lunedì 18 maggio 2020

pc 18 maggio - Sull’emergenza COVID-19 negli ospedali: tramite un sondaggio la parola ai lavoratori della Sanità

Come Slai Cobas sc Sanità Milano condividiamo i dati del sondaggio tra tutti gli operatori e lavorator* della sanità piemontese. Perchè sono la fotografia reale che ci accumuna in Lombardia, dove le giunte a guida leghista, che più di altre si sono "distinte" nella politica criminale di distruzione del servizio sanitario, chiamandolo "eccellenza", e del malaffare fatto di tangenti e di storno di risorse ai padroni della sanità privata. Perchè dopo le stragi che hanno perpetrato nelle RSA, dei nostri nonni, dei nostri affetti, dei nostri colleghi, oggi vogliono continuare sulla strada che ha contraddistinto la cosiddetta fase 1: chiamarci "Eroi" ma trattarci come "CARNE DA MACELLO". Per queste ragioni riteniamo necessario uscire dalla fase di denunciare, soltanto, quello che sappiamo, che abbiamo subito, che subiamo e vogliono continuare a farci subire. Ci vogliono vittime silenti. Dobbiamo essere soggetti agenti per inchiodare questi loschi figuri alle loro responsabilità. Riteniamo che nella fase 2, quella del riapriamo tutto, tutti i lavorator* della sanità riaprano i confini della lotta e del protagonismo diretto: = i problemi = la lotta.
Per questo, in allegato sotto, proponiamo la piattaforma/proposta dello Slai Cobas per il sindacato di classe Sanità
cobasint@tiscali.it; cobasdiclasse.mi@gmail.com; cell. 338-7211377
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Ecco i risultati del sondaggio condotto tra 1.930 operatori sanitari, con l’obiettivo di fotografare le difficoltà legate alla gestione ospedaliera dell’emergenza epidemiologica COVID-19. Quanto hanno atteso i sanitari per il tampone? I loro famigliari sono stati tutelati? Gli ospedali sono ed erano luoghi sicuri?
COMUNICATO STAMPA CONGIUNTO ANAAO ASSOMED PIEMONTE – NURSIND PIEMONTE
Anaao Assomed Piemonte e Nursind Piemonte hanno proposto agli operatori sanitari del Piemonte un sondaggio per fotografare le difficoltà vissute nei primi mesi dell’emergenza Covid.
Al sondaggio, aperto dal 27 Aprile al 8 Maggio 2020, hanno risposto 1930 operatori sanitari, rappresentativi di tutte le ASL e degli Ospedali del Piemonte. Di questi il 70% sono infermieri, il 16.5% medici e l’8% oss.
Risultati
Il 79% dei responders al sondaggio lavora o ha lavorato nei reparti Covid e il  59% ha fatto il tampone. L’1,83% dei sintomatici e il 3,14% dei contatti stretti senza protezioni non l’ha invece purtroppo eseguito.
L’indicazione ad eseguire il tampone è stata per il 22% il contatto stretto senza le adeguate protezioni con colleghi, per il 34,4% il contatto stretto con pazienti. In tutto, oltre 56% degli operatori ha eseguito l’esame per contatti stretti in carenza di protezione. Questo dato è significativo della grave difficoltà, soprattutto nelle prime settimane del contagio, di ottenere adeguati DPI. Fatto che, come da noi ripetutamente
sostenuto, ha trasformato i luoghi di cura in luoghi di contagio.
Se hai fatto il tampone, precisa il perché
 Il 77% degli operatori ha continuato a lavorare in attesa dell’esito del tampone, come prevede l’art. 7 del DPCM del 9 Marzo, che esclude i sanitari dalla quarantena preventiva. Questo dato, unito al fatto che ben il 18% degli operatori sottoposti a tampone è risultato positivo, chiarisce bene come nelle Strutture Sanitarie sia venuta a mancare, a causa di una criticatissima scelta politica nazionale, una reale tutela della salute dei lavoratori e contestualmente come questa scelta possa aver favorito la diffusione del contagio
In attesa di eseguire il tampone sei stato posto in isolamento domiciliare?
 Nel 80,5% dei casi l’esecuzione del test molecolare è stato gestito dal Servizio di Medicina del Lavoro, nel 19,4% dei casi dal SISP.
La successiva sorveglianza sanitaria degli operatori con tampone positivo è mancata nel 54% dei casi.
Chi ha eseguito la sorveglianza sanitaria sul tuo stato di salute?
 Solo il 36% dei responders ha eseguito il tampone come da Protocollo Regionale, ovvero immediatamente se sintomatici o dopo 3 giorni dall’avvenuto contatto con un Covid positivo.
Il 27% ha atteso tra i 5 e i 10 giorni, il 12,9% ha atteso oltre 10 giorni e il 20,9% oltre 2 settimane.
Se consideriamo solo i sanitari che hanno sviluppato i sintomi a domicilio, e che quindi sono stati presi in carico dal SISP e non dal medico competente, i tempi d’attesa per l’esecuzione dell’esame aumentano ulteriormente: il 24,8% ha atteso oltre le due settimane, per un totale del 41,27% dei responders che ha atteso più di  10 giorni.
Quanto hai aspettato prima di essere chiamato a fare il tampone?

