domenica 11 dicembre 2022

pc 11 dicembre - Sul percorso del Collettivo Lavoratori Gkn

Finisce oggi la "consultazione popolare autogestita" del Collettivo lavoratori GKN, iniziata dal 1 dicembre.

Quesito: "Preso atto dell'impasse e dell'inconsistenza dei piani industriali presentati dall'attuale proprietà della ex Gkn, tra l’altro legati alla richiesta di ingenti fondi pubblici, sei favorevole a un intervento pubblico immediato così come all' eventuale concessione della cassa integrazione, vincolandoli però al principio di “pubblica utilità” e “controllo pubblico”, a partire dal riconoscimento della messa a disposizione dello stabilimento alle proposte industriali e sociali provenienti dai soggetti pubblici, o privati, comprensivi dell'attuale associazionismo operaio, dall'assemblea dei lavoratori che verranno presentate nel comitato di proposta e di verifica regionale come da accordo quadro del 19\1\22?" Firenze lo sa fare. Firenze lo farà.

Collettivo Di Fabbrica Lavoratori Gkn Firenze

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Noi fin dall'inizio abbiamo pensato che tutta la lotta, l’esperienza della Gkn tocchi dei nodi attuali e futuri della battaglia della classe operaia e dia anche alle altre fabbriche delle lezioni importanti. 

Ma ugualmente fin dall'inizio abbiamo pensato e detto che occorreva e occorre approfondire questa esperienza, i vari passaggi, distinguendo il giusto dalla confusione o dallo sbagliato, e lo abbiamo fatto sempre apertamente, pubblicamente, con l'intento di contribuire a individuare la strada giusta e necessaria nella difficile situazione della classe operaia, colpita sia oggettivamente che soggettivamente da padroni, governo da un lato e dai sindacati confederali dall'altro. Tutto il percorso del Collettivo Lavoratori Gkn fino ad oggi è esemplare di questa strada difficile. 

Ma è necessario, secondo noi, attraversare questo percorso. 

Noi all'inizio abbiamo sottolineato le lezioni positive che venivano dalla Gkn

"Vi ringraziamo, abbiamo detto in un intervento al Collettivo Gkn, per due lezioni che con la vostra lotta ci avete trasmesso; un valore che va a tutte le realtà di lavoro in particolare, ma non solo.
Da un lato il problema della lotta. C’è un attacco, come quello che sta avvenendo in tante fabbriche, una sorta di guerra che stanno facendo i padroni con il loro fronte compreso il governo, che, lo stiamo vedendo anche in questi mesi, in questi giorni, al massimo ha fatto l’indecente norma sulla delocalizzazione che fa solo il solletico alle grandi multinazionali che anche con il doppio delle sanzioni delocalizzano lo stesso. Ma se loro fanno questa guerra, da parte nostra, degli operai è una guerra che bisogna fare e a cui bisogna attrezzarsi. Allora dalla Gkn viene chiaro che, quando gli operai vengono buttati fuori dal posto di lavoro dopo tanti anni di sfruttamento, la fabbrica si deve occupare o si devono mettere in campo iniziative di lotta dura, continua, chiaramente faticosa; ci deve essere ribellione, ci deve essere la parola d’ordine “insorgiamo”. Questo messaggio viene dalla Gkn in una situazione purtroppo non scontata, in cui fino a pochi mesi fa si parlava di lotta solo di altri settori, per esempio la logistica, ma le fabbriche sembrava non avessero voce e forza. Dalla Gkn, e anche da altre lotte dove i lavoratori e le lavoratrici vengono licenziate, alla Mugello, alla Caterpillar, ecc., ora invece gli operai si fanno sentire; e quando gli operai vengono in primo piano, che padroni e governo comincino a preoccuparsi...

