Schiavi
Schiavi.
Importiamo schiavi. Neppure chiamati per nome, ma con sprezzanti
appellativi: Hamid era Grosso; un altro Hamid era Occhi di gatto;
Mohammed era Saddam Hussein; Hamed veniva chiamato Magro; Mustafà,
Serpente; Kassem, Cassetta; poi c’era Arbi che era Vigo, il nome
del cane del padrone.
Nell’azienda
agricola “Bruno Lazzaro”, una tenuta a circa un chilometro e
mezzo da Castelnuovo Scrivia per Tortona, a ridosso dell’autostrada
Milano – Genova, ad una quarantina di lavoratori marocchini
immigrati – trenta uomini e dieci donne - mancavano solo le catene:
orari di lavoro spaventosi, fino a 13 – 14 ore al giorno, domeniche
e festivi compresi; lavoro nero e irregolare; ricatti ed estorsioni,
fino a 2.500 euro versati direttamente al padrone, per il rinnovo dei
permessi di soggiorno; salari ridotti all’osso, 200-300 euro di
soli acconti per circa 300-350 ore di lavoro mensili; terribili
condizioni lavorative, costretti a raccogliere ortaggi, sotto il
solleone estivo, senz’acqua –al massimo c’era quella delle
cannette per l’irrigazione – con il cibo che si portano da casa
sulle loro biciclette, senza guanti, senza scarpe da lavoro…
Anni
di lavoro degradante, anni di dolore e di rabbia.
Venerdì
22 giugno, ore 6.00 del mattino, un giorno come tanti, senza paga e
senza una lira in tasca.
Inizia
la rivolta.
Per
la prima volta nella loro vita, i migranti incrociano le braccia,
pronunciano la parola “sciopero”. Da soli. Poi chiamano noi.
Sei,
otto, dieci anni di supersfruttamento, senza che nessuno si
accorgesse di loro, di quegli invisibili, “bestie da lavoro”
nelle campagne o confinati in polverosi capannoni, dove neppure si
respira, a impilar cassette d’ortaggi per la grande distribuzione
che poi rivende nei suoi supermercati, a prezzi decuplicati.
La
rivolta diventa aperta, gli invisibili diventano visibili a tutti.
Allestiscono
un presidio di tende e di frasche nei pressi della cascina, dietro al
guard-rail, sulla statale per Tortona dove sfrecciano incuranti
macchine e camion; istituiscono una Cassa di Resistenza per tirare
avanti, chiedono l’aiuto del sindacato Cgil, di associazioni, di
partiti, di cooperative sociali.
Serve
tutto: cibo, vestiario, aiuti.
Sono
giorni di forte tensione, tra picchetti degli scioperanti, invasioni
dei campi per bloccare i crumiri, blocchi stradali e delle merci,
denunce.
Un
primo accordo sindacale tra la Cgil e la Cia (Confederazione italiana
agricoltori) viene stracciato dal padrone, quando, da Brescia, fa
arrivare una cooperativa di raccoglitori indiani, la “Work
Service”, un’azienda di presunti cottimisti che si alzano alle
quattro del mattino per essere nelle campagne castelnovesi alle prime
luci dell’alba.
E
alla data del 31 luglio, in modo pretestuoso, quattordici lavoratori
marocchini vengono messi alla porta.
Licenziamento
verbale. Motivazione ufficiale: scadenza del contratto.
Ma
il contratto non esiste, quello prodotto dal padrone all’Ispettorato
del Lavoro, reca firme falsificate, come pure le buste paga dell’anno
in corso.
Hamid
controlla il suo passaporto. Non riesce a crederci: le buste paga
portano una firma vagamente simile alla sua, solo che lui, in quel
periodo, non era a lavorare, e neppure si trovava in quel di
Castelnuovo Scrivia, era al suo Paese, in Marocco!
Cresce
rabbia e tensione.
In
mezzo ai campi di pomodori, in quei giorni, qualcuno avrebbe voluto
lo scontro tra disperati – marocchini contro indiani – un ritorno
al futuro.
Senza
riuscirci.
Sono
giornate vissute attraverso la lotta, la lotta che rivendica ed
afferma, attraverso gli scioperi, i blocchi, le manifestazioni di
resistenza all’arroganza padronale.
Sono
giornate vissute anche con la rottura degli schemi e delle prudenze
imposte da una pratica sindacale inadeguata per il mondo migrante.
Venerdì
3 agosto. Una bella e grande manifestazione sindacale, come non si
vedeva
da
anni per entusiasmo e partecipazione, ha attraversato la città di
Alessandria, con in testa i braccianti della “Lazzaro”, dietro lo
striscione “No sfruttamento, no schiavismo”.
Dopo
un primo sit-in davanti alla Prefettura, il corteo ha raggiunto la
sede della Cia. “Schiavi mai”, “Giustizia, giustizia!”,
“Lazzaro vergogna, Cia vergogna”, gli slogan più gridati durante
il percorso e nel secondo sit-in sotto le finestre dell’
associazione padronale di “sinistra”.
