La
Rete nazionale per la sicurezza e salute sui posti di lavoro e
territori ha lanciato la sua sfida, l'ha fatto il 22 marzo all'Ilva
di Taranto, una sfida innanzitutto nazionale, perchè l'Ilva è la
più grande fabbrica di questo paese, perno decisivo dell'intera
struttura industriale e quindi di interesse per tutta la classe
operaia del nostro paese. E all'Ilva gli operai devono vincere,
padroni, Stato, governo e loro complici devono perdere.
Questo
è stato affermato dalla Rete con un presidio di compagni provenienti
da Torino, Milano, Bergamo, Marghera, Ravenna, Roma, Napoli, Bari,
Palermo Sicilia.
L'Ilva
ha fatto trovare sbarrata la sua Direzione protetta da un imponente
schieramento di polizia, carabinieri, guardia di finanza, polizia
provinciale, temevano l'iniziativa della Rete e si sono messi al
sicuro qualunque fossero i numeri di essa.
I
rappresentanti che sono venuti rappresentavano tanti compagni e
compagne, organismi che contro le morti sul lavoro e da lavoro la
battaglia la stanno facendo realmente e quotidianamente; non si
limitano ai comunicati, al chiacchiericcio da internet, ma ci mettono
l'impegno in ogni occasione. E la Rete è la realtà che lotta su
questo più conosciuta in tutto il nostro paese. La Rete è una rete
militante, di combattimento che lavora dall'alto e dal basso per
costruire la forza materiale, unitaria e di massa, per far pagare ben
oltre le condanne nei tribunali, che noi vogliamo pesanti, ai padroni
assassini il costo dei loro crimini, allo Stato e al governo il costo
politico, contribuendo così alla battaglia generale per mettere fine
all'orrore senza fine della produzione per il profitto del capitale
sulla pelle dei lavoratori e delle masse popolari.
Davanti
alla Direzione, assediata da striscioni e bandiere – ognuno con la
sua faccia e la sua bandiera, perchè chi non mette faccia e bandiera
si nasconde dietro i numeri per non fare realmente in prima persona
la battaglia, per non costruire realmente organizzazione in fabbrica
e sul territorio capace di condurre una guerra lunga, legale e non,
su questo fronte - ogni realtà ha portato il suo contributo, sapendo
benissimo che ogni parola detta è una parola data nell'impegno per
proseguire in questa lotta. La delegazione era formata da operai, ma
anche da precari, disoccupati, studenti dei collettivi universitari
provenienti da Napoli e studenti di Palermo, organizzazioni
sindacali, Usi da Roma e da Milano, Slai cobas per il sindacato di
classe, FMLU Borsch da Bari - mentre l'USB di Taranto ha partecipato
ad uno dei presidi alla fabbrica e all'assemblea ai Tamburi - che
hanno portato un contributo anche specifico alla battaglia generale,
i compagni ambientalisti di Statte hanno portato con decisione la
battaglia in corso anche a Statte, seconda zona inquinata dopo il
quartiere tamburi e hanno fatto appello alla lotta operaia e
popolare, dopo una forte denuncia delle connivenze della politica con
padron riva.
Al
presidio sotto la Direzione ha fatto seguito, dopo un breve corteo,
l'incontro con gli operai alla portineria A cuore in tutti questi
ultimi tempi della lotta alla fabbrica, dove proprio in materia di
sicurezza dopo la morte dell'operaio del Mof Claudio Marsella si è
verificato lo sciopero prolungato dei suoi compagni di lavoro e il
presidio per circa 15 giorni, ma anche dove si è sfondata la
portineria per entrare in fabbrica in massa il 27 di novembre, dove
vi è stato un duro raffronto con la fabbrica militarizzata in
occasione della visita di Clini, e anche dove i cassintegrati hanno
fatto iniziative e presidi di lotta per dire No alla
cassintegrazione.
