Mentre il paese affonda tra le bastonate tecniche ed il normale
“scandalo” dell’ingiustizia e della corruzione capitalista, politicanti e
sindacalisti si scambiano parti e ruoli nell’attesa messianica di un
qualche autunno riscaldato, in cui più che ad un autunno caldo, assistiamo ad una minestra riscaldata
condita dai soliti riti scadenzisti, in attesa della full immersion
elettorale,
puntuale come la stagione autunnale, arriva la mega manifestazione nazionale che si vorrebbe starter di ogni stagione politica, sostituzione virtuale e miccia dell’agognato “autunno caldo”, vera e propria istituzione plurigenerazionale, processione al santo movimento.
15-27 ottobre: dove eravamo rimasti?
Eravamo rimasti ad una discussione nemmeno cominciata, e quindi non
affrontata, e tantomeno risolta intorno allo strappo del 15 ottobre
2011.
Dato per assodato che non è la forma della lotta che ne determina il
contenuto rivoluzionario, avevamo valutato positivamente la rottura del
pantano ecumenico-elettorale in cui si voleva infilare quel corteo di un
anno fa, irritando quanti volevano cammellare gli “indignados” italiani
e traghettarli verso ipotesi e raggruppamenti paraparlamentaristici.
Si irritarono al punto da spingersi alla delazione aperta contro gli
“sfasciacarrozze” ed alla desolidarizzazione dopo gli arresti.
Se da un lato quindi si accusavano i “black” di non rispettare le regole
dei cortei, dall’altro, spesso, si approdava all’esaltazione del puro
gesto estetico rivoltoso, immediato quanto senza prospettive e risultati
politici.
In definitiva, tra le varie anime del movimento si sono ancora più
alzate le storiche barriere che ne hanno, da sempre, impedito qualsiasi
serio ragionamento sulla fase e sul che fare, sul come, quando, e
perché scendere in strada, sugli obiettivi politici da darsi,
sull’attrezzatura di difesa dei cortei, e fors’anche sulla validità
odierna di taluni strumenti di agitazione e protesta.
Gli orticelli, sempre piu’ rinsecchiti, hanno avuto ancora una volta, la
meglio, sulla necessità di una ampia e sincera discussione tra compagni
che pure qualcuno ha tentato di iniziare.
Oggi, a un anno di distanza, quasi nella stessa data, senza aver
chiarito nulla, gli stessi organizzatori di allora, riindicono la stessa
manifestazione, con le stesse parole d’ordine, sul medesimo percorso, e
con la stessa pretesa di blindare ed uniformare sensibilità e
comportamenti diversi sotto l’egida ecumenica delle mani vuote e del
volto scoperto.
A guardar bene, però, dopo un anno, la differenza c’è, e si vede ad occhio nudo.
La differenza è il ruolo che svolgono la Fiom, ed il portavoce dei
no-debito Cremaschi, attivamente impegnati ad utilizzare il corteo del
27 ottobre come uno dei mattoni nella costruzione del novello
raggruppamento politico-elettorale in formazione con i.d.v.-a.l.b.a.
etc.
Ma il nostro mattone è un altro, e serve alla costruzione dell’organizzazione autonoma e di classe!
Comunisti per l’organizzazione di classe
combat
proletari comunisti
Contro il governo Monti
con lo sciopero generale, con
l'assedio di parlamento e governo, con il blocco dei posti di lavoro e
delle città.
Il governo Monti è peggio del governo Berlusconi, è una dittatura
tecnica moderno fascista che attacca senza remore salari, lavoro,
condizioni di vita della classe operaia e delle masse popolari.
Questo governo può essere rovesciato non con pacifiche manifestazioni di sabato
Questo governo non ci sarebbe stato se il 15 ottobre 2011 si fosse fatta la scelta giusta di fare pesare la forza delle masse, ma la componente opportunista e controrivoluzionaria nel movimento di
opposizione invece che attaccare il governo, preferì combattere e
isolare i ribelli, consegnandoli alla polizia e alla repressione, con la
posizione di prima fila del cobas confederazione di Bernocchi.
Ora per il 27 si vorrebbe riprendere la vecchia strada con una nuova manifestazione innocua per il governo Monti.
Chi vuole un'altra strada, la deve organizzare e praticare ben oltre il 27.
Proletari comunisti - PCm Italia
14 ottobre 2012
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