 L’attesa per ottenere l’esito del tampone è stata inferiore, seppur il 9% abbia aspettato 4-5 giorni e l’8% oltre i 5 giorni.
Quanto hai aspettato il risultato?
Ora: i sanitari hanno lavorato in carenza di DPI, non hanno fatto la quarantena preventiva, numerosi sono risultati positivi ed hanno comunque atteso giorni per eseguire il tampone.
Sicuramente avranno avuto timore di portare a casa l’infezione. Ma tutto il lavoro di ricostruzione e test ai contatti è completamente mancata: l’89% dei positivi dichiara che non è stato fatto il tampone ai propri famigliari.
Se sei risultato positivo, è stato eseguito tampone ai tuoi contatti e ai tuoi famigliare
 Ma con o senza tampone per la ricostruzione del contatto, alla fine  l’8,7% dei sanitari ha avuto un famigliare malato Covid. Il partner quello più esposto con il 5,98% dei casi, seguono genitori, fratelli, figli.
Proprio con l’intento di evitare il contagio dei propri affetti, di mettere a rischio la loro salute e di limitare il diffondersi del virus Il 39,2% del personale ha dovuto dormire in stanze/case separate.
Hai dovuto dormire in stanze/case separate dai tuoi famigliari?
 Tema cruciale quello dei DPI, fondamentali per la protezione degli operatori sanitari. Solo il 32,9% del personale dichiara di aver ricevuto DPI adeguati, mentre il 56,5%, oltre la metà, solo in parte. Infine il 10,5% afferma di non aver ricevuto dispositivi adeguati.
Sul lavoro, ti sono stati forniti i DPI adeguati?
 E’ stato quindi chiesto di precisare perché la fornitura di DPI non fosse adeguata.
Il 73,9% ha dichiarato un numero insufficiente di dispositivi, con conseguente necessità di riutilizzo di quelli in dotazione. Il 33,9% invece ha risposto che mancavano le FFP2 e FFP3 e infine il 26,6% afferma di aver dovuto trovare soluzioni tampone come ad esempio sacchi dell’immondizia per assenza di fornitura adeguata.
Se la fornitura dei DPI non era adeguata, precisa perché:
 Avendo ricevuto molte segnalazioni in merito a materiale consegnato, poi risultato non a norma, abbiamo cercato di fotografare l’entità del fenomeno. Quasi la metà, il 45,4% ha risposto di aver ricevuto materiale poi ritirato perché non conforme. Non sappiamo se il materiale sia stato utilizzato, per quanto tempo e se  il personale fosse adeguatamente protetto.
Avete ricevuto mascherine chirurgiche non a norma, poi ritirate?
Un altro aspetto particolarmente significativo  nella propagazione del virus all’interno delle strutture ospedaliere, è la distinzione tra percorsi sporchi e puliti: le strutture sono diventate focolai di infezione anche e soprattutto per questa criticità.
Il 58,75% ha risposto che questi percorsi non erano ben differenziati, un dato altissimo se si pensa alle conseguenze che tale problematica ha rappresentato.
Nel tuo ospedale i percorsi sporco/pulito erano ben differenziati?
La formazione sul corretto utilizzo dei DPI, sulla gestione dei percorsi ed in generale sulle precauzioni da avere durante il lavoro, per minimizzare i rischi di contagio, doveva essere prevista obbligatoriamente in tutti gli ospedali, come recitano anche le linee guida ISS.
Ma solo il 49,29% degli operatori intervistati afferma che l’azienda ha previsto corsi di formazione per il corretto e adeguato utilizzo di DPI. Il 36,34% dice che non sono stati previsti e il 14,28% addirittura di non sapere.
L’azienda in cui lavori ha previsto corsi di formazione per l’adeguato utilizzo dei DPI?
Altro problema è stata la comunicazione di decisioni strategiche agli operatori: per il 34,8% dei responders l’azienda non ha informato il personale di protocolli, linee guida, riorganizzazioni interne dei reparti, sicuramente indice di inefficienza nel comunicare con i propri operatori. Una mancata ed non uniforme informazione complica la risoluzione dei problemi.
L’azienda ti ha informato dei protocolli, linee guida, riorganizzazioni interne dei reparti?
 In conclusione è stato chiesto, alla luce di tutte le difficoltà sopra fotografate, di dare un voto all’azienda, relativamente alla capacità di affrontare e gestire l’emergenza COVID. I colleghi che hanno aderito al sondaggio sono stati impietosi: voto 5.
Dai un voto alla tua azienda da uno a 10 per come ha gestito questa emergenza
 Chiara Rivetti
Segretaria Regionale

