Nessuno dice che per tutta questa estate i migranti e le migranti della tendopoli di San Ferdinando, supersfruttati nelle campagne, hanno fatto una lunga lotta - sostenuti solo dalla Rete Campagne in lotta - proprio contro le bestiali condizioni di vita, oltre che di lavoro. Tutti sapevano, ma prefettura, istituzioni locali, governo se ne sono fregati, pensando solo a sgomberare le tendopoli, senza alternativa di casa e lavoro.
Questo incendio non è nuovo. Proprio un anno fa, a gennaio 2017, vi fu un altro incendio che ferì gravemente tre migranti e prima ancora un altro migrante era rimasto bruciato.
Invece che risposte, i migranti sono stati perseguiti, criminalizzati, supercontrollati, perchè avevano la colpa di non piegare la testa, di ribellarsi, di lottare
Quindi, di che parlano i giornali, le televisioni... riducendo la morte di Becky Moses e la distruzione della tendopoli ad incidente? L'incendio è eccome doloso! Ed è lo Stato che ha "appiccato" quel maledetto fuoco!
A chi ha memoria corta, riportiamo stralci di alcuni dei tanti comunicati dei migranti/lavoratori del Comitato Lavoratori delle campagne e della Rete Campagne in lotta.
Ottobre 2017- SAN FERDINANDO (RC) - SULLA DETERMINAZIONE E LA RESISTENZA
Ieri, ancora una volta, le persone che vivono nella vecchia tendopoli di San Ferdinando hanno dato prova di grande determinazione, riuscendo a bloccare l’ennesimo tentativo di sgombero messo in atto dalle forze dell’ordine, sostenute da associazioni e sindacati.
Dopo essere stati costretti in fila indiana per ore, sottoposti all’ennesima identificazione forzata – ricordiamo che è da novembre scorso che polizia e carabinieri si dilettano in operazioni di questo
tipo nell’area della tendopoli – circondati da un ingente presenza di forze dell’ordine, buona parte degli abitanti si è nuovamente opposta allo sgombero.
tipo nell’area della tendopoli – circondati da un ingente presenza di forze dell’ordine, buona parte degli abitanti si è nuovamente opposta allo sgombero.
“È tanto tempo che lo diciamo! Noi da qui non ce ne andiamo! Non vogliamo tende ma case! Vogliamo i documenti e non il business dei campi sulla nostra pelle!”
...chi è andato a vivere nella nuova tendopoli racconta quanto segue. “Qui stiamo male, nelle tende dobbiamo dormire in 12 e dopo tante promesse hanno portato solo una cucina, dove possiamo entrare in pochi, mentre qui siamo più di 500 persone! Ci trattano come bestie!”
...Nel frattempo le persone continueranno ad organizzarsi e lottare per ottenere quello che vogliono, sempre più consapevoli che solo la lotta paga!
No ai campi di lavoro!
Vogliamo documenti, casa e contratti!
IL 18 AGOSTO TUTTI E TUTTE A SAN FERDINANDO CONTRO LO SGOMBERO DELLA TENDOPOLI!
Siamo gli abitanti e le abitanti della tendopoli di San Ferdinando (Reggio Calabria) e vogliamo lanciare un appello a tutta Italia. Questo è un grido di rabbia e dolore contro l'ennesima violenza dello Stato e delle istituzioni nei nostri confronti!
Sono tanti anni che alziamo la testa per chiedere quello che ci spetta per provare ad avere una vita migliore, come ognuno di voi fa ogni giorno. Ma l'unica risposta che abbiamo avuto fino ad oggi è stata violenza, controlli e l'isolamento dentro baracche e tende.
Infatti qui a San Ferdinando lo Stato per la terza volta ha costruito una nuova tendopoli del costo (iniziale) di 625.000 euro!!!! E prevede di spenderne altri 400.000 euro ogni anno per la gestione!!!! Ma questi soldi potevano essere usati in modo diverso, per tutti quelli che vivono in questo territorio, italiani e immigrati! Invece lo Stato ha preferito destinarli tutti da un unico scopo: rinchiudere 550 persone di una prigione!
