mercoledì 20 maggio 2020

pc 20 maggio - Dalla Fiat ai Benetton alla Fincantieri… anche ai tempi del coronavirus i padroni chiedono miliardi di aiuti allo Stato… che risponde a comando

Non è solo la Fiat-Chrysler che ha chiesto 6 miliardi e 300 milioni di aiuti allo Stato, e questo è di gran lunga l’aiuto più importante, ma c’è un lungo elenco riportato oggi dal quotidiano La Repubblica:
“Un elenco preliminare e ufficioso comprende Fincantieri, Aspi, Costa ere, Maire Tecnimont, Api, Alpitour, Autogrill, Adr, Magneti Marelli, Kos, Sogefi, Unieuro, La Rinascente, Ovs, Ariston, Safilo.” Un elenco che cresce giornalmente … centinaia di medie e 150 grandi imprese”.
Secondo il quotidiano (ma togliamo quelli che avranno soldi a fondo perduto!) dovrebbero pagare interessi in 10 anni ad un tasso che si aggira al 2 per cento all’anno e se per caso non dovessero farcela “lo Stato garantisce al 70-80% le banche dalle perdite sui mancati rimborsi.” (Quindi anche questi nella sostanza sono a fondo perduto!). Stiamo parlando di circa 200 miliardi solo del decreto di aprile! Se ne aggiungeranno altri, che si aggiungeranno a tutti quelli che da sempre i padroni ricevono dallo Stato!
E sarebbero questi i “pregiudizi anti-industriali” che vengono dalla politica, di cui si è lamentato Bonomi, il nuovo presidente di Confindustria, l’associazione dei padroni?

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Il caso
Da Autostrade a Fincantieri, chi chiede i prestiti garantiti
Non solo Fca. Nei 18 miliardi di euro di prestiti bancari controgarantiti da Sace alla grande industria ci sono 250 "operazioni ordinarie” in cantiere, quelle rivolte a gruppi ricavi oltre 1,5 miliardi, più di 5 mila dipendenti e che richiedano o 375 milioni.
Un elenco preliminare e ufficioso comprende Fincantieri, Aspi, Costa ere, Maire Tecnimont, Api,
Alpitour, Autogrill, Adr, Magneti Marelli, Kos, Sogefi, Unieuro, La Rinascente, Ovs, Ariston, Safilo. L'elenco cresce giornalmente, anche se finora i finanziamenti sbloccati da Sace si fermano a 100 milioni perché le banche erogatrici devono riunire i cda deliberativi. Nel palleggio di carte tra Roma e i maggiori istituti si stima comunque che nei prossimi mesi non sarà difficile prestare ai richiedenti del caso i 200 miliardi previsti dal dl Liquidità: sia il terzo (circa) destinato a migliaia di Pmi e coperto dal Fondo di garanzia Mcc, sia i due terzi che consentiranno a centinaia di medie e 150 grandi imprese (tanti i potenziali richiedenti cui serve autorizzazione per decreto ministeriale) di finanziarsi in modo sicuro e a tassi medi più che dimezzati rispetto a quelli spuntati sul mercato.
Qualche dato per il raffronto. Le società industriali italiane, pur con svariati profili di rischiosità, per finanziarsi a 10 anni - gli iniziali sei anni saranno estesi a 10 nella conversione in legge, come ha confermato ieri il vicesegretario del Pd Andrea Orlando - pagavano, prima della pandemia, tassi spesso sopra il 5%. Per i nomi più rischiosi (o in condizioni di mercato avverse, come le attuali) ci si avvicinava al 10%. Tale provvista costerà molto meno se lo Stato garantisce al 70-80% le banche dalle perdite sui mancati rimborsi.
Qui il decreto impone solo un 0,50% di commissione annua al Tesoro per le garanzie, cui va aggiunto il tasso bancario, per una forbice complessiva stimata da fonti attive sui dossier dal 2 al 3% annuo: in media, meno della metà. Certo, la recessione che ha travolto l'Italia rischia di non far tornare all'ovile bancario almeno un 5% dei 200 miliardi del decreto di aprile: e all'Erario toccherebbe il 70-80% della perdita. Ma nel governo si parla di «rischio calcolato», volto a ridurre il più possibile i fallimenti di piccole, medie e grandi aziende che il post Covid-19 riserva.
La Repubblica 20 maggio 20

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