L’altra lezione dalla Gkn è la questione dell’unità, della costruzione della solidarietà che è altrettanto importante. Una lotta non può per tanto tempo reggersi da sola, questo è possibile se si costruisce l’unità intorno alla classe che ci farà passare dalla preistoria alla storia dell’umanità... nel tour, voi della Gkn state anche restituendo questa solidarietà, non solo alle altre realtà di lavoratori e lavoratrici ma anche a settori sociali in lotta, gli studenti che finalmente lottano contro la scuola dei padroni che anche uccide, le donne che doppiamente subiscono non una ma tante catene. Noi vogliamo che i lavoratori sostengano queste mobilitazioni, capiscano la ricchezza delle lotte e dello stare insieme...

In una assemblea telematica autoconvocata che abbiamo fatto a gennaio con gli operai della Tessitura di Mottola, ugualmente delocalizzata, e dove ha partecipato uno dei vostri operai della Gkn, questi a un certo punto chiese: che cosa ne pensate dell’accordo, facciamo bene ad accettarlo? Noi dicemmo allora che non sputiamo sui risultati parziali quando sono frutto della lotta; anche i risultati parziali danno fiducia nella lotta agli operai, perché se si perde sempre viene solo la sfiducia; questo risultato da' forza per continuare a lottare, perché il problema non è solo le delocalizzazioni ma è tutto il sistema di sfruttamento capitalista che noi vogliamo che finisca, vogliamo abolire e rovesciare; e ci vuole ben più di una lotta anche grossa di una singola realtà.
Quindi il problema è che quando un risultato è il frutto della lotta – e senza la lotta non ci sarebbe stato neanche quell’accordo – è importante perché permette di elevare la coscienza della necessità di non fermarsi ma di avanzare. Marx diceva: se gli operai per viltà rinunciano alla lotta quotidiana rinunciano in realtà a fare una lotta più generale, che metta fine a questo sistema di lavoro salariato di sfruttamento...

Questi due aspetti sono delle lezioni che dalla Gkn dobbiamo trarre e chiaramente vedendo gli aspetti di forza e gli aspetti di debolezza, vedendo gli aspetti che devono essere generalizzati e quelli specifici.

Anche rispetto ai sindacati confederali. Noi siamo dello Slai cobas da tempo e riteniamo che i sindacati confederali cogestiscono i piani dei padroni e sono un danno per i lavoratori; però il problema è l’unità dei lavoratori. Gli operai devono pensare al loro interesse e per questo si devono unire. Per questo occorre che uniamo la lotta più dura e anche intelligente verso i vertici sindacali, le segreterie con l’unità dei lavoratori, l’unità nella lotta. In questo senso anche questa esperienza di “collettivo della Gkn” è un'altra lezione - liberandoci sicuramente dall'illusione di poter determinare la linea del sindacato confederale, della Fiom, quando oggi sempre più la battaglia è per la costruzione del sindacato di classe che unisca tutte le esperienze classiste e combattive della classe".

Dopo la manifestazione di Firenze del 26 marzo, a cui abbiamo partecipato, abbiamo scritto:

Il fatto che questa manifestazione fosse stata costruita direttamente dagli operai è il fattore di

qualità/distinzione della stessa. Mantenere questo carattere proletario era ed è quindi l’aspetto che va fatto crescere, in una situazione non facile, ma che garantisce che le parole e il fare mantengano il “bandolo di classe”.