Parte
una campagna di boicottaggio contro i supermercati Bennet, tra i
principali clienti dei Lazzaro. Grande scandalo, i pennivendoli del
padrone si stracciano le vesti, i più moderati sostengono che la
campagna danneggia gli stessi braccianti marocchini.
Niente
di più sbagliato: Lazzaro ha già deciso, nei suoi campi lavorano
solo gli indiani della “Work Service”, che da dodici qual’erano,
sono ormai diventati una trentina.
Quattordici
lavoratori, i Lazzaro li avevano già messi fuori a luglio. Senza
Bennet!
Manifestazioni,
tavoli in Prefettura, ispezioni della Direzione provinciale del
lavoro e, infine, un’inchiesta della Procura di Torino hanno
portato l’azienda ad alzare nuovamente il tiro, con l’obiettivo
di disfarsi dei restanti lavoratori marocchini.
A
metà agosto compare un cartello incollato con nastro adesivo su un
palo della luce davanti al presidio: “Dal 17 agosto i marocchini
dipendenti dell’azienda agricola Lazzaro Bruno e Lazzaro Mauro
cessano l’attività presso la suddetta azienda e non lavorano più”.
Il
comunicato, scritto con un pennarello nero, viene affisso a pochi
metri da quei campi di Castelnuovo Scrivia, dove i quaranta
lavoratori hanno faticato dal mattino alla sera nella raccolta degli
ortaggi.
Licenziamenti,
con un tocco di discriminazione razziale: il massimo!
Come
nelle piantagioni del primo Novecento, quando non c’erano diritti e
rappresentanze sindacali e tutto dipendeva dalla volontà del padrone
della terra, da un giorno all’altro i quaranta braccianti della
Lazzaro si sono trovati, tutti o quasi, per strada.
Oggi,
la vertenza segna finalmente un primo punto a proprio favore: la
Procura della Repubblica di Torino, che sta indagando sulla vicenda
Lazzaro, ha dato il nulla osta per il riconoscimento dei permessi di
soggiorno ai lavoratori marocchini irregolari a seguito della
denuncia per riduzione in schiavitù.
Un
primo passo importante, anche se la vicenda non può dirsi ancora
conclusa: la scelta della ricollocazione lavorativa solo di una parte
dei migranti, su tutto il territorio provinciale, se dà risposte sul
piano salariale immediato, attraverso borse lavoro della durata di 3
mesi, per 20 ore settimanali, a 530 euro mensili, interamente pagati
dalla Provincia di Alessandria, non dà le stesse garanzie sul piano
delle future garanzie occupazionali in termini di continuità.
Dopo
oltre tre mesi dalla rivolta, restano sul terreno molti nodi
irrisolti, che vanno dalla violazione sistematica degli accordi
sindacali, ai licenziamenti verbali, alle vertenze aperte per il
recupero dei salari arretrati, alle attività e agli scritti relativi
alla discriminazione razziale, alle varie denunce penali per le
infrazioni delle leggi sull’immigrazione nei confronti dei Lazzaro.
I
braccianti marocchini della “Lazzaro”, che hanno alzato la testa,
oggi rappresentano un utile esempio per tutti i braccianti della
Bassa Valle Scrivia: meno “nero”, più assunzioni, più controlli
sulle condizioni lavorative, maggiore coscienza dei propri diritti.
Per
questo, il Presidio permanente – realtà autorganizzata scaturita
da questi 74 giorni di lotta – sta allargando il proprio raggio
d’azione.
Da
giovedì 13 settembre, e per ogni giovedì, alle ore 18.00, in una
saletta messa a disposizione dal Comune di Castelnuovo Scrivia, ha
preso avvio uno sportello
legale, che, con
l’ausilio di avvocati e mediatori culturali, intende dare prime
risposte ai migranti della nostra zona per la “sanatoria 2012”, e
non solo; al sabato, sempre a Castelnuovo, ha ripreso la propria
attività lo sportello
migranti che si occupa
di redigere materialmente le domande di sanatoria.
E’
un’esperienza importante, destinata certamente a produrre
risultati.
Giovedì
13 settembre e in quelli successivi, erano circa un’ottantina i
migranti che, al termine del loro lavoro, attendevano nel cortile del
palazzo comunale, il loro turno per parlare con i nostri legali.
In
Bassa Valle Scrivia, è nata una nuova “primavera”, un movimento
nuovo, cresciuto dal basso. I migranti che lavorano nei campi,
nell’edilizia, nelle fabbriche, nei servizi, sono ben coscienti dei
loro diritti, vogliono il rispetto della loro dignità di donne e di
uomini nel lavoro e nella vita.
E’
un movimento che ha bisogno di sostegno, di solidarietà e di
partecipazione di tutti, italiani e non.
Questo
è il futuro del mondo.
Non
lasciamoli soli, non lasciateci soli!
Sostieni
la Cassa di resistenza a favore dei braccianti della “Lazzaro”.
Il numero di conto postapay è il seguente: 4023600623581008
Antonio
Olivieri
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