lunedì 26 marzo 2012

pc 26 marzo - QUANDO IL CARTELLINO NON TIMBRERA’ PIU’

“Voi parlate, ma decidiamo noi”. Questo governo mostra ormai senza veli la sua natura di governo di “dittatura tecnocratica”, che azzera anche le minime regole della loro democrazia borghese, sentendosi in diritto, per sua natura, di non dare conto a nessuno (dato che non è stato eletto da nessuno).
Il governo Monti ha scelto la strada del disegno di legge per la riforma del mercato del lavoro, strada che normalmente prevede la possibilità di modifiche in sede parlamentare, ma di fatto la blindatura imposta è peggio di un decreto legge. Questa scelta è motivata solo dall’esigenza di attenuare l’impatto della controriforma e cercare di impedire una risposta forte di lotta.

Un loro timore che può diventare realtà:
cosa pensano che succederà quando, tolto il freno dell’art. 18 e avendo le aziende la libertà di licenziare, tanti operai si troveranno da un giorno all’altro bloccato il loro cartellino?
Cosa pensano che succederà quando migliaia di operai, ora in cassintegrazione straordinaria, saranno licenziati prendendo solo per 12 mesi una misera indennità?

Non è un caso che nel dibattito, negli interventi, interviste che si stanno susseguendo in questi giorni, lo “spettro” che viene sempre più evocato con timore è una risposta degli operai, lavoratori che vada oltre gli scontati e controllati scioperi della cgil.
Hanno iniziato Sacconi e Maroni con una lettera ai giornali in cui ricordando Marco Biagi, paventano un ritorno del “terrorismo”, fino all’intervista di ieri della Camusso alla trasmissione dell’Annunziata che a domanda ha dato una risposta da “mani avanti”: “ma il rischio de ritorno agli anni di piombo non c’è, il principale sindacato italiano manterrà una vigilanza massima per evitare derive violente”.

Ma cosa pensano? Cosa pensa la stessa Camusso? Che bastino le squallide e ipocrite dichiarazioni della Fornero, che ora oltre le lacrime, ha affermato “anche noi abbiamo un cuore e sentiamo fino in fondo il disegno che pesa sulla vita di tante persone…”; per accontentarsi di una opposizione da “guanti gialli”, fatta di banchetti e risate con Monti un giorno e di dichiarazioni “indignate” un altro giorno?

Se il cartellino non timbra più, non si mangia! E la lotta di classe deve essere dura! E non c’entra nulla col terrorismo!
Certo, sappiamo bene che voi chiamate “terrorismo” anche uno sciopero, abbiamo visto che campagna “terrorista” alcuni vostri giornali hanno fatto per esempio verso i tre operai/delegati della Fiat di Melfi, a fronte di una lotta sindacale legittima, riconosciuta tale anche dal giudice, sappiamo che lo stesso sindacato è pronto a bollare come “azioni violente” ciò che è necessaria lotta di classe a fronte di una guerra di classe che padroni e governo stanno portando avanti…
Ma la lotta di classe vera, cari signori, non si può fermare con la dittatura tecnocratica.
MC

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