Questo nuovo ciclo di
Formazione Operaia sarà centrato sulla Grande rivoluzione culturale
proletaria, che inizia in Cina nel maggio 1966, e che vede dagli inizi del
1967 (quindi 50 anni fa) il ruolo centrale della classe operaia.
La Rivoluzione culturale proletaria da risposte alle domande, dubbi che a volte si pongono gli operai, i giovani, le masse avanzate se è effettivamente possibile costruire una società socialista in cui i proletari abbiano il potere nelle loro mani e come riuscire a mantenerlo.
In questa occasione,
pubblichiamo un'introduzione a questa importante FO.
Quindi da fine febbraio
pubblicheremo materiali anche originari della Rivoluzione culturale
proletaria.
La Rivoluzione culturale
proletaria in Cina è stata una grande rivoluzione che ha visto le
masse protagoniste e questo davvero come difficilmente si è visto
nello scenario mondiale.
La ribellione delle masse
giovanili e poi proletarie a Shanghai e infine i dei contadini che ha
attraversato la Cina in quel decennio è un grandissimo fenomeno di
massa come l'umanità raramente ha vissuto.
Masse che si sono
ribellate dentro lo Stato che si definiva socialista, masse che hanno
impugnato quello che poi sarà chiamato il “pensiero di Mao
Tsetung”, per impedire che l'evoluzione della Cina fosse quella che
aveva attraversato l'Unione sovietica fino alla trasformazione di
questo grande paese
socialista, protagonista della Rivoluzione
d'Ottobre in una delle superpotenze socialimperialista del sistema
mondiale, attraverso il rovesciamento storico di quella che era stata
la rivoluzione di Lenin, proseguita nel tentativo di edificare una
società socialista.
La Rcp cinese è stata il
tentativo di uscire a sinistra dalla crisi del socialismo, perchè il
dato fondamentale della rottura di Mao e l'ispirazione che ha avuto
la rcp è la lotta per il socialismo, perchè il socialismo fosse
realmente il potere delle masse che enunciava e la trasformazione
socialista fosse effettiva
Nello stesso tempo nel
fare questo la Rivoluzione culturale proletaria, ora in forme ingenue
ora in forme determinate ha cercato di rimodellare la costruzione
del socialismo, su tutti i campi, ha cercato di rivitalizzare il
socialismo attraverso il tentativo di dare vita all'effettiva natura
del suo messaggio che è “l'assalto al cielo”,la marcia verso il
comunismo.
La Rivoluzione culturale
proletaria è stata un fenomeno di massa. Milioni di giovani che poi
hanno dato vita alle guardie rosse si sono ribellati nel cuore delle
Università di Pechino e Shanghai, e hanno mandato un messaggio che
ha camminato molto nel mondo. L'immagine della rivoluzione culturale,
le guardie rosse, la parola d'ordine: “E' giusto ribellarsi”, è
entrata in un mondo in tormenta che vedeva in tutto il mondo
generalizzarsi la ribellione della gioventù. E i giovani cinesi
erano come i giovani di tutto il mondo.
Ma la Rivoluzione
culturale proletaria è stata anche la Comune di Shanghai. E' la
Comune operaia di Shanghai che lancia lo slogan che poi dilagherà
negli anni '70, ma la cui validità è difficile negare anche oggi,
“la classe operaia deve dirigere tutto”. E' la classe operaia che
nel cuore delle fabbriche mette in discussione tutti gli aspetti sia
della condizione operaia, sia del rapporto tra operai e potere
socialista, potere che dovrebbe essere nelle proprie mani ma che non
lo è. La dialettica che sviluppa la Rivoluzione culturale proletaria
a Shanghai, la forma che essa assume, quella della Comune di
Shanghai, la lotta nelle fabbriche, mettono in discussione la natura
socialista dei seguaci della via capitalista che monopolizzavano in
quel momento il potere in Cina. Le figure di Liu shao Chin, Deng
Shiao Ping sono note, ma non si tratta solo di persone, non è una
lotta tra persone, ma persone che incarnano le classi sociali che
permangono nel socialismo, che incarnano le diverse fazioni come si
vanno ridefinendo al servizio dei propri interessi, e che coprono
sotto le bandiere rosse il nero disegno di ristabilire regole e leggi
che sotto il manto socialista sono in realtà le forme del
capitalismo che ritornano.