Per questo bisogna perseguire il necessario non il possibile. In una grande manifestazione come quella del 26 era importante che soprattutto la voce degli operai in lotta si sentisse per mantenere e far andare avanti la direzione di classe proletaria della mobilitazione. Questo problema è emerso anche in alcuni giri dell’importante ed esemplare tour fatto dal Collettivo Gkn nei mesi precedenti la manifestazione. In alcune città, soprattutto al sud, ci si è riferiti per organizzare assemblee alle realtà possibili, più facilmente disponibili, centri sociali, movimenti, mentre il necessario era, anche in situazioni non facili, andare alle fabbriche più significative anche lì dove il grosso dei settori dei lavoratori in lotta e in crisi sta coi sindacati confederali. Per esempio, nella loro venuta a Taranto, come non andare alla più grande fabbrica siderurgica del nostro paese e d’Europa, con più di 13 mila operai, piena di contraddizioni ma anche di potenzialità? E accettare invece il “possibile” sulla piazza, in cui operai in lotta contro le delocalizzazioni e licenziamenti si trovano sullo stesso piano di piccolo borghesi "liberi e pensanti" che parlano di chiusure delle fabbriche, di altro “modello di sviluppo alternativo” fermo restando il sistema capitalista 
Perchè il problema è prima di tutto la costruzione dell’unità delle realtà operaie in sofferenza o in lotta, a partire dalle ragioni e bisogni della condizione operaia. Perchè senza unità, costruzione della forza centrale dello scontro di classe con padroni, governo, Stato del capitale, non c’è effettiva prospettiva. Questa era stata all’inizio del tour la ragione della mobilitazione degli operai della Gkn, unire le altre realtà di lavoratori in lotta, altre vertenze, in un percorso “fatto di intuizione, fatto di guardarsi da lontano senza conoscersi”. 
Il rapporto Gkn e movimenti, che è poi il rapporto generale operai e realtà della piccola borghesia radicale in lotta è certo complesso. Si può dire che in Italia è nella grande stagione degli anni 68/69 che si è risolto bene e costituisce anche oggi un riferimento essenziale.
Su questo sarebbe sbagliato non vedere l’influenza positiva che la lotta degli operai della Gkn, il loro rapporto con il movimento studentesco, Friday For Future, ha avuto per trasformare parte di questo movimento nel riconoscere il ruolo degli operai, nella comprensione del rapporto, non di contrapposizione, tra lotta su ambiente e lotta per il lavoro (sintetizzato dall’assumere la parola d’ordine: “riduzione dell’orario di lavoro”), nel fatto che nella manifestazione i pezzi degli studenti e di FFF lanciavano parole d’ordini più radicali contro Stato, governo. 
Gli operai più coscienti per avere questi “alleati” devono appoggiare le lotte di questi movimenti, e appoggio non significa limitarsi a fare dichiarazioni di solidarietà, ma sostenere attivamente le loro lotte, iniziative - e in questo gli operai del Collettivo Gkn sono un esempio. Gli operai in quanto classe non devono perseguire obiettivi ristretti, ma guardare al movimento generale; devono occuparsi di tutto - devono “dirigere tutto”, come diceva uno slogan maoista degli anni 69/70. Anche la grande solidarietà costruita dal Collettivo Gkn intorno alla loro lotta, dimostra che la classe operaia può e deve essere avanguardia di tutto il popolo, assumendo, attraverso la lotta politica, le istanze di studenti, come dei settori ambientalisti radicali,  
Ma per farlo deve costruire la propria forza e la propria autonomia, non abbandonare le proprie radici.
E tutti dobbiamo comprendere che su questo siamo ancora all’inizio. E costruire l’unità con i movimenti di lotta prima di dare basi più solide all’unità degli operai, è molto fragile. Si rischia un’unità interclassista che inevitabilmente scade nel riformismo.
Lenin scriveva: “gli operai costituiscono un’unica classe, diversa da tutte le altre classi della società… la classe operaia ha propri interessi specifici, opposti agli interessi di tutte le altre classi…”; questo vuol dire che gli operai devono mantenere la propria autonomia pratica, politica, teorica, ideologica, altrimenti andranno alla coda dei movimenti che comunque sono espressione di altre classi, in generale della piccola borghesia; questo vuol dire anche che gli operai appoggiano i movimenti ma indicano il fine ultimo necessario dell’opposizione al sistema dei padroni, la rivoluzione proletaria per una nuova società in cui il potere sia nelle mani della classe operaia e delle masse popolari. Questo vuol dire che gli operai dicano chiaramente ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che arretra e ciò che avanza e fa avanzare tutti.
Gli operai Gkn nel loro comunicato di preparazione dell’assemblea nazionale del 15 maggio scrivono: “è chiara la possibilità che un momento assembleare nazionale, lontano dai territori, venga pervaso e appesantito da interventi di rappresentanza, dal rischio di meccanismi di intergruppo e autoreferenzialità...”. 
Ma questo significa scegliere di fare intervenire gli operai, gli immigrati, le situazioni proletarie di lotta e ridurre il peso di gruppi che usano l’”Insorgiamo” per affermare il riformismo, l’elettoralismo, inquinando la via della lotta e dell’autonomia proletaria.
Sulla costruzione della solidarietà intorno alla lotta degli operai - su cui la Gkn è bravissima - bisogna tener presente quanto diceva Lenin: “Se i liberali (e i liquidatori) dicono agli operai: voi siete forti quando la «società» simpatizza con voi, il marxista parla diversamente agli operai: la «società» simpatizza con voi quando siete forti…”. Tutti gli operai devono comprendere quanto è importante per avere il sostegno alla loro battaglia che facciano loro il primo e importante passo con la lotta, gli scioperi; ma deve far riflettere gli stessi operai della Gkn che questa “simpatia” è frutto della forza della loro lotta, del suo permanere, non dell’appoggio acritico a qualsiasi movimento degli altri settori sociali.

