Torino, il generale Vannacci, l'asse con Marco Rizzo e l'ipotesi partito personale. Critiche al Papa: «Chiede comprensione per i carcerati, la chiederei per le vittime»
Roberto Vannacci prende posto nella sala in sottofondo risuona la Cavalcata delle Valchirie: «Un mio partito personale? Solo perché non ho la spilletta?»
«Grande Trump! Grande Trump!». Ammirano il neo presidente degli Stati Uniti. E, forse, c’è chi, tra loro, vedrebbe nel generale Roberto Vannacci l’emulo italiano del tycoon. La cosa certa, almeno per ora, è che l’europarlamentare eletto nelle file della Lega si schermisce: «Un mio partito personale? Solo perché non ho la spilletta con Alberto da Giussano? Ma no, io sono qui come eletto leghista».
Nella sala dell’hotel Fortino si sono radunate per sentirlo, questa sera, 26 febbraio, su invito del sindacato di polizia Siulp,
quasi 400 persone. In sottofondo risuonano le note della Cavalcata
delle Valchirie. Come se fosse arrivato il momento di una riscossa.
Con Vannacci, sul palco, c’è l’ex comunista Marco Rizzo, ora coordinatore di Democrazia Sovrana e Popolare.
«Siamo in sintonia su molti argomenti», assicura. Il tema ufficiale: la
sicurezza. Di fatto, il copione è trito e ritrito: gli immigrati che
rubano la ricchezza al Paese, l’Unione europea madre di tutti i mali e
in mano ai poteri forti, l’orrore per il «Woke» che, a sentire il
generale e l’ex paladino della falce e martello, imperversa anche in
Italia. Il pubblico applaude. Non sembra essere abituato ai grandi
comizi. Alcuni riprendono con lo smartphone per poi rilanciare i video
degli interventi sui gruppi social.
«Io sono qui perché Vannacci mi piace e
volevo sentirlo — mette le mani avanti una signora sui 50 anni —. La
politica? Ma no, non la seguo. Io ho saputo di questo incontro dai
social».
La sicurezza è la madre di tutte le battaglie, il destriero
da cavalcare se si vuole captare consenso dal fiume carsico
dell’impoverimento del ceto medio. E poco importa che al governo c’è la
destra, da oltre due anni.
Le lamentele sono quelle di sempre: le forze dell’ordine aggredite, le periferie insicure, gli immigrati. E i centri sociali come Askatasuna, spesso al centro dei discorsi dei securitari? Vannacci resta sul vago. Va sgomberato? «Io credo che si debba far rispettare le regole, sempre». Ma chi deve farle rispettare: il ministero dell’Interno Matteo Piantedosi? «Si dà sempre la colpa al livello centrale, io non entro nel merito della questione che non conosco nel dettaglio — precisa Vannacci —. Ma partiamo anche dai livelli locali… c’è un prefetto, un questore… c’è anche un sindaco a Torino».
Insomma: meglio non dire che se c’è qualcuno che potrebbe sgomberare Askatasuna,
quel qualcuno è proprio il ministro espressione del partito con cui
Vannacci ha ottenuto uno scranno a Bruxelles. Meglio fare dichiarazioni
sui grandi principi: «La sicurezza è un bene irrinunciabile, non è né di
destra né di sinistra. Ed è un bene a tutela dei più deboli». Tutto
giustissimo. E quindi? Di chi è la responsabilità politica attuale?
Silenzio.
La colpa, semmai, è di Papa Francesco. Certo,
ammette Vannacci, «mi dispiace per il momento che sta attraversando, ma
ci si mette anche lui quando chiede comprensione per i carcerati… Io prima chiederei comprensione per le vittime». Amen.
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