Non vogliamo più vivere nelle tende, controllati dalle telecamere, con un sistema identificativo per entrare e per uscire e con orari di chiusura e apertura! Inoltre non possiamo neanche cucinare, né decidere quando, come e cosa mangiare, perché all'interno del campo ci sarà una mensa a pagamento, 1,50 euro per ogni pasto!
Siamo stanchi, disperati e arrabbiati perchè non veniamo ascoltati e riceviamo solo violenza, razzismo e silenzio! Qui lo Stato lo scorso 9 giugno ha già ammazzato un nostro fratello, Sekine Traore, e adesso se non ce ne andiamo che faranno? Ci ammazzeranno perchè ci rifiutiamo di andare a vivere nell'ennesima prigione?
Il 18 agosto inizierà lo sgombero della tendopoli dove viviamo, che sappiamo bene essere un posto orribile, e la conseguente deportazione nel nuovo campo. Ma finchè non ci saranno delle soluzioni reali e le nostre richieste non verranno ascoltate noi da qui non ce andiamo!...
Agosto - L'AUTORGANIZZAZIONE FA VACILLARE IL POTERE
In questi giorni gli e le abitanti della tendopoli di San Ferdinando hanno continuato a confrontarsi e ad organizzarsi in vista del proclamato sgombero, rispetto al quale hanno tutti e tutte le idee molto chiare. “Meglio uniti e liberi di muoversi in un posto come questo, che divisi in una prigione!” La loro determinazione non si è mai fermata, nonostante le devastanti condizioni di miseria e marginalizzazione in cui sono costretti a vivere, né tanto meno davanti alla militarizzazione del territorio, data dalla costante presenza di volanti e camionette delle forze dell'ordine e dai continui controlli che vengono fatti intorno all'area delle due tendopoli e della stazione di Rosarno.
...gli abitanti dell'insediamento hanno deciso di mettere per iscritto le loro richieste, inviandole, ancora una volta, al Ministero dell'Interno, Prefettura e Questura di Reggio Calabria e al Comune di San Ferdinando.
...hanno spiegato a gran voce che nel nuovo campo di Stato non ci vogliono andare, “Non siamo bambini! Non vogliamo essere controllati nelle nostre vite!”...
...Vogliono i documenti, per poter scegliere dove vivere, e non vogliono essere prigionieri degli interminabili tempi d'attesa per il rilascio del permesso di soggiorno, dati i quotidiani abusi da parte della Questura. Vogliono poter lavorare in modo regolare, in campagna come altrove, e con la certezza di ricevere una paga. Vogliono insomma aver il controllo delle proprie vite, senza essere condannati allo sfruttamento e all'isolamento. E questo ennesimo campo di Stato, con il suo avanzato sistema di controllo (telecamere, badge identificavi, riconoscimento in entrata e uscita tramite le impronte digitali e foto segnalamento) non è sicuramente la risposta giusta.
Luglio - Nei prossimi giorni si assisterà all’ennesimo sgombero
e deportazione di centinaia di immigrati che sono costretti a vivere nel più grande ghetto d’Italia, la tendopoli di San Ferdinando, che si trova vicino al comune di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.
...sono anni che gli abitanti di questi luoghi raccontano la folle condizione in cui li obbligano lo Stato italiano, l’Unione Europea e il sistema economico che questi sostengono. Reclamando a gran voce per le strade di mezza Italia quello di cui hanno bisogno per uscire davvero dai ghetti: prima di tutto avere accesso ai documenti (permesso di soggiorno, residenza e passaporto) che permetterebbe loro di andare altrove, in Italia e nel resto d’Europa. Così come la possibilità di lavorare regolarmente (considerando la paga e le condizioni) e di conseguenza di poter decidere di pagare un affitto o avere l’alloggio garantito dai datori di lavoro. Insomma bisogni comuni a molte persone, immigrate e italiane. Ma fino ad oggi le istituzioni locali e nazionali non hanno voluto ascoltare.
