lunedì 28 febbraio 2011

pc quotidiano 28 febbraio - Fiat Termini Imerese, dopo l'accordo di programma i dubbi di Invitalia sul futuro...

Lo stabilimento di Termini Imerese è attualmente chiuso per una settimana fino al 6 marzo. Gli operai sono in cassa integrazione per l’ennesima volta. Sono in attesa dei risultati concreti dopo la firma dell’accordo di programma sul quale hanno già espresso tanti dubbi; ai loro ora si aggiungono anche quelli dell’amministratore delegato di Invitalia -l’agenzia del governo che ha guidato l’operazione di riconversione - che dice, preoccupato, “siamo solo alla metà dell’opera”, mettendo in dubbio, tra l’altro, la serietà della proposta di De Tomaso che dovrebbe impiegare circa 1000 operai.

Riportiamo l’intervista su Affari e Finanza, l’inserto di Repubblica, di oggi, all’amministratore delegato perché la riteniamo un’utile ricostruzione della vicenda e indica lo stato attuale della questione che smentisce gli “entusiasmi” dei politici sul futuro e mostra la sostanziale inerzia/complicità di Fiom, Fim, Uilm, ecc.

Gli operai devono dunque attrezzarsi PRIMA di arrivare al 1° gennaio 2012 senza aver capito cosa fare…

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Termini Imerese, De Tomaso e le incognite del dopo Fiat

Più di un miliardo di investimento, 3.300 posti di lavoro, sette nuove aziende in sostituzione della Fiat. Il progetto per la riconversione di Termini Imerese è certamente ambizioso. Domenico Arcuri, Ad di Invitalia, è prudente: “in due anni è stato fatto un gran lavoro. Ma siamo solo a metà dell’opera”.

Il problema da risolvere è drammatico: il 23 dicembre 2011 l’ultima Lancia Y uscirà dall’impianto siciliano. Nove giorni dopo, il 1 gennaio 2012, la fabbrica sarà libera. Cesserà il lavoro per 1.509 addetti diretti e 600 indiretti, oltre 2000 posti a rischio, una voragine in un’area economicamente depressa.

Si libererà una fabbrica da 175 mila metri quadrati coperti e quasi 250 mila di aree libere circostanti. Un buco o un’opportunità? “Abbiamo lavorato in questi anni per trasformarla in opportunità – dice Arcuri - e per dimostrare che anche in quell’area del paese si può fare industria in modo proficuo.” Arcuri non lo dice esplicitamente ma è chiaro che la sfida è con gli amministratori delegati del Lingotto che negli ultimi anni, a varie riprese, hanno dichiarato non economico lo stabilimento siciliano. Non perché la qualità della produzione non fosse soddisfacente, anzi. Ma perché la logistica era diventata penalizzante: “Ogni auto prodotta in Sicilia ci costa 1.000 euro in più”, aveva sintetizzato Sergio Marchionne.

All’inizio del 2010 Invitalia è diventata l’advisor dell’operazione riconversione. Racconta Arcuri: “Abbiamo stabilito i paletti, le caratteristiche dell’offerta e di chi avrebbe potuto partecipare. Poi abbiamo sollecitato manifestazioni di interesse in tutto il mondo”. Così sono arrivate 31 offerte. Ne sono state selezionate sette, tutte italiane. La ricerca fuori dai confini nazionali non ha dato risultati. Un’esperienza che sembra dare ragione a Marchionne: è praticamente impossibile convincere gli investitori stranieri a mettere denaro in Italia. Come mai? “Perché i tempi di realizzazione degli investimenti in Italia sono troppo lunghi”, risponde Arcuri. Anche quando il sostegno pubblico sfiora il mezzo miliardo di euro? “I grandi investitori stranieri non inseguono il finanziamento pubblico. Il loro problema non sono i soldi perché non gli mancano certo. Il problema sono esclusivamente i tempi. Quanto tempo è necessario per far rendere un capitale? In Italia troppo perché i passaggi burocratici sono molti. Noi in nove mesi siamo riusciti a produrre la short list dei partecipanti all’investimento e a firmare un contratto di programma con le istituzioni locali. Sono tempi comparabili con quelli stranieri anche se sono un po’ più lunghi. Ma per essere in Italia sono tempi record. Abbiamo messo inserzioni in tutto il mondo, dalla Cina al Brasile. Se alla fine le sette aziende selezionate sono tutte italiane, un motivo ci deve essere”.

Anche tra le aziende italiane che hanno presentato l’offerta, molte non avevano i requisiti. E alcune tra quelle scartate, fanno capire in Invitalia, erano attratte solo dal piatto ricco dei finanziamenti pubblici. Una torta da 450 milioni divisa in tre fette: 100 milioni messi a disposizione dal ministero dello Sviluppo per agevolazioni e incentivi; 200 milioni provenienti dalle casse della Regione Sicilia con le stesse finalità; 150 milioni di spesa regionale per le infrastrutture. L’area coinvolta infatti è superiore a quella del solo stabilimento della Fiat: va dal porto di Termini Imerese alle alture che circondano la città. Invitalia fa capire che sarà necessario creare un organismo di coordinamento per promuovere il nuovo sito industriale e organizzare la logistica.