Anaao Assomed Piemonte
Francesco Coppolella
Segretario Regionale

NurSind Piemonte


La piattaforma/proposta dello Slai Cobas per il sindacato di classe Sanità – Milano
NELLA FASE 2

NOI OPERATORI SANITARI CONOSCIAMO BENE QUAL’È LA REALTA IN CUI CI HANNO FANNO LAVORARE E NELLA QUALE CONTINUANO. CI HANNO ESPOSTI AL CONTAGIO E CONTINUANO A FARLO. A MORIRE E FARCI MORIRE!
SANTI ED EROI SUI GIORNALI, CARNE DA MACELLO IN CORSIA!
medici e infermieri e tutti i lavoratori della sanità non si possono permettere di aspettare risorse che non arrivano; non possono permettersi di continuare a stare zitti e a farsi zittire.
ABBIAMO IL DIRITTO DI CHIEDERE E PRETENDERE QUELLO CHE SERVE PER LA NOSTRA PROTEZIONE, PER QUELLA DEI PAZIENTI E PER NON CONTAGIARE I NOSTRI CARI: 
QUÌ E ORA!
QUESTA LA PIATTAFORMA IMMEDIATA DELLO Slai COBAS Sindacato di classe 
PER OPPORSI E RESISTERE ADESSO!
lavorando per   UNIRE TUTTI I LAVORATORI E COSTRUIRE LA PROSPETTIVA, DI UN MODELLO DI SANITÀ AL SERVIZIO DELLA COLLETTIVITÀ E NON DEL PROFITTO!
MA IN QUESTA FASE 2 ABBIAMO, TUTTI QUANTI, IL DIRITTO-DOVERE DI CHIEDERE CONTO AI FONTANA/GALLERA/SALVINI DELLE STRAGI NELLE RSA E DI QUELLA CHE SI PROSPETTA NELLA SANITÀ PUBBLICA E NELLA SOCIETÀ, visto che dicono “che rifarebbero tutto quello che hanno fatto”, cioé distruggere un bene pubblico e ingrassare i profitti dei padroni della Sanità Privata, mettendo in conto quanti operatori sanitari-lavoratori-pazienti sono “sacrificabili”

