Non c’è e non può esserci alcun dubbio, perché costitutivo
di questo sistema sociale capitalista, che la crisi la pagano i proletari e le masse
popolari di tutto il mondo.
Le guerre naturalmente ne sono l’esempio più lampante (l’imperialismo
è guerra!), guerre per procura, guerre ammantate di conflitti religiosi o tribali
che provano a “distrarre” l’attenzione delle masse sulle condizioni della loro
vita, sulla miseria crescente, sulla costrizione all’emigrazione di massa,
sulla distruzione ambientale, sulla via verso una nuova guerra mondiale.
Guerre in tutti i campi per l’accaparramento delle materie
prime: dalle miniere dell’Ucraina all’Africa, dall’Asia all’Australia e di
quelle previste con lo scioglimento dei ghiacci!
“Fondamentalmente, le guerre per interposta persona e quelle commerciali in corso, gli emergenti blocchi commerciali e militari, lo stanziamento di ingenti spese militari, la produzione di gigantesche armi di distruzione di massa, la modernizzazione delle forze armate e i vari tipi di preparativi per la guerra mondiale, perfino nello spazio, dimostrano l’accanita competizione per le risorse economiche e il controllo politico sui paesi di Asia, Africa e America Latina, inclusi diversi paesi dell'Europa orientale. Tutto ciò indica l'intensificarsi delle contraddizioni inter-imperialiste e la corsa per la divisione dei mercati e l'egemonia mondiale.” (dalla Dichiarazione congiunta dei comunisti marxisti-leninisti-maoisti sulla guerra)
Uno dei tanti dati emersi in questi giorni che dà il senso di questa tendenza sono i 150 mila
licenziamenti in corso solo nel settore delle grandi multinazionali dell’alta tecnologia!La prima risposta, da riflesso condizionato, dei paesi capitalisti-imperialisti,
Stati Uniti, Europa, Cina, Giappone, e cioè i centri della produzione mondiale,
è quella di “salvare” il proprio sistema con il vecchio “protezionismo”!
Posizioni analizzate da diversi portavoce economici dei
padroni, ognuno al servizio del proprio imperialismo naturalmente, come riporta
un articolo del Sole 24 Ore di ieri, che parla dello scontro economico mondiale
in corso mettendo l’accento sul “vaso di coccio”, che sarebbe rappresentato dell’Europa,
“schiacciato” tra Stati Uniti e Cina, ognuna delle quali appunto persegue i
suoi obbiettivi, alla luce soprattutto, dice il giornalista, di “tre eventi
diversamente “bellici” (lotta alla pandemia, guerra armata in Ucraina,
guerra tecnologica e commerciale nei semiconduttori).”
Questi “tre eventi” hanno accentuato e accelerato le
risposte che già erano in preparazione in questa guerra di “tutti contro tutti”
e che si sviluppa a suon di miliardi di “aiuti di Stato”: gli Stati
Uniti con Biden parlano di anno del “Buy American”, compra americano, (l’“America
First” di Trump) “accompagnato da più severi controlli sull’export di tecnologie
sensibili, in particolare verso la Cina, e filtri selettivi perché nuovi
investimenti diretti dall’estero garantiscano una domanda di forniture
nazionali (local content). Dal 2022 il governo Biden ha varato imponenti
sussidi (465 miliardi di dollari) per sostenere l’industria nazionale
nella produzione di energia verde, di veicoli elettrici e di semiconduttori a prestazioni
avanzate per usi militari e civili.” Mandando di fatto a quel paese il Wto che
dovrebbe regolare gli scambi commerciali internazionali.
“… questo scenario sta rilanciando un dibattito sui rischi
di guerre commerciali ‘a somma zero’. La rivalità tra grandi paesi (Usa,
Europa, Cina) trascina un numero crescente di attori già protagonisti di intensa
competizione sui mercati mondiali (Taiwan, Sud Corea India, Singapore,
Malesia e altri dell’Asia orientale), alimentando una guerra di sussidi
con probabili duplicazioni e sprechi di spesa pubblica…”
“La Cina – continua l’articolo - ormai primo esportatore
e importatore mondiale e sommata a Hong Kong prima area di attrazione
degli investimenti diretti mondiali, cerca di promuovere una leadership
a rete, ponendosi come ‘impero di mezzo’”, che, bisogna aggiungere, nel
frattempo aumenta sempre più le spese militari per prepararsi ad ogni tipo di
guerra.
“L’Europa – a sua volta, aggiunge il giornalista - rischia di essere schiacciata in una competizione tra sistemi-paese con forti propensioni dirigiste ma non sta a guardare.” E infatti sta investendo 672 miliardi di euro nei vari settori produttivi, per esempio nei chip: “Sul fronte dei semiconduttori (chips), che sono alla base delle tecnologie del futuro (come intelligenza artificiale, comunicazioni 5G, internet delle cose, realtà aumentata, cloud, big data, quantum computing e altro), col suo Chips Act sia pure in scala minore ha anticipato di qualche mese l’americano Chips and Science Act.” Questo perché “La corsa verso semiconduttori sempre più avanzati (la miniaturizzazione nella microelettronica raggiunge confini inimmaginabili dei 3 nanometri) interessa la concorrenza globale che si diffonde a valle attraverso settori manifatturieri e dei servizi.”
La “concorrenza globale”, oggi come ieri, è l’essenza stessa
del capitalismo-imperialismo, e non bastano leggi che possano impedire questa
tendenza (non si torna indietro dalla “globalizzazione” come la chiamano i
borghesi), che alla fine è la tendenza alla guerra.
Nessuna illusione per i proletari e le masse popolari di
tutto il mondo che la “concorrenza globale”, oggi come ieri, si scarica su di
essi, ma…
“Ma le stesse cause economiche e sociali che spingono gli imperialisti a guerre di rapina, diventano condizioni materiali invivibili, insopportabili per gli schiavi del capitale, condizioni materiali per la ribellione dei proletari, dei popoli, delle nazioni e dei paesi sfruttati e oppressi dai monopoli e dai paesi imperialisti. Spetta al Movimento Comunista Internazionale portare loro la coscienza rivoluzionaria, organizzare e trasformare le ribellioni in lotta rivoluzionaria contro il nemico comune: il sistema capitalista mondiale di oppressione e sfruttamento.” (v. Dichiarazione)
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