Qui
l'iniziativa della Rete si è fatta partecipata, convulsa,
combattiva. Operai della Dalmine e Technimont di Bergamo e studenti
dei collettivi di napoli hanno tenuto dei veri e propri comizi
ascoltati e applauditi da consistenti gruppi di operai, così molto
importanti è stato l'intervento del rappresentante dell'Istituto
Tumori di Milano che ha denunciato come siano molti gli operai e
cittadini che vengono a Milano perchè colpiti dalla malattia e
questo li fa molto sensibili alla battaglia all'Ilva di Taranto - non
è mancato chi ha contestato a difesa di padroni e sindacati
l'iniziativa in corso, restando però isolato. Gli operai dell'Ilva
hanno visto per la prima volta realmente che ci sono realtà
organizzate in tutt'Italia che sostengono la loro lotta, e non per
sentito dire, per atto dovuto, ma venendo all'Ilva a confrontarsi con
loro. Nello stesso tempo i compagni e gli organismi partecipanti
hanno potuto toccare con mano la grandezza, durezza, difficoltà
della situazione per gli operai dell'Ilva oppressi dal ricatto
occupazionale, spesso assediati mediaticamente dall'ambientalismo che
li vede solo come vittime o fantasmi.
Anche
a questa portineria polizia e forze dell'ordine sono stati presenti
in numero esorbitante, pronti in qualche maniera ad intervenire ove
la situazione si scaldasse ulteriormente.
Tutto
questo mentre si è entrati anche dentro la portineria con il
megafono e si moltiplicavano le discussione delle compagne, degli
operai, studenti della Rete con gli operai, aumentando la conoscenza
reciproca e fornendo ad ognuno una visione più esatta e reale della
situazione.
E'
stata un'iniziativa senza precedenti per l'Ilva di Taranto, i cui
segnali e indicazioni dovranno essere misurati nelle prossime
settimane.
Di
qui l'iniziativa si è spostata al quartiere Tamburi e prima di tutto
al cuore nero di esso, il cimitero, dove non solo chiaramente si è
consumata in questi anni la tragedia dei morti operai e dei morti da
tumore da inquinamento dei cittadini, ma dove sta il luogo di
maggiore inquinamento della città, con i lavoratori cimiteriali che
pagano essi stessi un duro costo di questo lavoro all'aperto, a cento
metri dai parchi minerali che ha visto due loro compagni di lavoro
morire di tumore, mentre tutti sono sotto la costante minaccia di
malattie.
Qui
in un silenzio rotto solo dall'intervento del rappresentante della
Rete si sono uniti ai manifestanti tutti i lavoratori del cimitero e
alcuni familiari di operai morti all'Ilva guidati dal Comitato
vittime del lavoro 12 Giugno. Poi una delegazione nazionale con il
Comitato 12 giugno ha raggiunto all'interno del Cimitero la stele che
ricorda le vittime del lavoro, imposta alle istituzioni locali dalla
lotta e pressioni del Comitato, dei familiari; qui il presidente del
Comitato ha raccontato la storia della loro mobilitazione e l'impegno
costante a mantenere viva la memoria dei lavoratori morti in una
situazione difficile, in cui spesso dopo i primi periodi si è
lasciati soli in questa battaglia; una rappresentante nazionale e
locale della Rete ha ricordato i tre operai morti all'Ilva negli
ultimi 4 mesi, le cui foto avevano campeggiato davanti alla Direzione
e a tutte le portinerie durante tutta l'iniziativa.
Odioso
e vergognoso è stato l'attitudine dello Stato e delle forze
dell'ordine in questa situazione, anche il cimitero è stato
assediato dai blindati dei carabinieri, ma non solo questo, sin dal
mattino gli uomini della Digos avevano cercato di intimidire i
lavoratori del Cimitero, detto loro che non avrebbero dovuto far
entrare le persone partecipanti alla manifestazionedella Rete, e
anche nel momento in cui la delegazione è entrata hanno cercato
arrogantemente ma inutilmente di impedirlo.
Infine
ci si è ritrovati in circa 120 persone nell'assemblea ai Tamburi.
