Violenze nel Cie di Trapani
contro gli immigrati in attesa di trasferimento
Tentativi di
fuga sedati col getto degli idranti e col lancio di lacrimogeni all'interno del
cortile, e immigrati contusi, che mostrano le ferite alla telecamera. Sono le
immagini rubate da un telefonino di un migrante dentro il Cie (Centro di
identificazione ed espulsione) di Milo, alle porte di Trapani, una struttura
aperta nel 2011, pubblicato dal quotidiano Repubblica.
Nel video si
vedono immigrati costretti a mangiare a terra tutti i giorni, perché la mensa c'è ma non è mai
stata usata per paura che una rivolta usi i tavoli e le sedie. Matite e penne
sequestrate, le camerate perquisite continuamente. Nel tentativo di uscire le
persone recluse sono disposte a ingerire pile elettriche e lamette, e arrivano
persino a cucirsi le labbra, gli occhi, in un gesto estremo di protesta.
All'ingresso
nella struttura, spiega Repubblica, le forze dell'ordine costringono i
migranti a rompere
la telecamera del telefonino, una pratica già denunciata a LaPresse
anche dai migranti del Cie di Torino. E anche la pratica di cucirsi labbra e
occhi è già stata documentata a Torino, mentre quella di ingerire pile e
lamette è ormai così diffusa che neanche viene più registrata dalle cronache.
All'origine
di tutto la permanenza fino a 18 mesi dentro una struttura detentiva di persone non
accusate di alcun reato, che sono lì per essere identificate ed espulse. Ma
nelle quali sono frequenti i casi di chi, in Italia da anni, finisce dentro per
un problema amministrativo. Come quello, documentato da Repubblica, di
Klay Aleya, arrivato regolarmente in Italia nel 1988. Residente a Nettuno, alle
porte di Roma, nel 2009 ha fatto richiesta di rinnovo del permesso. Ma la
macchina burocratica per lui si è inceppata, ad oggi aspetta ancora una
risposta. E' stato fermato e portato al Cie di Ponte Galeria a Roma per poi
essere trasferito nel nuovo Cie di Trapani. O quello di un croato di 61 anni
scappato in Italia ai tempi della guerra nella ex Jugoslavia, e che là risulta
morto.
Dietro le
sbarre in attesa di una espulsione impossibile. Le immagini recuperate da Repubblica
mostrano persone arrampicate sul recinto metallico esterno che, tentando la
fuga, a 5 metri di altezza, vengono colpite dal getto degli idranti delle forze
dell'ordine che cercano di bloccarli, rischiando di farli cadere di sotto.
All'origine della rivolta, denunciano gli stessi migranti, uno di loro colpito
da una manganellata, che mostra alla telecamera l'occhio tumefatto. Fuori dal
recinto, a due passi dall'autostrada, i segni della rivolta: scarpe perse nella
fuga, indumenti, frammenti di suppellettili.
11 giugno
2012
Redazione
Tiscali
Nessun commento:
Posta un commento