Alle notizie negative per gli operai della Whirpool che cede
il 75% delle attività ai turchi di Arçelik si aggiungono quelle negative per
tutti gli operai metalmeccanici secondo uno studio della Fim-Cisl riportato e
commentato ieri dai padroni del Sole24Ore.
Secondo il report gli operai “coinvolti in sei mesi calano
da 70.867 (giugno) a 60.727 (dicembre)”. «Avere 60mila posti di lavoro a
rischio,- dice il sindacato concertativo - in uno dei paesi più
industrializzati è una questione sociale urgente che non ci possiamo permettere
di trascurare e che va affrontata».
I 60mila posti di lavoro a rischio, dice la Cisl, sarebbero quelli dei 51 tavoli nazionali (che in tutto sarebbero ancora 206!) delle crisi storiche “Nella metalmeccanica” per cui è previsto un incontro per
oggi al MIMIT. Si tratta di aziende sopra i 200 dipendenti (Blutec, Firema, Jsw Piombino ex Lucchini, Jabil, ex-Ilva per citarne alcune) per le quali da anni stentano a decollare piani di reindustrializzazione che ridiano slancio alle produzioni e all’occupazione.”Per il giornale dei padroni, gli operai in meno in sei mesi
“Sono quindi 10.140” e sarebbero da imputare alla chiusura di alcune delle
centinaia di vertenze aperte al ministero. E ciò significa che migliaia di
operai sono “usciti dai tavoli” perché licenziati definitivamente, o “accompagnati
alla pensione” o “incentivati” ecc.
Le cause delle crisi aziendali individuate sono legate a “questioni
finanziarie, di settore o legate all’indotto, alle materie prime, allo shock
energetico”. Mentre per la Fim-Cisl le crisi «segnalano alcune difficoltà
strutturali che devono essere affrontate: l’aumento del numero di crisi
aziendali storiche ormai croniche che non si risolvono, l’aumento dei
casi di crisi nel Mezzogiorno del Paese dove si rischia il deserto
industriale e occupazionale, i troppi casi di mancata
reindustrializzazione nonostante gli impegni presi al MISE (MIMIT) e aumento
delle difficoltà nel settore automotive».
“Nel settore – continua la giornalista - le maggiori
criticità si rilevano per la carenza di materie prime e per gli
aumenti del costo dell’energia che mette in difficoltà soprattutto i
comparti più energivori, come siderurgia e metallurgia. A tutto
questo si sommano poi le incertezze e i costi legati alle transizioni green
e digitali che si fanno sentire nella siderurgia e dell’automotive, mentre
il riposizionamento delle catene del valore a livello globale sta impattando soprattutto
sugli elettrodomestici.”
I posti in pericolo solo per il settore legato alla componentistica
auto sono 49.194 per “l’addio ai motori endotermici, entro il 2035”.
Mentre “nell’elettrodomestico gli occhi sono puntati sulle
mosse future di Whirlpool ed Electrolux [e infatti la notizia è arrivata oggi,
ndr] che hanno annunciato riorganizzazione su tutti i loro siti in
Italia. Se la scorsa settimana Electrolux ha raggiunto con i sindacati un accordo
su 222 esuberi, affinché vengano realizzati con uscite volontarie e
incentivate, Whirlpool è al lavoro sulla revisione strategica del
portafoglio delle attività in tutta l’area Emea [Europa, Medio Oriente e Africa,
ndr].”
La riorganizzazione di cui parla il quotidiano dei padroni si chiama ristrutturazione nel quadro generale della concorrenza internazionale, all’interno di una “nuova” recessione in arrivo! Prendere atto di questa situazione significa avere gli strumenti per difendersi e poi attaccare le strategie di “rilancio” di una produzione industriale che altrimenti viene pagata pesantemente solo e sempre dalla classe operaia.
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