All'assemblea si sono aggiunti diversi cittadini e lavoratori del
quartiere, massicciamente presenti i lavoratori cimiteriali, i
disoccupati e precari organizzati nello slai cobas per il sindacato
di classe e quella parte delle forze ambientaliste, sindacali e
politiche che rompendo il silenzio e il tentativo di isolare la
manifestazione hanno aderito e portato il proprio contributo.
L'assemblea
ha visto decine e decine di interventi, in cui rappresentanti
nazionali della Rete e di altre realtà nazionali, operai, cittadini
e realtà locali si sono alternate in un sostegno e dialogo che
mirava a rendere forte questo legame di lotta. Un'assemblea niente
affatto rituale e niente affatto ripiegata sul locale.
Essa
infatti si è aperta con l'intervento dell'avvocato Bonetto del foro
di Torino, appena giunto dall'ultima udienza del processo di appello
della Eternit, dopo la recente sciagurata conclusione del processo di
appello Thyssen - dove però nel primo grado si era raggiunto un
grande risultato – processi che la Rete sostiene e a acui partecipa
da sempre. L'Avv. Bonetto ha fornito il quadro di quello che è
successo e sta succedendo nei processi Thyssen ed Eternit e di come
operai e familiari stanno affrontando, partecipando in prima persona
a questi processi. E qui ha lanciato il suo allarme: padron Riva non
è come la Thyssen ed Eternit che erano fabbriche in chiusura o già
chiuse; qui la fabbrica è aperta, il padrone è potente e ha dietro
l'insieme del sistema dei padroni, ben deciso a contrastare in tutti
i modi l'inchiesta, il processo e pronto a mettere forza economica,
politica e istituzionale per non dare giustizia e risarcimenti a
operai e familiari e per salvaguardare proprietà e profitti. Ma
questa battaglia pur essendo più dura deve essere combattuta anche
nei processi, e l'arma principale è la partecipazione di massa a
sostegno di un esito di giustizia vera. L'avvocato ha messo a
disposizione la sua esperienza in questa lotta e il suo impegno
legale nel processo contro l'Ilva di Taranto, ed è stato molto
apprezzato dai lavoratori e cittadini presenti.
Sono
stati il rappresentante degli operai del Mof e un operaio dell'Ilva
che è anche abitante attivo del quartiere Tamburi ad aprire poi la
parte più pienamente assembleare dell'iniziativa.
Si
è tratta di quella parte degli operai che considera centrale la
lotta in fabbrica e si unisce in prima fila alla lotta del quartiere
e dei cittadini, contro chi invece attivamente usa in questa città
ragioni giuste di lotta per la salute per negare la lotta in fabbrica
e l'unità operai-masse popolari, che poi è unità tra lavoro e
salute. Gli operai hanno duramente attaccato i sindacati confederali
complici di padron Riva, che firmano accordi come quello del MOF che
sono concausa della morte in fabbrica dell'operaio Claudio Marsella e
riaffermato che bisogna organizzare la lotta e il sindacato di classe
in fabbrica come strumenti indispensabili per vincere.
E'
difficile riassumere in un resoconto tutti gli interventi. Nelle
prossime settimane nessuna delle cose dette in questa assemblea
saranno trascurate perchè da ognuno di questi interventi sono venuti
contributi e indicazioni.
Segnaliamo,
in particolare, gli operai di Marghera che hanno raccontato che
quando a Marghera vi è stata una situazione simile a quella di
Taranto e hanno chiuso la fabbrica, sono stati gli operai a pagare e
basta e che chi vuole chiudere le fabbriche non vuole salvaguardare
nessuna salute ma solo colpire la classe operaia. Gli studenti di
Napoli del collettivo policlinico che hanno raccontato del loro
studio per dimostrare come anche del non lavoro ci si ammala e si
muore, e che hanno demistificato l'uso tendenzioso dei dati; a questo
si è aggiunto l'intervento del compagno di Clash City Workers che ha
parlato dell'esperienza di Bagnoli dove alla chiusura della fabbrica
ha corrisposto un ulteriore disastro ambientale, disoccupazione,
speculazione e camorra e che ha portato la necessità di unire le
lotte come arma dei proletari per rafforzarsi e vincere.