E' la classe operaia che
mette in discussione questo e non certo il partito in senso astratto.
La guerra di bassa
intensità e di ribellione che si sviluppa a Shanghai tra il comitato
di partito ufficiale e la Comune di Shanghai è qualcosa che
difficilmente la storia ha visto, soprattutto perchè tutti temi sono
stati messi in discussione.
La Comune di Shanghai
mette in discussione il problema che il socialismo sia solo alti
salari e potere centralizzato, la Comune di Shanghai mette in
discussione che anche nelle fabbrica le leve di comando debbano
essere tenute dalla produzione e dalla politica e se a base
dell'azione della classe nella produzione vi debba essere il puro
interesse dello sviluppo economico e non il rimodellamento dello
sviluppo economico secondo l'idea del potere operaio e dei nuovi
valori che il socialismo in marcia verso il comunismo vuole
affermare.
Nel concetto de “la
classe operaia deve dirigere tutto” che sarà l'anello di
collegamento e anche di contraddizione tra operai e studenti in Cina
nella Rivoluzione culturale proletaria c'è anche problemi
difficilissimi da risolvere e che tutte le società che
attraversassero una rivoluzione si troverebbero a doversi misurare,
compreso il nostro paese: Chi comanda nel socialismo, che succede
nelle università; l'universo degli intellettuali, della cultura,
dell'arte debbano rimanere quelli di prima, gestiti da artisti di
sinistra che si dicono comunisti o debbono essere attraversati da un
vento che rovescia la piramide e ristabilisce un nuovo rapporto tra
classe operaia, proletariato concreto e sovrastruttura della società?
“La classe operaia deve
dirigere tutto” della Rivoluzione culturale proletaria è la classe
operaia che attraversa tutto l'universo della sovrastruttura,
dall'Università all'arte, agli apparati del consenso, ai giornali,
perchè il punto di vista della classe operaia, del proletariato
complessivo, delle masse popolari domini e orienti l'attività che vi
si svolge e non sia un'attività separata che riproduce la divisione
del lavoro e la dicotomia tra intellettuali e popolo, tra
intellettuali e classe che fa poi dell'università il luogo dei
baroni o dei nuovi mandarini.
Nelle fabbriche come si
attacca la divisione del lavoro? Non basta dire: gli operai
comandano, non basta costruire un organismo operaio che comanda di
più e che non è un terminale del partito; occorreva mettere in
discussione la vita quotidiana di fabbrica. Come evitare che il
sistema di fabbrica rimanga quello di tecnici e operai, di capi e
subordinati? Come far sì che dietro le necessità della produzione,
che in Cina erano urgentissime dato che si trattava di un paese che
usciva da un ampio sottosviluppo, non ritornassero le leggi
capitaliste che vuole la produzione modellata secondo i criteri che
impone il sistema produttivo nel suo insieme e il mercato mondiale?
Come fare, quindi, la produzione senza un padrone e al servizio del
popolo, come fare a trasformare un siderurgico in cui si produce
l'acciaio in un giardino fiorito. La Rivoluzione culturale proletaria
aggredisce questo problema del contrasto tra difesa del lavoro e
salute, presente in tante fabbriche oggi. C'è l'esempio del
petrolchimico di Tachai, un enorme petrolchimico che inquinava,
distruggeva l'agricoltura. La sfida della Rivoluzione culturale
proletaria affrontò questo problema, cercò delle soluzione, e la
zona di questa fabbrica fu trasformata in un luogo in cui si
coltivavano i fiori, oltre che produrre chimica. Il socialismo doveva
cambiare il modo di produrre per rendere possibile che i disastri
prodotti dal sistema capitalista potessero essere rimossi, non nel
cielo delle idee ma nella pratica di una realtà effettiva di
fabbriche e territori.