Dei sette progetti ammessi alla short list, due sono nel settore automotive. Quello del finanziere siciliano Simone Cimino che con il fondo indiano Reva intende realizzare un polo di progettazione e produzione delle auto elettriche in grado di dare lavoro a 1.400 dipendenti. E quello di Gian Mario Rossignolo, titolare della nuova De Tomaso, che vuole costruire in Sicilia minicar e utilitarie di lusso realizzate in alluminio stampato con le presse laser e allestite con sellerie artigianali. Un progetto che dovrebbe occupare altri 1.000 dipendenti. In questo modo troverebbe lavoro l’intera forza oggi impegnata dalla Fiat, indotto compreso.

Ma i dubbi sul reale coinvolgimento di Rossignolo serpeggiano da qualche tempo. Perché anche a Torino, dove dovrebbe partire la produzione dei modelli di gamma alta nei capannoni affittati dalla Pininfarina, i ritardi si sommano ai ritardi e le preoccupazioni di dipendenti e sindacati si fanno sempre più forti. Così Invitalia ha raccolto una terza manifestazione di interesse, quella della molisana DR, una società che per ora assembla in Italia le auto della cinese Chery. DR sostiene di essere in grado di occupare da sola tutto l’attuale stabilimento Fiat e aggiunge che lo farebbe senza intervento dei cinesi. “Per ora - ha detto il ministro Paolo Romani – l’offerta, arrivata fuori tempo massimo, è in stand-by. Diciamo che DR è in panchina”. La metafora calcistica è sospetta: per quale motivo lasciare in panchina una società? Perché c’è il sospetto che uno dei titolari, in questo caso la De Tomaso di Rossignolo, possa uscire dal campo anzitempo. Arcuri non risponde direttamente alla domanda. Ma semina indizi molto interessanti; “Quando c’è in panchina un giocatore valido – scandisce l'ad di Invitalia – primo a poi finisce per giocare. In ogni caso la short list non salirà a 8”. Dunque l’ingresso dei molisani e l’uscita di Rossignolo sembrano più che probabili.

Le cinque attività non automotive presenti nella lista dovrebbero essere in grado di occupare complessivamente un migliaio di persone. L’area più vasta, nel retroterra di Termini, la utilizzeranno i vivai della Ciccolella, “una delle 4 aziende del Sud quotate in borsa”, come fanno notare a Invitalia. Il progetto è articolato in tre lotti autonomi da realizzare in 48 mesi: prevede di costruire le serre per la coltivazione dei fiori da vendere recisi, di realizzare l’impianto fotovoltaico per alimentarle e di dotare l’area di un adeguato supporto logistico,

Medastudios propone invece di ampliare la sede per le riprese che già oggi è in funzione nell’area di Termini Imerese. Il progetto prevede di realizzare in 26 mesi 460 puntate della soap opera Agrodolce e, in prospettiva di produrre in loco altre telenovelas.

La sede di Biogen si troverà nei pressi del porto di Termini dove arriveranno biomasse liquide e solide che saranno stoccate in magazzini da costruire. In una seconda fase Biogen prevede di realizzare una centrale elettrica a biomasse in grado di fornire energia all’area industriale. Ancora da definire la sede di Lima, la società che intende produrre protesi mediche per il ginocchio e per l’anca. Il settimo progetto è quello della Newcooop che pensa di costruire una piattaforma logistica per container a servizio del porto e dell’area industriale.

In tutto oltre un miliardo di investimento, il finanziamento pubblico garantirà circa un terzo dei costi. “Per ora – dicono in Invitalia – la somma delle agevolazioni richieste dalle società è inferiore alle disponibilità”. Allungare la short list? Per il momento Invitalia preferisce fare i conti in modo preciso. Nei prossimi tre mesi verrà chiuso l’elenco delle agevolazioni ottenibili dai singoli progetti e solo in estate si capirà come verrà spartita la torta del denaro pubblico. In quel momento verrà presa la decisione sull’eventuale aumento delle aziende coinvolte.

Nei prossimi mesi il più grande nodo da sciogliere sarà quello delle attività automotive: “Cercheremo di garantire la continuità produttiva”, assicura Arcuri aggiungendo: “Se ci deve essere interruzione che sia breve”. Anche la Fiat vuole la garanzia “che al momento della cessazione dell’attività i dipendenti abbiamo la certezza della continuità del rapporto di lavoro”. Solo a quella condizione il Lingotto si è detto disponibile a concedere gratuitamente lo stabilimento. Ma sarà probabilmente necessario un ricorso alla cassa integrazione straordinaria di alcuni mesi per consentire il passaggio alle nuove attività produttive. E dunque è probabile che la Fiat sia chiamata a prolungare di qualche mese il rapporto di lavoro con gli attuali dipendenti. Nodi comunque difficili da sciogliere, soprattutto se si aggiungono le incertezze sul progetto De Tomaso. Per questo l’Ad di Invitalia stima prudentemente di essere solo a metà dell’opera.

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