Ogni
realtà della Rete, dalla Sicilia a Bergamo, da Ravenna a Milano, ha
raccontato le battaglie in corso nelle loro realtà sugli stessi
temi; è stato letto i messaggi dei familiari dell'Eureco, di Paderno
Dugnano ed è stato raccontato ciò che avviene a Gela o al porto di
Ravenna o nella altre fabbriche siderurgiche.
La
Lega ambiente di Taranto ha analizzato le ultima fasi della vicenda
dell'Aia denunciando con dovizia di particolari che pur essendo essa
insufficiente i padroni dell'Ilva non la stanno applicando, stanno
cercando ancora una volta di fare i furbi e di ingannare operai e
cittadini. Per Taranto Futura ha parlato il magistrato Nicola Russo,
promotore del referendum del 14 aprile, spiegandone il suo carattere
consultivo, il suo non voler porre come obiettivo la chiusura
dell'Ilva ma essere uno strumento in mano ad operai e cittadini per
fare pressione su proprietà, Stato e governo per cercare le
soluzioni necessari alla tutela del lavoro e della salute.
Un
ex operaio, quadro storico dell'Ilva di Sinistra critica ha fatto un
vibrante intervento, dicendo basta alle false soluzioni, perchè
questa battaglia anche con l'utilizzo massimo delle nuove tecnologie
si può vincere, ma ci vuole una lotta, una grande e vera lotta, che
nonostante le grosse mobilitazioni che si sono tenute fatica a
realizzarsi.
Operai
e cittadini hanno ascoltato, applaudendo, con estrema attenzione
tutti gli interventi per prenderne il massimo che possa servire
all'organizzazione e alla lotta, cogliendo il senso dell'azione della
Rete che è quella di dare più strumenti agli operai e cittadini
autorganizzati per fare la battaglia, e di metterli in relazione con
tante altre realtà simili di fabbriche dove si muore, di siti
inquinanti, per fare questa battaglia a livello nazionale, perchè
massiccia in questa lotta è l'azione che nazionalmente gli avversari
stanno facendo, con il decreto salva-Ilva del governo, con la
militarizzazione della fabbrica, con i vertici associati di Roma di
Confindustria, Federacciaio, ministri e sindacati confederali, il cui
unico scopo non è di dare lavoro sicuro, sicurezza e salute agli
operai e ai cittadini, non è di mettere fine alla Taranto in
emergenza ambientale e sanitaria, ma quella di studiare palliativi
per salvaguardare il sistema del profitto.
La
Rete con il suo documento finale, approvato dall'assemblea, ha
tradotto la sfida lanciata in una piattaforma semplice e lineare che
possa essere di sostegno, di unità e riferimento a chi sulla
questione Ilva, dalla fabbrica alla città, a livello nazionale si
sta impegnando, legando questa piattaforma alle battaglie storiche
che la Rete sta facendo sin da quando è nata e che ha portato nelle
fabbriche, sul territorio con iniziative, manifestazioni verso
tribunali, istituzioni per armare di obiettivi precisi la lotta per
la sicurezza sul lavoro, chiave della stessa lotta per la salute in
fabbrica e sul territorio.
Ed
è stato il rappresentante del Comitato per le vittime del lavoro 12
giugno che ha concluso l'assemblea gridando indignazione e rabbia per
gli operai uccisi due volte in fabbrica e nei tribunali, dalle
istituzioni, una rabbia ed indignazione condivisa da tutta
l'assemblea che ha raccolto il messaggio di impegno militante che
deve divenire di massa contro i padroni assassini per difendere
realmente salute e lavoro degli operai in fabbrica come delle donne e
dei bambini dei quartieri.
rete nazionale per la sicurezza e salute in fabbrica e sul territorio
bastamortesullavoro@gmail.com
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22 marzo 2013
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