei capannelli è stato letto insieme agli immigrati. Abbiamo poi portato le notizie dalla Tunisia sugli scioperi degli operai; abbiamo discusso sulla natura del governo Berlusconi e sul perché non si poteva semplicemente restare in attesa delle sue promesse; abbiamo parlato della guerra in Libia, delle giuste rivolte dei popoli, arrivando perfino a parlare della campagna a sostegno della guerra popolare in India e che cosa è questa guerra popolare, e la differenza tra le rivolte, come quella della Tunisia e la guerra di popolo.
Ma abbiamo soprattutto parlato, insieme anche ad altri compagni della zona, della necessità di non accettare la manovra di “tranquillizzazione” fatta dalla polizia con il volantino, che era giusto, perché effettivamente ci fossero delle soluzioni collettive per tutti gli immigrati, mantenere la protesta nelle varie forme collettive che gli immigrati stanno decidendo, estenderla, costruire, soprattutto da parte nostra, una lotta unitaria contro il governo tra lavoratori/popolazioni della zona e immigrati.
In un clima bello, di fraternità, di rafforzamento della conoscenza reciproca, gli immigrati ci hanno poi aggiornato sulla invivibilità del campo: ancora non vi sono docce calde, il cibo è scarso e pessimo (alcuni dicevano anche avariato), pur avendo alcuni di loro dei soldi, non possono comprarsi nulla, dalle sigarette, alle ricariche dei telefonini (tanto che abbiamo prestato i nostri per fare delle telefonate ai loro familiari), non possono cambiarsi, ecc.
Quando siamo andate via ci hanno salutato con affetto, chiedendoci di ritornare presto.
Le compagne dello Slai cobas per il sindacato di classe - Taranto
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