L'intervento fatto da Marchionne al meeting di Comunione e Liberazione è stato arrogante, e si è proposto come la nuova linea generale che deve essere assunta da chi vuole il bene dell'Italia; ma proprio per questo ha avuto il merito di aver reso ancora più esplicito, senza più mascherature, la volontà della classe capitalista non solo di vincere la crisi, ma di imporre oggi apertamente la sua concezione del mondo, i suoi piani, le sue strategie, i suoi “valori”, a cui si devono assoggettare tutte le persone, accettando quelle concezioni anche come idee universali, quei piani come fatti, realtà da non mettere in discussione.
L'intervento di Marchionne è stato oggettivamente un intervento di stampo fascista, che esalta l'uomo come individuo e chiama i giovani a farsi individualmente responsabili dell'impresa indicata.
In questo senso deve fare appello a cancellare la lotta di classe; in questo senso deve proporre a livello pratico, politico ma anche ideologico un neo corporativismo in cui padroni e operai sarebbero uniti, avrebbero gli stessi interessi, gli stessi fini; per imporre la dittatura del capitale, i materialissimi interessi della classe capitalista sugli interessi degli operai e della maggioranza della popolazione.
Questo Marchionne lo ha fatto attraverso alcuni passaggi:
- Farsi paladino dei “grandi temi su cui la nostra società – qualunque società che voglia definirsi giusta – ha il dovere di interrogarsi”, delle “questioni più spinose con le quali l'umanità si deve confrontare”: il senso della globalizzazione, la violenza della povertà, il contrasto tra ricchezza mondiale e le condizioni della gran parte della società, ecc.
Tenendo conto che questo Marchionne lo dice nel momento in cui lui con il piano “Fabbrica Italia” sta condannando centinaia di operai, di famiglie a non avere un futuro, in cui uno dei massimi rappresentanti del governo, Tremonti, afferma senza più riserve che la salute, la vita dei lavoratori sui posti di lavoro vale meno del profitto dei capitalisti, questo farsi paladino significa solo cercare di sussumere le esigenze dell'umanità per espropriarne i lavoratori e le masse, effettivi e unici protagonisti di un radicale cambiamento sociale, e tentare di mostrare la classe capitalista, che con il suo sistema di sfruttamento e di appropriazione di tutta la ricchezza sociale prodotta a livello mondiale è la vera causa dei problemi indicati, come risolutrice della vita di milioni di uomini.
- Stravolgere la realtà a proprio uso, da un lato affermando che la crisi è frutto del “funzionamento dei mercati”, visti come una sorta di potenza a sé, in cui agiscono “fattori fuori dal controllo e dalla responsabilità individuale”; e che quindi il capitale - il cui sistema di produzione finalizzato al profitto è in realtà l'unico responsabile della sovrapproduzione, dei terremoti dei mercati - non ha responsabilità per la crisi.
Dall'altro, affermando che il peggioramento delle condizioni di lavoro non è causato dall'azione del padronato, del governo, ma è piuttosto conseguenza di quelle forze che rispondono con debolezza, con “vecchi schemi”, e che soprattutto non apprezzano gli sforzi della Fiat; la Fiat guarda ai nuovi orizzonti, a “qualcosa che sia solido e duraturo, da cui partire per immaginare il futuro”, vuole garantire a “tutti i nostri lavoratori un futuro più sicuro”; chi è contro la Fiat invece “vuole proteggere il passato”, rifiuta il futuro. E' un nemico!
E' un atteggiamento e anche un linguaggio da combattente: la Fiat, dice Marchionne, vuole risollevare l'Italia, noi vogliamo “trasformare l'Italia in una base strategica per la produzione e la esportazione di vetture”, noi vogliamo “compiere questo sforzo in Italia (anche!) rinunciando ai vantaggi sicuri che altri paesi potrebbero offrire”, e invece non siamo apprezzati.
Quindi, chi ostacola questo sforzo è contro l'Italia. In primis chiaramente gli operai “arrivati anche al sabotaggio”, i nuovi ed effettivi “terroristi” che non devono essere tollerati e difesi.
