Collettivo Di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze
1. pur continuando a rivendicare un intervento pubblico e complessivo per rilevare e riavviare la fabbrica, non lo attendiamo passivamente. Costruiamo la reindustrializzazione dal basso
2. abbiamo un piano industriale per ripartire, mentre la proprietà aziendale e l'intera politica attorno sono chiacchiere e spreco. Di tempo e di risorse.
3. pur consapevoli dell'inadeguatezza nostra, dei rapporti di forza avversi, di quanto siamo lontani da ciò che realmente vorremmo, ci apriamo la via nel presente con tutti gli strumenti che creativamente riusciamo a trovare.
4. siamo la dimostrazione vivente, sopravvivente, resistente, che solo attraverso il collettivo, la comunità, il mutuo aiuto reciproco, si può restare in campo
5. che per riaprire una fabbrica, devi cambiare il mondo attorno che l'ha chiusa. E che non lo fai per te, ma per tutto il mondo che hai attorno
6. che c'è un'alternativa ora e qua. E che possiamo provarci.
7. che siamo storia che non muore, perchè il mutualismo, lo Statuto dei Lavoratori, il collettivo di fabbrica, i delegati di raccordo, vengono da lontano. Ma vanno lontano. Siamo anche un futuro non scritto.
8. che forse, anzi quasi sicuramente, falliremo. Ma anche sotterrati, saremo semi.
L'Aps Soms Insorgiamo, dopolavoro, Cral, strumento dell'assemblea permanente, del collettivo di fabbrica, di convergenza culturale, di formazione, contro l'abbrutimento e logoramento che l'attuale proprietà usa contro di noi, di campagna pubblica per la fabbrica pubblica e socialmente integrata, società operaia, di mutuo soccorso, circolo Arci, rete di Fuorimercato, strumento delle lavoratrici e dei lavoratori Gkn ma anche dei solidali, interfaccia con il territorio e con le azioni di convergenza, strumento per l'autoproduzione o per l'azionariato popolare.
21 gennaio, h 14.30, assemblea dei Soci Aps Soms. Il punto sulla vertenza, sulle prossime scadenze, su progetti e attività.
"Certo le circostanze non sono favorevoli e quando mai. Bisognerebbe...bisognerebbe niente. Bisogna quello che è. Bisogna il presente".
Per avere un futuro non scritto. #insorgiamo
E arriviamo alla fase attuale, avviata con l'Assemblea 9 ottobre e ora con la consultazione autogestita
Le delocalizzazione vanno avanti, perchè è una linea ben precisa da parte del capitale per tagliare il costo del lavoro, avere più mano libera nello sfruttamento e attacco ai salari, avere fabbriche con meno diritti degli operai. Questa linea non riceve alcun contrasto da parte del governo (nè da Draghi prima, nè
ora dalla Meloni), la cui norma in sostanza dice all'azienda: "paga un pegno e delocalizza"; la magistratura interviene con la normativa attuale solo sulle procedure, interrompendo i termini, e al massimo dando più respiro alla mobilitazione operaia. I sindacati confederali stanno arrivando ad accordi che di fatto sono un via libera alle aziende per andare via, a fronte di promesse di reimpiego che si stanno rivelando solo fumo, impegni detti e disattesi, e piani di svuotamento delle fabbriche che i padroni impongono e i sindacati confederali accettano.Ma questo dimostra, una volta di più, come questa sia una battaglia importante e nazionale contro padroni e governo, e contro le svendite dei sindacati confederali; una battaglia che non si può affrontare fabbrica per fabbrica ma richiede unità degli operai, operaie' delle varie realtà delocalizzate, per costruire rapporti di forza più favorevoli per gli operai.
Questa battaglia, difficile, in cui il primo e diretto nemico sono i sindacati confederali, era però iniziata con la lotta della Gkn,
Ma il collettivo Gkn, che, ribadiamo, ha avuto questo grande merito e che chiaramente continua a portare la propria presenza solidale ad altre lotte simili, ora ha preso un'altra strada - "ci siamo dichiarati fabbrica pubblica e socialmente integrata. Fabbrica pubblica perché a questo punto pretendiamo questi fondi pubblici ma vogliamo anche che l'assemblea permanente e i lavoratori e le varie espressioni territoriali esercitino un controllo pubblico sulla struttura societaria" (dall'intervento del collettivo Gkn all'assemblea proletaria anticapitalista del 17/9) per "incidere sul diritto di proposta, verifica, e gestione della reindustrializzazione" (dal Documento presentato dal collettivo Gkn all'assemblea del 9/10).
Dario Salvetti nell'assemblea del 9 ottobre ha parlato di “restituzione e ricapitalizzazione”: “Restituire” a chi ha “investito” nei 16 mesi del presidio solidarietà, tempo e intelligenze, “ricapitalizzare” le energie per continuare la battaglia dedicando ancora tempo e sostegno anche materiale, in particolare ai progetti del mutualismo conflittuale, la costituenda Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) e alla prospettiva di fabbrica pubblica socialmente integrata. Perciò noi, mentre continuiamo ad invocare l’intervento pubblico, e continueremo a farlo, in realtà siamo costretti a reinventarci noi il lavoro, la produzione, perciò abbiamo depositato ieri lo statuto della SOMS “Insorgiamo”, che permette di metterci in contatto con la rete “fuori mercato” fare lavoro mutualistico, vedere se riusciamo a fare una cassa mutualistica per iniziare a spostare la ricchezza tra di noi, perché chi tra noi ha qualcosa in più presti senza interessi a chi ha meno".