Altre questioni, come fare
le città, le sue strutture siano vivibili? Come estirpare problemi
come la droga, la delinquenza, ecc.; come cambiare la medicina, come
far sì che i medici siano gente al servizio del popolo e la gente
del popolo sia in grado di autocurarsi, come si fa ad usare le erbe
mediche per curarsi senza la chimica?
La Rivoluzione culturale
proletaria affronta tutte queste questioni, cercando con la
mobilitazione delle masse, con la rivoluzionarizzazione sia
ideologica sia pratica di rovesciare i verdetti, o il cammino
inevitabile che anche in Cina vi era nella fase del socialismo.
Mao diceva che bisogna
condurre tre lotte non una sola: la lotta di classe, impedire che
comandino ancora i padroni, i capi; la lotta per la produzione,
perchè il socialismo ha bisogno di tanta produzione; terzo le
esperienze scientifiche, cioè ci sono le condizioni di progresso
scientifico che ci permettono di fare le cose in forme molto più
avanzate.
Mao aggiunge: “Il lavoro
politico è l'elemento vitale di ogni attività economica”, perchè
o sei schiavo dell'andamento produttivo o tu hai una testa per
ragionare; “se vogliamo sviluppare la produzione socialista abbiamo
mille e diecimila metodi, ma quello di gran lunga più importante
consiste nel puntare decisamente sulla rivoluzione, sulle concezioni
politiche.
Cioè, per scegliere il
metodo giusto, il problema non è: qual'è che funziona meglio, ma
quale serve gli interessi politici, cioè dei lavoratori, masse
popolari, cittadini. Per esempio, l'acciaio si può fare benissimo o
male, il problema è quanto ce ne serve, quanto se ne deve fare per
non inquinare la città. E questo non è una scelta produttiva, è
una scelta politica.
“E che criterio dobbiamo
mettere al primo posto se si vuole appoggiarsi sulle masse? Tra tutte
le cose di questo mondo, l'uomo è quella più preziosa”. Vale a
dire: quello che serve alle persone è la cosa più preziosa. Non
esiste, quindi, l'acciaio per l'acciaio, ma come non esisterebbe
l'agricoltura per l'agricoltura, la pesca per la pesca...; è quello
che permette all'uomo, ai proletari, alle masse popolari di stare
bene, di stare meglio, di avere di che mangiare ma di non morire di
inquinamento e di fatica.
In Cina, per questo,
durante la Rivoluzione culturale proletaria si sviluppò anche la
lotta tra le due linee nel movimento sindacale cinese.
“Preoccupiamoci per prima cosa delle condizioni di vita delle
masse”, insegna Mao Tse tung, “Ma noi dobbiamo instancabilmente
elevare il livello della coscienza politica della classe operaia,
affinchè essa lotti per gli ideali del comunismo. Ciò a cui si
vuole interessarla, invece, sono gli incentivi materiali, cioè
strumenti per far dimenticare ai lavoratori che quello che è più
importante è il consolidamento del potere operaio”.
Si dice qui, che il
sindacato non può essere quello che cerca solo 10 euro in più, è
quello che invece ha a cuore il fatto che i lavoratori contino
davvero nelle decisioni.
Quindi, anche il movimento
sindacale in quegli anni viene attraversato da uno scontro. Non basta
più che il sindacato si limitava a contrattare con lo Stato di cui
era parte i miglioramenti salariali di tanto in tanto, il sindacato
doveva servire a dare più forza e coscienza agli operai perchè
gestissero il potere, decidessero su tutte le questioni dell'economia
e dello Stato, chiaramente questo in uno Stato in cui gli operai
avevano il potere a parole, ma non nei fatti.
La Rivoluzione culturale
proletaria è stata, quindi, un grande movimento di massa per
affermare che una volta che si fa la rivoluzione, il potere deve
passare realmente nelle mani degli operai e delle masse, altrimenti
la società si può chiamare socialista ma le masse non contano
nulla.
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