Altra questione. Nella lunga e articolata lotta gli operai della Gkn pongono non solo la rivendicazione del lavoro contro le delocalizzazioni, ecc., ma la questione di un governo, di un potere differente, delle fabbriche in mano agli operai. Porre da parte degli operai il problema del governo oggi è importante per contrastare la “delega” ai governi della borghesia esistenti. Nessun governo in questo sistema capitalista può essere amico o aiutare gli operai. Questo è importante che gli operai lo comprendano bene perchè molte illusioni oggi persistono tra gli operai, le operaie anche nelle lotte più importanti. Essi si rivolgono al governo perchè risolva situazioni di licenziamenti, di chiusura di fabbriche, ma il governo è proprio quello che ha aiutato e permette ai padroni tutto ciò. Quindi è necessario che gli operai nella loro lotta si pongano il problema del governo, ma non per elemosinare che sia al loro fianco nello scontro con i padroni, ma per influenzarlo/imporre/strappare con la loro lotta, unità e forza più grande, azioni a loro difesa. Ma soprattutto per porre il problema del potere politico nelle loro mani che necessita dell’unione della classe operaia e delle masse popolari più elevata, del terreno della lotta politica rivoluzionaria. E qui, il Collettivo operai della Gkn deve essere chiaro. Salvetti nell’assemblea a Taranto disse: “Sarebbe necessario non uno sciopero, non un presidio, non un corteo, ma un’insurrezione di fatto, un ribaltamento completo del paese, dei rapporti di forza, dell’ideologia dominante”. Quindi per “Insorgiamo” si intende questo? Perchè in altri momenti si parla solo di “cambiamento”, di “elementi programmatici”, di “piattaforma della nuova classe dirigente”. Il governo nelle mani dei lavoratori è chiaramente altro, ha a che fare con la strada della rivoluzione proletaria, la strada che la nostra storia ha mostrato. Una strada che necessita dell’organizzazione politica, del Partito della classe operaia. 

Nell'Assemblea 15 maggio 2022 si sono riproposti le stesse questioni del corteo del 26 marzo

L'assemblea del 15 (a cui aveva partecipato una delegazione di operai di Taranto e di Bergamo), abbiamo scritto, ha continuato sulla impostazione della manifestazione di Firenze, dando maggior voce a realtà sociali, di movimento o di organizzazioni politiche rispetto a realtà operaie, alle realtà di lotte proletarie e del sindacalismo di classe...

