3 aprile - slai cobas per il sindacato di classe alla fiat sata per sostenere il rientro degli operai fiat sata licenziati - per preparare una iniziativa nazionale -per costruire la rete e il fronte operaio contro il fascismo padronale
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dalla gazzetta del mezzogiorno
Melfi, operai licenziati«Servono i carabinieri per convincere la Fiat»
• Fiom: la Fiat «arrogante» contro gli operai licenziati
di FRANCESCO RUSSO
MELFI - C'è chi invoca - come il senatore Di Pietro - l’intervento dei carabinieri per far rispettare una sentenza della magistratura, e c'è chi si sofferma sui pericoli derivanti dalla modifica dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori: a dare lo spunto, sono le motivazioni della decisione della Corte di appello di Potenza sul ricorso presentato dai legali della Fiom, per ottenere il reintegro dei tre operai della Fiat di Melfi licenziati nell’agosto di due anni fa. Quella sentenza, emessa il 23 febbraio scorso, era a favore di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, ma i tre ad oggi non sono ancora rientrati in fabbrica. Si attende, nel frattempo, la contromossa dell’azienda, che già al momento della lettura della sentenza aveva annunciato che avrebbe presentato ricorso in Cassazione.
«Per eseguire la sentenza di reintegro degli operai della Fiat di Melfi dovrebbero intervenire i carabinieri», commenta il leader Idv, Antonio Di Pietro, secondo il quale «la Fiat sta clamorosamente violando le norme con l’arroganza di chi si ritiene al di sopra della legge».
«Le motivazioni della sentenza dei giudici di Potenza - sostiene Cesare Damiano, capogruppo Pd nella commissione Lavoro di Montecitorio - dimostrano quanto sia necessario mantenere alta la guardia sul tema dei licenziamenti, perché il rischio di attività antisindacali o di licenziamento discriminatorio mascherato, è molto alto».
«Le sentenze vanno rispettate - ammonisce il presidente dei Senatori Idv, Felice Belisario - e le motivazioni della Corte d’appello di Potenza non lasciano spazio ad interpretazioni: la Fiat deve disporre subito il reintegro dei tre operai di Melfi ingiustamente licenziati. È ormai evidente - aggiunge - la condotta antisindacale dall’azienda, così come è indiscutibile che negli stabilimenti del Lingotto vengono calpestati i diritti dei lavoratori.
Il Governo - dice ancora Belisario - non può rendersi complice di Marchionne, che si atteggia a padrone delle ferriere invece di rispettare i propri impegni sul piano occupazionale e industriale. Barozzino, Lamorte e Pignatelli devono tornare a lavorare, ho portato il loro caso in Senato e mi batterò ancora dentro e fuori il Parlamento perché gli iscritti Fiom non siano oggetto di discriminazioni.
Il Ministro Fornero - conclude - si impegni per garantire che la Fiat ripristini il rispetto della dignità dei lavoratori e delle tutele di legge».
Secondo il capogruppo Sel nel Consiglio regionale della Basilicata, Giannino Romaniello, «le motivazioni della sentenza dei giudici di Potenza che rigettano la tesi della Fiat sul licenziamento di Barozzino, Lamorte e Pignatelli, sono la riprova, questa volta giuridica, che per evitare gli abusi nei licenziamenti c'è solo uno strumento da prevedere: il reintegro.
Le parole dei magistrati - continua - sono sufficienti a spiegare l’arrogante comportamento della Fiat, perché i licenziamenti rappresentano, come è scritto nel dispositivo della sentenza, nulla più che misure adottate per liberarsi di sindacalisti che avevano assunto posizioni di forte antagonismo. Credo che la sentenza - prosegue - sia una lezione per quanti si attardano a difendere la proposta del Governo Monti sull’articolo 18. È sin troppo evidente che con la proposta sul mercato del lavoro si apra la strada ai licenziamenti facili».
Fiat Melfi ancora bloccata ma trenta autotreni escono dalla fabbrica
MELFI - La Fiat di Melfi è ancora bloccata, a causa dello sciopero degli autotrasportatori che dura da oltre un mese, anche se ieri - nel giorno del primo incontro che si è tenuto a Milano tra i bisarchisti italiani ed i committenti delle case automobilistiche - una trentina di veicoli di proprietà aziendale sono riusciti a lasciare lo stabilimento lucano dopo aver caricato le vetture. Si tratta, comunque, di una vertenza in piena evoluzione. E non è detto che la situazione si sblocchi nelle prossime ore.
Lo stato di agitazione dei bisarchisti, ricordiamo, era iniziato lo scorso 20 febbraio, per richiedere l’applicazione delle tariffe previste dal contratto nazionale di categoria. Ai trasportatori, ad oggi, le ditte committenti accordano 90 centesimi di euro a chilometro percorso, mentre la richiesta - di arrivare almeno ad un un euro e 20 centesimi. La protesta dei bisarchisti sta interessando tutto il territorio italiano. In Basilicata, in particolare, lo sciopero promosso dal sindacato «Trasportiuniti» ha creato grossi problemi alla Sata di San Nicola di Melfi e ad una ventina di aziende dell’indotto Fiat. Circa 25 mila auto si sono accumulate davanti ai piazzali dello stabilimento, per l’impossibilità di trasportarle verso le concessionarie. I manifestanti, che hanno mantenuto un presidio permanente, hanno impedito anche agli autisti degli automezzi di proprietà aziendale di entrare nello stabilimento Sata per caricare le auto. Proprio per questo, la direzione della Fiat di Melfi ha interrotto le produzioni da alcuni giorni, invitando gli operai a rimanere a casa.
La ripresa del lavoro è prevista per il 3 aprile, anche perché, per la settimana prossima era stata già prevista la cassa integrazione, per problemi legati all’andamento del mercato. Sul punto, però, interviene il segretario della Fiom-Cgil lucana, Emanuele De Nicola. «La Fiat - dice il sindacalista - dovrebbe coprire con gli ammortizzatori sociali queste giornate di «senza lavoro» per lo stabilimento di Melfi, dovute allo sciopero dei bisarchisti, per evitare ulteriori perdite di salario agli operai e cancellare quindi la cassa integrazione già prevista per la prossima settimana». In questo mese, del resto, gli operai della Fiat di Melfi hanno lavorato ben poco, fra blocco degli autotrasportatori e giornate di cig. Secondo le previsioni, per i metalmeccanici della Fiat lucana ci saranno perdite in busta paga pari a quasi il 50 per cento. «Se Marchionne lamenta la perdita di 20 mila autovetture a causa della protesta dei bisarchisti - evidenzia De Nicola - allora è possibile tornare al lavoro la prossima settimana, spostando quella cassa integrazione ai periodi di «senza lavoro» di questi giorni, e salvando così lo stipendio degli operai». Analoga, - la situazione delle fabbriche dell’indotto Fiat.
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