martedì 1 marzo 2011

pc quotidiano 1 marzo - IL 13 FEBBRAIO E' DELLE DONNE, NON DI FASSINO

1 milione di donne che sono scese in piazza il 13 febbraio, la “rivolta di dignità” espressa in tante piazze, non può e non deve avere nulla a che fare con tutti/tutte coloro che il 13 e dopo il 13 stanno usando, strumentalizzando a soli fini elettorali, pro domo le loro politiche parlamentari questa grande mobilitazione delle donne.
Fassino nelle interviste date ai giornali subito dopo il risultato delle primarie, ha dichiarato: “… devo dire che c'e' un ideale legame tra queste primarie e la manifestazione delle donne del 13 febbraio. Si tratta di due scosse positive in una situazione di crisi della politica italiana che non riesce a sbloccarsi… “.
«Le donne — ha rimarcato — sono il 50 per cento della popolazione ma solo il 20 per cento circa delle rappresentanti politiche a tutti i livelli. Una democrazia che rappresenta il 50 per cento con il 20 per cento è una democrazia zoppa. Inizierò a chiedere a tutti i partiti di dare un’adeguata rappresentanza di genere nelle liste per il consiglio comunale e di fare uno sforzo perché siano elette».
E non è il solo, in varie città in questi giorni donne consiglieri, assessori del PD, improvvisamente si stanno danno un gran daffare per fare commissioni di parità, chiedere quote delle donne nei posti istituzionali o in vista di prossime liste elettorali. Usando in maniera squallida un milione di donne per le loro poltrone e per aiutare a “sboccare la crisi della politica italiana…”.
A qualche posto nei comitati di affari della borghesia di qualche “signora”, vogliono ridurre la mobilitazione delle donne!
Noi donne, dobbiamo dire forte, non vogliamo affatto risolvere la loro crisi, non vogliamo essere le stampelle di un sistema capitalista che, al di là del governo che lo rappresenta, significa comunque doppio sfruttamento e oppressione per le donne. Questo è stato già dimostrato, dal governo D’Alema ai governi Prodi, non abbiamo bisogno di altre conferme!
Fassino e il PD di Torino è lo stesso che ha appoggiato, perfino salutato in alcuni esponenti, il piano della Fiat Mirafiori di Marchionne, un piano che per le lavoratrici è doppiamente un attacco alle loro condizioni di lavoro e di vita, ai loro diritti alla salute, alla maternità, alla loro dignità. Che centra con le tante lavoratrici che anche il 13 erano in piazza a dire No al peggioramento delle loro vite?
Le donne scese in piazza il 13 non hanno detto solo via Berlusconi, ma hanno portato una denuncia di tutti gli aspetti di oppressione, violenza, attacco alle condizioni delle donne; ponendo di fatto la necessità - al di là anche della stessa coscienza soggettiva di tante donne che per base sociale e di classe pensano, si illudono di poter ottenere in questo sistema l’emancipazione/libertà/dignità delle donne - che tutta la vita deve cambiare.
Noi avevamo subito prima del 13 posto la necessità della critica della linea riformista, interna ad una logica istituzionale, parlamentare, elettorale delle promotrici della manifestazione e quindi la questione della chiarezza e autonomia di linea, da fare in maniera pubblica ed esplicita.
Su questo occorre smascherare e attaccare l’ipocrisia delle promotrici dell’appello “se non ora quando?” che anche per l’8 marzo continuano a dire di scendere in piazza senza “simboli politici e sindacali” – lo dicono alle altre, evidentemente, visto che loro impongono eccome e in maniera pesante non solo i “simboli” ma la ben più consistente presenza dei loro partiti parlamentari in cui stanno o a cui si riferiscono. Il loro parlare di “autonomia” - per le altre - è evidentemente al solo scopo di lasciare che in altre sedi, e non nelle manifestazioni, nelle lotte , si faccia la politica contro i veri bisogni espressi da quelle manifestazioni.
Ma su questo sia prima che dopo il 13 ci sono state risposte inadeguate anche nel campo del femminismo. Abbiamo sentito posizioni che o deviavano dal problema centrale, o con il discorso che tutte vanno bene purchè donne, facevano rientrare dalla finestra l'interclassismo e quindi il riformismo, e che non ponevano come condizione essenziale per la lotta contro Berlusconi e il sistema fascista, sessista, razzista, la lotta contro la falsa opposizione; fino al fatto di essere passate dalla cacciate delle parlamentari, anche del PD, dal palco nella manifestazione delle donne del novembre 2007 ad un silenzio su presenze sui palchi imbarazzanti, che oggettivamente diviene assenso.
Dopo il 13, abbiamo sentito qualche lamentele sulle presenze e rappresentanza delle manifestazioni da parte delle esponenti del PD, partiti parlamentari e di governo o di esponenti istituzionali, ma con un discorso stonato: quando lo dovevano fare per costruire una linea, una pratica visibilmente alternativa non l'hanno fatto, ora lo fanno ma ponendo troppi distingui con le manifestazioni e mettendo quindi in ombra la positività della grande partecipazione delle donne. Della serie: prima opportuniste, poi estremiste, ma sempre lontane dalla realtà della maggioranza delle donne!
La mobilitazione del 13 è nostra! Non è del PD. Per questo, come abbiamo detto subito dopo il 13, ora occorre costruire insieme, in ogni posto di lavoro, in ogni città, in ogni scuola, dovunque lo sciopero delle donne.

Movimento Femminista Proletario Rivoluzionario
1.3.11







 

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