giovedì 9 settembre 2010

pc quotidiano 9 settembre - Il pugno di ferro degli industriali

“Il pugno di ferro degli industriali” ha fatto arrabbiare anche un
intellettuale come Luciano Gallino, che riporta su Repubblica, 8 settembre
2010, la sua valutazione, naturalmente dal suo punto di vista, sulla scelta dei
padroni di portare lo scontro con la classe operaia ancora più a fondo. Ci
interessa l’accento su due puntualizzazioni che riguardano questo attacco che
confermano che la “lotta tra capitale e lavoro” di cui si lamentano i padroni è
cominciata tanto tempo fa, di fatto non cessa mai:

SUL SALARIO

Dice Gallino che la disdetta del contratto nazionale di lavoro da parte di
Federmeccanica è soprattutto a scapito dei lavoratori “Caso mai ve ne fosse
bisogno. I redditi da lavoro hanno infatti perso NEGLI ULTIMI VENTICINQUE anni
almeno 7-8 punti sul Pil a favore dei redditi da capitale (dati Ocse). Perdere
1 punto di Pil, va notato, SIGNIFICA CHE OGNI ANNO 16 MILIARDI VANNO AI SECONDI
invece che ai primi. Questa redistribuzione del reddito dal basso verso l´alto
ha impoverito i lavoratori, contribuito alla stagnazione della domanda
interna…”

SUI DIRITTI

Quanto ai diritti, SONO SOTTO ATTACCO SIN DAI PRIMI ANNI ´90 e la loro
erosione ha preso forma della proliferazione dei contratti atipici che sono per
definizione al di fuori del contratto nazionale. Per cui lasciano ai datori di
lavoro la possibilità di imporre a loro discrezione, a milioni di persone,
quali debbano essere le retribuzioni, gli orari, l´intensità e le modalità
della prestazione, e soprattutto la durata del contratto.

Quindi nonostante il contratto nazionale di lavoro, gestito in concertazione
dai sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil in particolare, non sia servito
nemmeno a mantenere fermo il livello dei salari, i padroni lo vogliono abolire
perché rappresenta comunque un punto di riferimento, una conquista importante
negli anni delle lotte operaie,…

“Si potrebbe obbiettare” continua Galino, “che il contratto dei metalmeccanici
riguarda solo un milione di persone, su diciassette milioni di lavoratori
dipendenti. Ma non si può avere dubbi sul fatto che altri settori
dell´industria e dei servizi seguiranno presto l´esempio di Federmeccanica.
Dietro la quale è sin troppo agevole scorgere non l´ombra, bensì il pugno di
ferro che la Fiat sembra aver scelto a modello per le relazioni industriali.”

E questa possibile compressione di salari e diritti per un maggiore
sfruttamento, al contrario di quanto possa pensare Gallino, non fa arrossire i
padroni (che lui chiama imprenditori) nemmeno lontanamente perché sarebbe
impossibile dire agli operai che devono competere con “i costi del lavoro di
India e Cina, Messico e Vietnam, Filippine e Indonesia, cercando di tenere
fermi i salari dei lavoratori italiani mentre li si fa lavorare più in fretta,
con meno pause e con un rispetto ossessivo dei metodi prescritti. Magari a
mezzo di altoparlanti e Tv in reparto, come già avviene in aziende del gruppo
Fiat.”
E si arrabbia ancora l’intellettuale Gallino, ma non è il solo, perché i
padroni non sono bravi a risolvere i problemi di competitività del sistema
industriale italiano e danno ricette per cui fanno rientrare dalla finestra
quello che pensavano di aver fatto uscire dalla porta…

Ma i padroni fanno il loro mestiere, danno segnali forti, fanno la loro parte,
come sempre; agli altri fare la loro, il governo li deve sostenere gli operai
li devono rovesciare…

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