...L’assemblea del 15 ha dato la giusta dimensione alla mobilitazione del 20 maggio, che è uno sciopero, giornata di lotta utile, da sostenere, ma solamente all’interno della visione dello sciopero generale effettivo portata dallo Slai cobas sc e dall'Assemblea proletaria anticapitalista, che coincide con quella della Gkn, e che risponde alla realtà, esigenza, coscienza degli operai delle fabbriche e delle situazioni di posti di lavoro più importanti. Un vero sciopero generale richiede le fabbriche e su questo tutti sappiamo quanto è difficile, ma dire che è difficile vuol dire lavorare per cambiare, un lavoro esteso alle fabbriche per far schierare gli operai per fermare la guerra, sull'esempio della raccolta di firme sulla mozione contro la guerra imperialista e le spese militari del governo italiano avviate ad Acciaierie d'Italia, alla Tenaris e altre fabbriche di Bergamo... Positiva l'assunzione fatta nell'assemblea della mobilitazione del 2 giugno contro la Base di Coltano e della decisione della sua estensione contro le Basi militari/Nato.
La convergenza di presenze è stata un fatto positivo. Dentro questa convergenza, però, va data priorità agli operai, ai migranti, alle realtà di lotta ed esperienze di lotta, perchè la socializzazione delle esperienze di lotta e i loro contenuti è il vero programma di cui abbiamo bisogno. 
Ad esempio la battaglia sulla delocalizzazione che riguarda diverse fabbriche del nostro paese ed è contro i piani generali che i padroni stanno attuando dentro la crisi non deve essere abbandonata. L’esperienza della Gkn da generalizzare si trova anch'essa di fronte ad uno snodo importante... (e purtroppo allora fummo facili profeti)...

E la battaglia contro le delocalizzazioni? 

A settembre scrivevamo: "l’ultima fase della vertenza della Gkn non è andata affatto bene, né dal punto di vista dell’azione di padroni e governo che violano patti e promesse, peraltro fragili e insufficienti, né dal punto di vista dei sindacati che obiettivamente hanno trovato ragioni per non fare nulla di più. 

Francamente noi pensiamo che la Gkn deve continuare come ha cominciato, unire le fabbriche in lotta contro le delocalizzazioni, alzare la sfida contro padroni e governo per imporre i contenuti della legge da loro elaborata (che al di la' di alcuni limiti, gia' segnalati, era comunque un utile base di unita' della lotta delle fabbriche delocalizzate), proporsi come “classe dirigente”, ma innanzitutto della lotta operaia; perché solo quando gli operai sono forti il fronte delle masse tiene e solidarizza, l’unità proletaria avanza e i padroni trovano difficile imporre i loro piani. 

Percorrere questa strada è possibile e necessario qui ed ora. Unire le fabbriche in lotta contro le delocalizzazioni, le finte soluzioni e le false promesse che toccano tutte le fabbriche in lotta, dalla Wartsila alla Tessitura di Mottola. 
La Gkn il bandolo della matassa non lo deve perdere sulla battaglia centrale sulla delocalizzazione/chiusura di fabbriche, perché non è solo il problema della delocalizzazione, è il problema di affermare che la battaglia contro i padroni, contro il capitale, contro il governo deve vedere al centro gli operai. Se gli operai partono e poi, per una discorso anche buono - però fino a un certo punto - si estendono e vanno dovunque, non consolidano la loro unità, la loro autonomia, si rischia di perdere quel bandolo della matassa di classe.
Riteniamo che a settembre occorre riprendere con forza quel lavoro di unità delle realtà colpite dai processi di delocalizzazione, che è stata il Dna della vostra battaglia e della solidarietà che subito siete riusciti a creare attorno. Non dobbiamo mollare questa battaglia che è anticapitalista, anti governi a sostegno solo degli interessi padronali; a questa bisogna chiamare a "convergere", perchè se perde la classe operaia perdono tutti; se vince invece anche in una sola realtà importante crea un "sentiero" perchè altre possano vincere e soprattutto perchè si metta all'OdG la lotta per porre fine a questo sistema sociale capitalista che ci dà solo sfruttamento, licenziamenti, attacco al salario, alla salute, guerre, repressione, distruzione di ambiente, razzismo, attacco ai diritti delle donne, immigrati. 
Ma questo non è avvenuto e si è andati verso un altro percorso.

Ma sullo stadio ultimo della vertenza Gkn ha pesato o no la posizione della Fiom e degli altri sindacati confederali? 

