A Genova – presso la sede del collettivo ‘Aut Aut 357’ di via
delle Fontane 5, in pieno centro storico – la presentazione di un libro “racconto/riflessione del viaggio inchiesta
fatto questa estate da Giacomo Marchetti e Maurizio Vezzosi in Libano, lungo i
confini con la Siria, nei campi profughi della Bekaa, in quelli palestinesi e
nei quartieri popolari di Beirut”.
Dei due autori è presente solo il Marchetti, il
quale comincia la narrazione partendo dalla prima volta in cui, nel 2003, si è
recato nella zona: con un viaggio organizzato in occasione dell’anniversario del
massacro – perpetrato dall’esercito dell’entità sionista, con la complicità
delle falangi libanesi e dell’esercito del Libano del sud – avvenuto, nel
settembre dell’anno precedente, all’interno dei campi profughi palestinesi di
Sabra e Chatila, nel Libano meridionale.
A seguire precisa che il racconto è incentrato
per la maggior parte sul Libano, il Paese che raccoglie la maggioranza dei
profughi siriani: un cittadino libanese su cinque, circa due milioni di persone,
è un profugo siriano; di questi, la metà circa – a causa delle politiche del
governo libanese che richiede duecento Euro all’anno per avere il certificato di
residenza – si trova in un limbo che lo rende ‘illegale’.
Questa loro condizione ne fa, naturalmente, degli
‘irregolari’ anche in ambito lavorativo: in questo modo diventa facile
immaginare come sia assai diffuso il fenomeno dello sfruttamento a livello
schiavistico, soprattutto nei campi dell’agricoltura e dell’edilizia; ma il
discorso, oltre che per gli uomini dulti, vale anche per le ragazze, le quali
non possono girare per la strada da sole se non vogliono essere etichettate come
prostitute.
Terminata la prima parte dell’esposizione,
vengono proiettate alcune diapositive che mostrano lo stato attuale della
situazione di Sabra e Chatila e di altri campi profughi – come Bourj El
Barajneh, a sud di Beirut – della valle della Bekaa, e dei quartieri armeni,
come Bourj Hammoud, della capitale libanese.
Il secondo spezzone del racconto si incentra sul
fenomeno jihadista; il Marchetti fa l’amara constatazione che è
l’Europa, e l’Occidente in genere, a creare migiaia di jihadisti: questo avviene
per il fatto che ai ragazzi di queste zone non viene lasciata alcuna alternativa
possibile per fuoriuscire dalla situazione in cui si trovano a vivere.
da stefano ghio
Genova, 26 gennaio 2017
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