I presidi di ieri, sotto la Direzione organizzato dal Usb con la
dichiarazione di sciopero, e sotto la Prefettura indetto da Fiom, Fim,
Uilm, hanno visto una partecipazione di lavoratori ben oltre le
previsioni, sui 1500 complessivi, in particolare quello sotto la
prefettura che senza la dichiarazione di sciopero da parte dei sindacati
confederali poteva essere solo dei delegati.
La presenza più
numerosa e che si è fatta sentire è stata quella degli operai
dell'appalto e dei cassintegrati Ilva AS e Mittal, ma non pochi erano
anche gli operai di AM che sono al lavoro.
E' stata una
partecipazione sentita, data la situazione insostenibile da tutti i
punti di vista che sta portando avanti AM - rischio permanente di messa
in cassaintegrazione che è una miseria al 58% - licenziamenti arbitrari,
sfruttamento con impianti in cui lavorare diventa sempre più
pericoloso,
fino alla recente richiesta di altri 1000 in cig,
gran parte proprio della manutenzione, mentre senza preavviso disattiva
da un giorno all'altro i badge, operai appalto sempre a rischio
stipendio, ecc.
In questa situazione ieri il sentimento comune,
gli interventi più applauditi, era che Mittal se ne deve andare! E i
vari interventi di sindacalisti, delegati dicevano che non vogliamo più
trattare con Mittal, il governo Conte deve trovare un'altra soluzione.
Altra
questione è stata quella di fare una lotta vera, non bastano i presidi,
alcuni operai dicevano che
bisognava bloccare il magazzino, l'uscita
delle merci, il problema è nostro - dicevano alcuni operai - e dobbiamo
noi assumerci la responsabilità di bloccare la produzione.
In
questo vi è la coscienza che sono gli operai che si devono muovere.
Questo, diciamo noi, è importante e una novità in questi mesi abbastanza
grigi, anche per dare un segnale verso la città.
Gli operai
devono prendere il loro posto centrale in questa nuova fase della
battaglia contro padroni, governo, Stato - cosa che per troppo tempo non
lo è stata a Taranto.
Ma occorre vedere i prossimi
giorni. La partenza della mobilitazione a Taranto è stata ritardata,
anche se tanti fatti già si vedevano ed erano chiari, e gli operai fino a
pochi giorni fa denunciavano che i sindacati, tutti, in fabbrica erano
spariti, al massimo si lamentavano sulla stampa e chiedevano incontri.
Come abbiamo detto ieri parlando con vari operai,
la lotta deve continuare - e su questo gli operai sono d'accordo - deve
articolarsi, incidere sia per essere un "serio problema" per padrone, governo, Stato, sia per essere credibile per mobilitare tutti i lavoratori.
MA NON BASTA. La lotta deve avere chiari gli obiettivi,
altrimenti saremo al già visto: gli operai lottano e i sindacati vanno a
trattare accordi al ribasso o di svendita, come è stato in tutta la
vicenda Ilva/ArcelorMitta/Governi; i sindacati hanno la lingua
biforcuta: alte grida, denunce, impegni (anche ieri) a non accettare
soluzioni che non difendano i posti di lavoro e poi firme ai Tavoli che
fanno passare il contrario.
Tutti i sindacati rivendicano ancora
l'accordo del dicembre 2018, dicendo che Mittal l'avrebbe violato,
quando in realtà esso è stato la "madre" di tutta la linea e degli
accordi successivi via via peggiori, quando quell'accordo ha dato il là
al ricatto permanente di Mittal e alle sempre maggiori concessioni da
parte del governo su cassintegrazione, rinvio bonifiche e lavori per
l'Aia, uso di impianti sequestrati, dimezzamento dei soldi che Mittal
deve dare e immissione di fondi pubblici, ecc., fino alla autorizzazione
alla produzione e commercializzazione in pieno coronavirus, con 5mila
operai complessivi
Quindi lotta e obiettivi chiari devono andare insieme.
L'Usb
ieri diceva: "mandare via
Arcelor Mittal e il suo ad Lucia Morselli dalla città da Taranto. Il
Governo,
subito dopo, dovrà mettere in sicurezza la fabbrica e aprire la
discussione sulle alternative future per i lavoratori e per i loro
figli. Per noi la strada è l’accordo di programma mirato a costruire un
domani senza la grande industria”. Quindi via Mittal, ma via anche la
fabbrica, tornando alla scellerata e incloncludente soluzione di una
città senza industria, basata sul turismo, ecc;. una vera sciocchezza.
La
Fiom, e anche la Uilm, diceva lo stesso: via Mittal, ma ponendo la
questione del ritorno dell'ex Ilva nelle mani dello Stato almeno per un
periodo di tempo, per poi una volta "risanata" ridarla a un privato.
Cosa non diversa da ciò che in passato è stato fatto.
Lo
Slai cobas sc ha da tempo preavvertito gli operai della conclusione che
Mittal stava preparando, e nei giorni scorsi ha tenuto anche comizi
alla portineria per mettere in guardia dalla volontà di AM di procedere a
tappe forzate per esuberi strutturali (cosa, che come ricordano gli
stessi operai, non è una novità, ma la linea che dall'inizio ha
sostenuto Mittal di far fuori almeno 5mila operai).
Lo Slai cobas
pone la questione dei contenuti che salvaguardino gli operai e la città -
sintetizzato nella parola d'ordine: un "decreto operaio", sgomberando
il campo da ogni idea che un altro padrone (Jindal/Arvedi non sono certo
meglio di Mittal), o lo Stato (che è comunque al servizio delle stesse
leggi del profitto del capitale e del taglio dei costi - vedi la
gestione per 17 anni dell'Ilva) di per sè possano difendere
effettivamente gli interessi operai.
Certo, ora Mittal, il suo
strapotere, il suo mettere sotto i piedi i diritti dei lavoratori deve
cessare, ed è lo Stato, il governo che si devono assumere direttamente
la responsabilità della continuazione della produzione, bonifiche,
lavoro per tutti.
MA COSA VOGLIAMO E SU COSA I SINDACATI VANNO A TRATTARE DEVE ESSERE CHIARO:
Difesa di tutti i posti di lavoro
Rientro dei cassintegrati, compresi quelli in Ilva AS
Difesa del salario
Riduzione dell'orario di lavoro a parità di paga
Accellerazione con organico interno dei lavori di ambientalizzazione, bonifica, risanamento impianti
Regolazione
dell'eventuale esubero solo con provvedimenti di prepensionamento dei
lavoratori (amianto - 25 annio bastano) necessari nella siderurgia e a
Taranto in particolare.
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