Chiaramente la questione non è sulle scelte sindacali che vengono fatte, articolate, cambiate in una lunga lotta sindacale. In questo è normale quanto detto da Dario Salvetti nell'assemblea del 9 ottobre: "Facendo il bilancio di questi 16 mesi, più volte si è dovuto cambiare pelle per giocare una partita a scacchi con un avversario lontano e invisibile". Poi, come anche il Collettivo ha detto in altri momenti, è ora necessario continuare a resistere, ad essere visibili, perchè il pericolo principale è la “devastazione”, dispersione, il pensare a soluzioni individuali che la CIG porta nelle vite degli operai, i quali, se non mantengono un senso e una pratica di comunità, se non si danno impegno e disciplina collettiva per continuare in forme adeguate alla fase una lotta, la lotta comunque è persa.
Cosi' come dice bene Salvetti, sempre il 9 di ottobre: "Una lotta come questa non può essere vinta da una singola fabbrica, senza cambiare i rapporti di forza nel paese. Perciò occorre che ci chiediamo: abbiamo cambiato i rapporti di forza? Un aspetto dei rapporti di forza che non siamo riusciti a cambiare è l’idea, tremendamente passiva ma molto diffusa anche tra noi, che noi lottiamo per andare a imporre i rapporti di forza al tavolo ministeriale e che lì in qualche modo ci ascolteranno".
Ma questo sembra più un bilancio tardivo. I rapporti di forza voleva dire e vuol dire prima di tutto e soprattutto affrontare la situazione delle fabbriche, delle altre lotte contro la delocalizzazione, dove, e torniamo alla questione dei sindacati confederali, la fa da padrone la linea di svendita, di conciliazione tra interessi capitalistici e interessi di classe dei lavoratori, dei sindacati confederali, compresa ripetiamo la Fiom; dove la maggiorparte degli operai sia pur sfiduciata sta nei sindacati confederali. Per modificare questa situazione occorreva e occorre unita', portare si' una strada e riferimento alternativo (come appunto la Gkn), ma soprattutto occorre forte la lotta aperta e continua ai sindacati confederali, per intaccarne l'egemonia nelle lotta. E questo non si è voluto fare.
Ora alle altre realta' operaie viene portato il riferimento di un nuovo percorso, che non è una risposta per la stragrande maggioranza delle realta' di fabbrica, e che diventa illusoria, riformista, di attenuazione non di sviluppo della lotta, affrontando le contraddizioni concrete, per costruire rapporti di forza favorevoli.
Nè è corretto porre la vicenda della Gkn come "... lo scandalo industriale del secolo" Questo "scandalo" sta avvenendo in tante fabbriche con conclusioni anche peggiori. E' la legge del capitale, non è uno "scandalo".
Le esperienze che vengono poste a riferimento, in particolare di fabbriche prese e gestite da operai, al di la' di realta' particolari che hanno potuto prendere nelle loro mani attivita' gia' avviate (vedi ‘Rimaflow’, alcune fabbriche in Argentina); al di la' che queste esperienze non hanno cambiato, nè potevano evidentemente cambiare il rapporto generale capitale/lavoro salariato, leggi del mercato capitalista, questa non è neanche la proposta centrale del Collettivo Gkn.
Il Collettivo Gkn pone una serie di ipotesi (come si vede da pezzi stralciati del loro documento). Fondamentalmente si tratterebbe di una fabbrica pubblica, sostenuta da fondi pubblici, per attivita' di pubblica utilita', sotto controllo dei lavoratori attraverso una struttura societaria pubblica da loro costituita.
Lo stesso quesito, oggetto della consultazione autogestita in corso, parla di "proposte industriali e sociali provenienti dai soggetti pubblici o privati, comprensivi dell'attuale associazionismo operaio, dall'assemblea dei lavoratori..."
Questa proposta, nella sua prima parte, non è che si discosti tanto dalla proposta che alcuni sindacati confederali, in particolare Fiom e Uilm stanno facendo in altre realta' in crisi; pretendere che lo Stato, il governo intervenga con fondi pubblici per salvare una fabbrica che rischia di chiudere per sempre, o intercetti altri privati per acquisirla, è parte, in alcune fasi inevitabile, della lotta sindacale; ma nessun operaio cosciente può sostenere che questo garantisce l'effettiva salvaguardia degli interessi degli operai, della difesa di tutti i posti di lavoro, dei salari, della sicurezza/salute, dei diritti.
Nelle parti successive è negativamente illusoria; siamo alle illusioni riformiste che sempre hanno portato i lavoratori nella braccia del capitale, con l'illusione di controllarlo, ma di fatto venendo meglio controllati.
Su questo tutta la collaborazione, riteniamo sincera, di esperti che si mettano al servizio della lotta della Gkn, non può cambiare la sostanza: gli operai vanno sul terreno del capitale, dello Stato del sistema capitalista, e pensare di determinarne i piani, le soluzioni, gli scopi della produzione, è una tragica illusione; è una via "alternativa", ma alternativa alla lotta di classe.
Come dice la scritta della locandina fatta per il referendum: "Alla ex Gkn gli operai fanno quello che non fanno gli imprenditori". Ecco, appunto. Ma gli operai non possono e non devono fare come gli imprenditori; e gli imprenditori non fanno non perchè non sanno fare o non vogliono, ma perchè rinuncerebbero ad essere padroni, il cui unico scopo è il profitto, non la produzione (come diceva Marx: possono produrre anche "merda", basta che gli dia profitto).
Qui ci sembra che si fondi anche l'equivoco tra "classe dirigente", di cui spesso hanno parlato i compagni della Gkn, e "il potere deve essere operaio". Gli operai possono e devono essere classe dirigente se con una rivoluzione proletaria conquistano il potere e rovesciano il potere dei padroni, del loro Stato, dei loro governi.
Certo, gli operai nella loro lotta possono perdere (e tanti oggi stanno perdendo), ma questa perdita diventa una tragedia se gli operai perdono la rotta di classe.
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