F-35, guerra alla Difesa
Che l'investimento sia passato – almeno sulla carta – da 15 a 10 miliardi, al movimento NoF-35 non interessa proprio. Si è tenuta a Cameri, Novara, la manifestazione per contestare la costruzione dei caccia bombardieri, siglati F-35, a cui ha preso parte un centinaio di persone. Una sfilata pacifica, scortata dalle camionette della polizia, che ha camminato fino all'ex-aeroporto militare del paese, che vede sorgere vicino alle piste d'atterraggio gli hangar di cemento che ospiteranno negli anni prossimi l'assemblaggio dei caccia oggetto di contestazione.
UN INVESTIMENTO ESORBITANTE. Sono due in particolare gli elementi presi di mira dalla società civile che ha presenziato alla giornata di protesta. Il primo, e più significativo, è quello che l'investimento, seppur decurtato di alcuni miliardi, rimane una spesa assurda, inutile, che non porta nessun beneficio a una nazione già sull'orlo dell'incubo recessione.
BUGIE SUL FRONTE OCCUPAZIONALE. L'altro elemento di contestazione è il versante dell'occupazione: i numeri millantati dal dipartimento della Difesa sono insomma una vera e propria bugia. «In questi paesi intorno Novara si è diffusa la convinzione che ci saranno migliaia di posti di lavoro in più. Ma non è vero, non c'è nessuno studio dietro a queste cifre, lo dicono solo per far stare tranquilla la gente» dichiara Carlino Sensolo, coordinatore del Comitato NoF-35 novarese.
E per molti questa di tenere buona la gente è una strategia che funziona: sono pochi infatti i cittadini cameresi tra i manifestanti. «L'occupazione non varierà» continua Sensolo. «Quello che resta invariato, anzi che rischia di crescere, è il costo dell'operazione spalmato su dieci anni».
Fuori budget il costo della costruzione dei capannoni
Lo stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, sarebbe utilizzato anche come punto di manutenzione degli F-35 di tutta Europa.
La questione investimento è ancora complessa. Secondo gli organizzatori, che sono intervenuti più volte al microfono durante la marcia, nel calcolo presentato dal governo non rientra il costo della costruzione dei capannoni destinati a ospitare gli impianti di assemblaggio – appalto gestito dalla società Alenia –, i costi delle royalty destinati alla Lockheed Martin, la società americana proprietaria degli F-35 (e protagonista già di scandali finanziari nell'Italia Anni 70) ma soprattutto il costo della manutenzione dei velivoli una volta assemblati: lo stabilimento di Cameri, infatti, sarebbe utilizzato anche come punto di manutenzione degli F-35 di tutta Europa.
LA ZONA FRANCA CHIESTA DALLA MARTIN. Queste voci porteranno l'investimento, che secondo i fautori del progetto avrebbe dovuto diminuire, a crescere fino a raggiungere i 20 miliardi nei prossimi 10-15 anni. E non è finita. C'è anche il problema dell'extraterritorialità. La Lockheed Martin ha già manifestato l'intenzione di considerare i depositi dove si produrrà la vernice speciale per gli aerei invisibili (una tecnologia militare “sensibile”) una porzione di terreno non soggetta ai vincoli giurisdizionali italiani. Una prerogativa delle ambasciate o, appunto, delle basi militari a tutti gli effetti. Per scongiurare questo destino il movimento NoF-35 ha già previsto nuove manifestazioni di pressione.
Lunedì, 26 Marzo 2012
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