O meglio, qualche volta sono state costrette ad ascoltare per la forte pressione che veniva dalle lotte, ma ad oggi hanno deciso di mettere in pratica una sempre più dura repressione e lasciare ampio spazio alla corruzione. Infatti, soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo letto, visto e ascoltato il seguente copione: le forze dell’ordine circondano questi luoghi per ore e/o giorni per isolare chi ci abita e attraverso l’esasperazione e la violenza (omicidi, incendi, inseguimenti, distacco dell’acqua e altro ancora) obbligano le persone – che spesso non hanno nessuna soluzione alternativa – a essere deportate in altri ghetti, sempre più direttamente sotto il controllo istituzionale. Si tratta di campi di lavoro ogni volta più simili ad un carcere: guardie all’ingresso, divieto di cucinare e di ricevere visite, permesso di soggiorno e contratto di lavoro obbligatori per avere accesso ad un posto letto, recinzioni…insomma luoghi in cui vige una disciplina sempre più rigida, in un contesto in cui le istituzioni mirano a legalizzare le ‘zone economiche speciali’ di fatto che già esistono in questo come in altri territori.
E questi sono gli stessi luoghi che quotidianamente finiscono sui giornali e su internet, dove si legge di un business da migliaia di euro, che coinvolge la politica, lo Stato, le cooperative che li gestiscono e numerosi “impresari” locali.
...ancora una volta saremo lì per rompere l’isolamento dato dall’impianto militare-umanitario portato avanti dallo Stato e dal terzo settore, che insieme sostengono il mantenimento di questi ghetti!
Ancora una volta saremo a fianco di chi alza la testa e lotta! E invitiamo tutte e tutti a venire in Calabria, per dire basta ai campi di lavoro, allo sfruttamento, alla corruzione e alla violenza!
BASTA CAMPI!
CASA, TRASPORTI, CONTRATTI E DOCUMENTI PER CHI VIVE NELLE CAMPAGNE!
WE STILL NEED YES!
Gennaio - Nuovi incendi nei ghetti di stato: Ora basta!
...le fiamme che hanno nuovamente distrutto parte della tendopoli di San Ferdinando, vicino Rosarno, ed in cui tre persone sono rimaste gravemente ferite. Il bilancio di questo inverno si aggrava ulteriormente...
Ancora una volta va a fuoco parte degli insediamenti che chi lavora in campagna, come molti altri soggetti iper-precari, è costretto a costruirsi per poter avere un tetto. Oltre ai danni fisici per chi si trova intrappolato dalle fiammo, le conseguenze di questi roghi sono sempre le stesse: quelle che fungono da case per chi le abita vengono distrutte, e negli incendi si perdono tutti gli effetti personali, tra cui anche i documenti. Ad ogni incendio la stampa, le istituzioni e la polizia si occupano della ricostruzione delle cause del rogo. Noi però sappiamo qual’è la vera causa di questa situazione: sono le condizioni di vita a cui il regime della mobilità costringe coloro che non sono in possesso del giusto passaporto, e che quindi sono soggetti alle forme più aberranti di sfruttamento e segregazione.
Da anni portiamo avanti delle mobilitazioni per richiedere quanto è già previsto da contratto per i lavoratori agricoli: una casa per tutti e per tutte. Da anni i lavoratori delle campagne richiedono quanto gli spetta. A questi tragici eventi, ai quali dovrebbero corrispondere immediate soluzioni abitative, segue esclusivamente il silenzio delle istituzioni competenti, o l’annuncio della costruzione di nuove tendopoli o campi container. Nuovi ghetti di Stato, insomma. I veri responsabili di questi roghi sono i comuni, le amministrazioni regionali, il ministero dell’interno che latita dopo l’incontro che una delegazione di lavoratori ha ottenuto al termine del corteo nazionale del 12 Novembre, e le associazioni datoriali che dovrebbero in primis garantire le abitazioni ai lavoratori.
Continueremo la mobilitazione contro tutti i ghetti di stato e per rivendicare una reale soluzione abitativa per i lavoratori e le lavoratrici delle campagne, come per tutte e tutti coloro che non hanno una casa.
Pretendiamo risposte immediate a queste istanze: tra l’emergenza freddo e i continui roghi la situazione è oramai insostenibile...
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