* DOTAZIONE DI TUTTI I DPI secondo il TU 81/08 (maschere FFP2 e FFP3; facciali…), per tutti i lavoratori, adeguati al contesto in cui lavoriamo, in numero sufficienti e formazione sull’uso, vestizione e svestizione, di detti ausili, senza accettare il “disco rotto” che non ci sono e non arrivano e che il COVID-19 è entrato ovunque
* SCREENING DIAGNOSTICO, tamponi rinofarigeo, COVID19 A TUTTO IL PERSONALE, non solo per i sintomatici, per iniziare a tracciare e limitare il rischio di essere, per i lavoratori e pazienti ricoverati, veicolo di contagio e contagiarsi. Negati nella sanità pubblica e che invece si possono fare privatamente e a pagamento
* INFORMAZIONE, giornaliera, SUL NUMERO DEI LAVORATORI CONTAGIATI, che le Direzioni non forniscono con la scusa che si lede la privacy, questo è stata la “narrazione tossica” che hanno usato nelle RSA per coprire la strage di anziani e personale
* ASSUNZIONI di personale all’assistenza (medici – infermieri -oss) e dei lavoratori delle pulizie e ristorazione, che sono allo stremo e sott’organico
* SBLOCCO DELLE FERIE E DIRITTO AI RIPOSI perché i lavoratori sono super stressati e rischiano di fare errori a danno loro e dei pazienti
* RAFFORZAMENTO DELLE SANIFICAZIONI, ordinaria e covid19, con la dotazione a tutti i lavoratori dei DPI, che non son le mascherine chirugiche, di protezione monouso e attivazione della lavanderia interna, visto che i lavoratori sono costretti a portarsi le divise da lavare a casa e questo significa incentivazione alla diffusione di possibili contagi
* RICONOSCIMENTO COME INFORTUNIO SUL LAVORO DA CONTAGIO COVID19 cosa prevista dalla normativa vigente, mentre si mandano i lavoratori a casa con temperetura o che sono venuti a contatto sia con pazienti che colleghi positivi, facendo risultare “malattia generica”. Ed il tampone viene effettuato ma soltanto con l’obiettivo di farli rientrare al lavoro
* STABILIZZAZIONE DI TUTTO IL PERSONALE di ogni ruolo che in questo momento è anch’esso in prima linea e che non sa quale futuro l’attende, si veda la protesta dei medici specializzandi
* LE MASCHERINE CHIRURGICHE NON SON UN DISPOSITIVO DI PROTEZIONE ospedaliero dove il contatto coi pazienti è fisiologico e non si possono mantenere le distanze, per cui i lavoratori hanno tutto il diritto di rifiutarsi di lavorare senza le protezioni necessarie nell’emergenza covid19. Visto che sono state distribuite, e continuano a distribuirle, mascherine taroccate e sotto inchiesta, come quelle della Fippi e della Pivetti
* POTENZIAMENTO DELLA RETE TERRITORIALE riaprendo i presidi tagliati, per ridurre la pressione sugli ospedali, per contrastare il diffondersi dei contagi e poter rispondere alle altre patologie non covid. Rafforzando la medicina di base vero-basico-storico baluardo della conoscenza medica e delle soluzioni curative
* NO ALLO SPOSTAMENTO DEGLI OPERATORI DA UN REPARTO ALL’ALTRO perché questo rappresenta un’ulteriore veicolo di possibili contagi, che vanno contrastati e denunciati in quanto illegittimi. I cui autori vanno denunciati agli organi competenti
* ISOLAMENTO O QUARANTENA DEGLI OPERATORI SANITARI fuori dagli ambienti domestici a salvaguardia della salute dei conviventi, reperiti e a carico della Regione.

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