Su questo non abbiamo notizie dirette, nè abbiamo sentito critiche esplicite da parte del Collettivo dei Lavoratori Gkn. Eppure è impossibile che in tutte le trattative sulla delocalizzazione delle fabbriche e negli accordi fatti in alcune realta' (vedi ultimo, l'accordo vergognoso alla Tessitura di Mottola Gruppo Albini firmato da tutti i sindacati confederali, compresa la Fiom), la Fiom e Fim, Uilm hanno avuto piena corresponsabilita' nell'abbandono, svendita degli interessi degli operai, e nella vertenza Gkn NO!

Noi sinceramente pensiamo che la linea, giusta, del Collettivo Gkn di autorganizzarsi sia pure restando all'interno della Fiom e di poter in questo modo incidere e decidere autonomamente i percorsi, gli obiettivi non muti la linea generale del vertice Fiom. E la posizione dei sindacati confederali è parte anche alla Gkn del venir meno dello stesso accordo. D'altra parte, guardando alla situazione più generale delle tante fabbriche delocalizzate, la linea del Collettivo della Gkn invece di essere un necessario stimolo verso gli operai più coscienti e combattivi ad autorganizzarsi, può diventare di fatto un'illusione di modificare/condizionare/spostare il ruolo dei sindacati confederali negli attuali rapporti tra capitale/governo/padroniSui sindacati confederali un operaio della Gkn all'inizio della lotta contro la delocalizzazione diceva: noi sì' contestiamo i sindacati, ma tra di noi”; “quando Landini è venuto alla fabbrica, noi l'abbiamo messo in riga”...; e parlando con altri operai emergeva anche che alcuni di loro non sapevano della linea generale della Fiom fuori della Gkn, cosa fa nelle altre fabbriche. Il Collettivo Gkn ha trovato un “equilibrio” con la Fiom, ma rischia di essere una "copertura". 
C'è la concezione di sentirsi forti (e in parte è vero) e di poter determinare la direzione della fabbrica (e questo invece è una illusione che la realta' ha drammaticamente evidenziato).

E arriviamo alla fase attuale, avviata con l'Assemblea 9 ottobre e ora con la consultazione autogestita

Le delocalizzazione vanno avanti, perchè è una linea ben precisa da parte del capitale per tagliare il costo del lavoro, avere più mano libera nello sfruttamento e attacco ai salari, avere fabbriche con meno diritti degli operai. Questa linea non riceve alcun contrasto da parte del governo (nè da Draghi prima, nè ora dalla Meloni), la cui norma in sostanza dice all'azienda: "paga un pegno e delocalizza"; la magistratura interviene con la normativa attuale solo sulle procedure, interrompendo i termini, e al massimo dando più respiro alla mobilitazione operaia. I sindacati confederali stanno arrivando ad accordi che di fatto sono un via libera alle aziende per andare via, a fronte di promesse di reimpiego che si stanno rivelando solo fumo, impegni detti e disattesi, e piani di svuotamento delle fabbriche che i padroni impongono e i sindacati confederali accettano.

E' una battaglia difficile, in cui i rapporti di forza a favore dei padroni sono ancora insufficientemente e momentaneamente (come è stato grazie a tutta la mobilitazione della Gkn) intaccati. 
Ma questo dimostra, una volta di più, come questa sia una battaglia importante e nazionale contro padroni e governo, e contro le svendite dei sindacati confederali; una battaglia che non si può affrontare fabbrica per fabbrica ma richiede unità degli operai, operaie' delle varie realtà delocalizzate, per costruire rapporti di forza più favorevoli per gli operai. 

Questa battaglia, difficile, in cui il primo e diretto nemico sono i sindacati confederali, era però iniziata con la lotta della Gkn, 

Ma il collettivo Gkn, che, ribadiamo, ha avuto questo grande merito e che chiaramente continua a portare la propria presenza solidale ad altre lotte simili, ora ha preso un'altra strada - "ci siamo dichiarati fabbrica pubblica e socialmente integrata. Fabbrica pubblica perché a questo punto pretendiamo questi fondi pubblici ma vogliamo anche che l'assemblea permanente e i lavoratori e le varie espressioni territoriali esercitino un controllo pubblico sulla struttura societaria" (dall'intervento del collettivo Gkn all'assemblea proletaria anticapitalista del 17/9) per "incidere sul diritto di proposta, verifica, e gestione della reindustrializzazione" (dal Documento presentato dal collettivo Gkn all'assemblea del 9/10).

