Un altro ragazzo di Manduria (TA) si aggiunge alla lista nera delle morti in carcere.
Morto per "suicidio" nel carcere di Bari dove era ristretto per furto,e dove il giorno prima aveva ricevuto un altro ordine di arresto eseguito in carcere per lesioni e portato in isolamento.
"Si avventa contro un sovrintendente con calci", si leggerà nel verbale,l'agente
riporta una frattura del polso e Carlo "dichiara" di non essersi fatto niente.
Quattro ore dopo viene trovato impiccato al letto della sua cella. Era il 30 marzo, morirà al policlinico di Bari sette giorni dopo.
Un altro ragazzo che allunga la lista di infamia che caratterizza le nostre carceri dentro le quali il sistema mostra tutta la sua violenza,dalle condizioni di vita inumane dentro piccole celle superaffollate e sporche, alla impossibilità di cura, ai pestaggi da parte delle "squadrette", fino ai suicidi e alle morti per "cause naturali" o per "cause da accertare".
Ma c'è dell'altro nella storia di Carlo. Sei anni fà, a soli sedici anni, aveva denunciato nove agenti del carcere minorile di Lecce per violenze fisiche e psicologiche sui minori detenuti, un processo che, proprio mentre Carlo moriva, il giudice monocratico del Tribunale di Lecce, Fabrizio Malagnino, ha rinviato al 19 giugno 2012, tra più di un anno, quando tutti i reati saranno ormai prescritti. Cominciato due anni fa, passato attraverso tre diversi giudici, di volta in volta sostituiti perché trasferiti in altri collegi, e ancora oggi alle questioni preliminari, il processo è stato aggiornato a «data immediatamente successiva - ha spiegato il legale di parte civile che rappresenta Carlo, l’avvocato Tania Rizzo - alla prescrizione dei reati».
Scrive il nuovo corriere Barisera l'8 aprile:
BARI – Non ci sono solo le aggressioni nelle carceri di Lecce e Bari. Carlo Saturno, il 22enne morto ieri dopo alcuni giorni di coma, sarebbe stato picchiato anche nel carcere di Taranto, davanti all’avvocato d’ufficio che lo difendeva, Antonio Liagi. Nell’istituto del capoluogo jonico, Saturno fu rinchiuso per reati legati allo spaccio di stupefacenti. Il 10 febbraio 2009 fu arrestato da agenti di polizia nel corso di un blitz e destinatario di una misura in carcere. Ed è proprio nel carcere che sarebbe avvennuta l’ennesima aggressione della polizia penitenziaria, finita in un’istanza di richiesta di modalità protetta del 3 marzo 2010 dell’avvocato Tania Rizzo al tribunale, che chiedeva una specie di protezione del detenuto.
Sulla sua fine la procura di Bari ha aperto una inchiesta (al momento senza indagati) per istigazione al suicidio, mentre la famiglia chiede a gran voce
chiarezza, con la sorella Anna che, in una intervista, si dice certa che il giovane sia stato picchiato in carcere e che la morte sia stata provocata dai maltrattamenti subiti da parte della polizia penitenziaria.
Un'altra pagina vergognosa mentre il governo tratta i problemi di sovraffollamento carcerario con la stessa logica con cui tratta i rifiuti, per allargare la discarica sociale costruisce nuove carceri, assistiamo alla assoluzione o prescrizione di servi dello stato capaci di infierire con inumana violenza e brutalità contro persone più deboli perchè private della libertà e della possibilità di difendersi.
E' legittimo dubitare, come con forza fanno i familiari, del suicidio e del pestaggio avvenuto il giorno prima che ha consentito un nuovo arresto e il passaggio all'isolamento dove nessuno poteva sentire.
E' legittimo dubitare dal momento che un ragazzo finito in carcere per furto, si è ritrovato in isolamento e poco dopo moribondo in rianimazione.
E' legittimo dubitare quando il carcere perde la sua funzione riabilitativa e diventa luogo di torture, pestaggi e morte.
Ciao, Carlo.
Da Benni - Taranto
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