Dall'intervento del rappresentante del Comitato di sostegno alla guerra popolare in India
Porto il saluto, la solidarietà, il
contributo a questa manifestazione dei compagni che in Italia e in
diversi paesi in Europa e nel mondo in questi giorni si stanno
mobilitando nelle giornate di azione e solidarietà con i prigionieri
politici in India.
Quel paese che i compagni indiani hanno
definito la “prigione dei movimenti popolari”, dove oltre
diecimila sono i prigionieri politici, quasi tutti appartenenti alle caste "inferiori", ai popoli in lotta per difendere le loro
terre, alle minoranze religiose e nazionali oppresse, all’opposizione
politica democratica, ai militanti maoisti che portano avanti la guerra popolare.
Italia e India, paesi geograficamente
lontani sono in effetti legati da interessi e relazioni politiche
ed economiche.
Sono italiane le multinazionali che
armano le forze reazionarie indiane e che concorrono alla razzia
delle risorse naturali del paese, è indiana la multinazionale che
nella città da cui vengo, Taranto, ha acquistato la più grande
acciaieria d’Europa, l’Ilva, per imporvi lo stesso sistema di
sfruttamento con cui è cresciuta fino ad affermarsi tra i grandi
giganti mondiali dell’acciaio.
Soprattutto, India e Italia sono parte
dello stesso sistema mondiale, l’imperialismo, che produce
devastazione, sfruttamento e oppressione e prigionia politica per
chiunque osi opporsi.
Simili sono anche le denunce che dalle
carceri vengono per il trattamento dei prigionieri.
Abbiamo sentito qui la testimonianza
della moglie di un detenuto ammalato di leucemia cui è stata negata
la scarcerazione perché “non ancora terminale”.
In India abbiamo la vicenda esemplare
del prof. GN Saibaba, invalido al 90%, costretto su una sedia
a rotelle e seriamente ammalato. Saibaba non solo è stato condannato all’ergastolo per false accuse basate sulla confessione estorta con la tortura ad altro imputato, che le ha ritrattate durante il processo, ma oggi gli vengono negati in carcere l’assistenza cui un prigioniero nelle sue condizioni avrebbe diritto e anche le terapie per le serie patologie di cui soffre. La sua prigionia è una condanna a morte!
a rotelle e seriamente ammalato. Saibaba non solo è stato condannato all’ergastolo per false accuse basate sulla confessione estorta con la tortura ad altro imputato, che le ha ritrattate durante il processo, ma oggi gli vengono negati in carcere l’assistenza cui un prigioniero nelle sue condizioni avrebbe diritto e anche le terapie per le serie patologie di cui soffre. La sua prigionia è una condanna a morte!
Ma anche la lotta contro il sistema, la
giustizia di classe, la repressione, la disumanità delle condizioni
detenzione attraversa le mura delle carceri come i confini degli Stati. Per questo oggi qui portiamo l'appello al sostegno alla campagna internazionale per Saibaba e i prigionieri politici in India e nello stesso tempo prendiamo l’impegno di riportare
l’eco delle denunce, della lotta che qui si sta sviluppando contro
il 41bis, il 14bis, la tortura, la differenziazione e il carcere in
generale, in tutti i paesi in cui i compagni stanno sviluppando la campagna, affinché attraverso le mura delle carceri, oltre le
frontiere degli Stati sia la stessa lotta e lo stesso il grido che
si deve levare: LIBERTÀ!
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