Dario Salvetti nell'assemblea del 9 ottobre ha parlato di “restituzione e ricapitalizzazione”: “Restituire” a chi ha “investito” nei 16 mesi del presidio solidarietà, tempo e intelligenze, “ricapitalizzare” le energie per continuare la battaglia dedicando ancora tempo e sostegno anche materiale, in particolare ai progetti del mutualismo conflittuale, la costituenda Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) e alla prospettiva di fabbrica pubblica socialmente integrata. Perciò noi, mentre continuiamo ad invocare l’intervento pubblico, e continueremo a farlo, in realtà siamo costretti a reinventarci noi il lavoro, la produzione, perciò abbiamo depositato ieri lo statuto della SOMS “Insorgiamo”, che permette di metterci in contatto con la rete “fuori mercato” fare lavoro mutualistico, vedere se riusciamo a fare una cassa mutualistica per iniziare a spostare la ricchezza tra di noi, perché chi tra noi ha qualcosa in più presti senza interessi a chi ha meno".

Chiaramente la questione non è sulle scelte sindacali che vengono fatte, articolate, cambiate in una lunga lotta sindacale. In questo è normale quanto detto da Dario Salvetti nell'assemblea del 9 ottobre: "Facendo il bilancio di questi 16 mesi, più volte si è dovuto cambiare pelle per giocare una partita a scacchi con un avversario lontano e invisibile". Poi, come anche il Collettivo ha detto in altri momenti, è ora necessario continuare a resistere, ad essere visibili, perchè il pericolo principale è la “devastazione”, dispersione, il pensare a soluzioni individuali che la CIG porta nelle vite degli operai, i quali, se non mantengono un senso e una pratica di comunità, se non si danno impegno e disciplina collettiva per continuare in forme adeguate alla fase una lotta, la lotta comunque è persa.

Cosi' come dice bene Salvetti, sempre il 9 di ottobre: "Una lotta come questa non può essere vinta da una singola fabbrica, senza cambiare i rapporti di forza nel paese. Perciò occorre che ci chiediamo: abbiamo cambiato i rapporti di forza? Un aspetto dei rapporti di forza che non siamo riusciti a cambiare è l’idea, tremendamente passiva ma molto diffusa anche tra noi, che noi lottiamo per andare a imporre i rapporti di forza al tavolo ministeriale e che lì in qualche modo ci ascolteranno". 

Ma questo sembra più un bilancio tardivo. I rapporti di forza voleva dire e vuol dire prima di tutto e soprattutto affrontare la situazione delle fabbriche, delle altre lotte contro la delocalizzazione, dove, e torniamo alla questione dei sindacati confederali, la fa da padrone la linea di svendita, di conciliazione tra interessi capitalistici e interessi di classe dei lavoratori, dei sindacati confederali, compresa ripetiamo la Fiom; dove la maggiorparte degli operai sia pur sfiduciata sta nei sindacati confederali. Per modificare questa situazione occorreva e occorre unita', portare si' una strada e riferimento alternativo (come appunto la Gkn), ma soprattutto occorre forte la lotta aperta e continua ai sindacati confederali, per intaccarne l'egemonia nelle lotta. E questo non si è voluto fare. 

Ora alle altre realta' operaie viene portato il riferimento di un nuovo percorso, che non è una risposta per la stragrande maggioranza delle realta' di fabbrica, e che diventa illusoria, riformista, di attenuazione non di sviluppo della lotta, affrontando le contraddizioni concrete, per costruire rapporti di forza favorevoli. 

Questa altra strada (che in parte non è tanto "altra" in parte è illusoria) non viene, peraltro, portata come una necessaria fase della battaglia difficile e ancora lunga della ex Gkn, per contrastare il tentativo di svuotamento della fabbrica (cosa che è stata per il momento effettivamente bloccata proprio grazie alla resistenza, alla solidarieta'); ma come "una scelta strategica... in quanto dà oggi gli strumenti di lotta che servono, quelli che permettono di resistere abbastanza a lungo per vincere". 
Ciò che secondo noi non va bene è proprio questo: fare di una percorso, di una scelta forzata una via alternativa, strategica, che diventi indicazioni anche per le altre fabbriche delocalizzate. 

Una proposta che tra l'altro anche sindacalmente può essere solo un'ipotesi. Ancora non c'è, nè ci può essere, un piano concreto, ma una ipotesi vaga di "riconversione energetica".

Nè è corretto porre la vicenda della Gkn come "... lo scandalo industriale del secolo"  Questo "scandalo" sta avvenendo in tante fabbriche con conclusioni anche peggiori. E' la legge del capitale, non è uno "scandalo".  

Le esperienze che vengono poste a riferimento, in particolare di fabbriche prese e gestite da operai, al di la' di realta' particolari che hanno potuto prendere nelle loro mani attivita' gia' avviate (vedi ‘Rimaflow’, alcune fabbriche in Argentina); al di la' che queste esperienze non hanno cambiato, nè potevano evidentemente cambiare il rapporto generale capitale/lavoro salariato, leggi del mercato capitalista, questa non è neanche la proposta centrale del Collettivo Gkn.

Il Collettivo Gkn pone una serie di ipotesi (come si vede da pezzi stralciati del loro documento).  Fondamentalmente si tratterebbe di una fabbrica pubblica, sostenuta da fondi pubblici, per attivita' di pubblica utilita', sotto controllo dei lavoratori attraverso una struttura societaria pubblica da loro costituita.

Lo stesso quesito, oggetto della consultazione autogestita in corso, parla di "proposte industriali e sociali provenienti dai soggetti pubblici o privati, comprensivi dell'attuale associazionismo operaio, dall'assemblea dei lavoratori..."




Questa proposta, nella sua prima parte, non è che si discosti tanto dalla proposta che alcuni sindacati confederali, in particolare Fiom e Uilm stanno facendo in altre realta' in crisi; pretendere che lo Stato, il governo intervenga con fondi pubblici per salvare una fabbrica che rischia di chiudere per sempre, o intercetti altri privati per acquisirla, è parte, in alcune fasi inevitabile, della lotta sindacale; ma nessun operaio cosciente può sostenere che questo garantisce l'effettiva salvaguardia degli interessi degli operai, della difesa di tutti i posti di lavoro, dei salari, della sicurezza/salute, dei diritti. 

Nelle parti successive è negativamente illusoria; siamo alle illusioni riformiste che sempre hanno portato i lavoratori nella braccia del capitale, con l'illusione di controllarlo, ma di fatto venendo meglio controllati. 

Su questo tutta la collaborazione, riteniamo sincera, di esperti che si mettano al servizio della lotta della Gkn, non può cambiare la sostanza: gli operai vanno sul terreno del capitale, dello Stato del sistema capitalista, e pensare di determinarne i piani, le soluzioni, gli scopi della produzione, è una tragica illusione; è una via "alternativa", ma alternativa alla lotta di classe. 

Come dice la scritta della locandina all'inizio pagina: "Alla ex Gkn gli operai fanno quello che non fanno gli imprenditori". Ecco, appunto. Ma gli operai non possono e non devono fare come gli imprenditori; e gli imprenditori non fanno non perchè non sanno fare o non vogliono, ma perchè rinuncerebbero ad essere padroni, il cui unico scopo è il profitto, non la produzione (come diceva Marx: possono produrre anche "merda", basta che gli dia profitto).

Qui ci sembra che si fondi anche l'equivoco tra "classe dirigente", di cui spesso hanno parlato i compagni della Gkn, e "il potere deve essere operaio". Gli operai possono e devono essere classe dirigente se con una rivoluzione proletaria conquistano il potere e rovesciano il potere dei padroni, del loro Stato, dei loro governi.

Certo, gli operai nella loro lotta possono perdere (e tanti oggi stanno perdendo), ma questa perdita diventa una tragedia se gli operai perdono la rotta di classe. 


























































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