Chi si illude e cerca di portare avanti delle “buone e ragionevoli ragioni” per indicare l'assurda persecuzione della Fiat contro i 3 operai licenziati di Melfi – in particolare la Fiom - non ha ancora compreso o non vuole comprendere che la partita in gioco per Marchionne è molto alta: si tratta di vincere una guerra, di imporre con le buone e soprattutto con le cattive il moderno fascismo padronale.
- Per questo, Marchionne a Rimini ha espresso e fatto appello senza mezzi termini alla vera battaglia da fare: “non è possibile gettare le basi del domani continuando a pensare che ci sia una lotta tra capitale e lavoro, tra padroni e operai”. E chiama a questa battaglia “l'Italia”, tutta, perchè abbandoni “questo modello di pensiero” e assuma “un grande sforzo collettivo, una specie di patto sociale, per condividere gli impegni, le responsabilità e i sacrifici e per dare al Paese la possibilità di andare avanti”. E' un proclama da guerra, sia pure ancora non con le armi (benchè ci penserà lo Stato di polizia ad usarle contro le lotte dei lavoratori); a Marchionne il 26 agosto mancava solo il balcone di P.zza Venezia.
Ma così Marchionne, e poi a seguire Marcegaglia e poi Tremonti, e in altri momenti Sacconi, hanno pubblicamente annunciato di voler portare avanti e stravincere la “guerra di classe”; hanno indicato apertamente negli operai, nelle lotte il vero ostacolo ai loro piani di sfruttamento, attacco al lavoro, attacco ai salari, ai piani di cancellazione delle pochissime norme democratiche (“non siamo più negli anni '70”), al progetto di stravolgimento, anche di pensiero, del “modello Italia”; la crisi li costringe a dichiararsi senza infingimenti.
Ma così dichiarano anche che la lotta degli operai, dei lavoratori è effettivamente un nemico da temere! Questo sbandieramento di forza, nasconde in realtà una preoccupazione, una debolezza strategica! Bene!
- Ma è anche una battaglia ideologica, di “valori”, quella che ha impugnato Marchionne.
Primo: La Fiat è bene. La Fiat è disinteressata: potevamo andarcene in Polonia, ma siamo rimasti in Italia e “facciamo tutto questo perchè crediamo nel futuro italiano”, e quindi, intorno alla Fiat devono stringersi tutti: ”Sono fortemente convinto che abbiamo la possibilità di costruire insieme, in Italia, qualcosa di grande, di migliore e di duraturo. Fabbrica Italia è un grande progetto, perchè nasce da nobili intenzioni. Per questo abbiamo il dovere di proteggerlo”. Chi non appoggia questi valori fa prevalere l''indifferenza sulla responsabilità, la noia sull'impegno, le mode del momento sulla coscienza'.
In realtà Marchionne più parla, più appare il mostruoso rappresentante del capitale che con la bocca cita i “valori” e con le mani conta i soldi.
La Fiat resta in Italia perchè qui è la sua forza industriale e di mercato, senza la base Italia non avrebbe alcun credito.
Dietro gli alti appelli, vi è il pesante diktat verso tutti, anche governo, settori industriali, sindacati (verso una parte dei quali, però, Cisl e Uil – unici citati insieme ai loro segretari esplicitamente da Marchionne – vi è invece pubblica gratitudine), perchè “abbraccino questa sfida”, tradotto: perchè difendano i profitti della Fiat.
Secondo. Chi è maggioranza e chi è minoranza; quali diritti vanno difesi. La maggioranza è chi sta con la Fiat, la minoranza è chi si oppone alla Fiat.
Certo anche questa “maggioranza” di cui parla Marchionne si costruisce col ricatto, con la dittatura, con l'azione dei servi, in primis Cisl e Uil, ma anche partiti, istituzioni, parroci e famiglie, e aristocrazia dei lavoratori, ma essa deve decidere e ha diritto. Il diritto è misurato sul diritto del profitto padronale.
La questione sta, invece, esattamente all'inverso. Se è “maggioranza” chi si batte per gli interessi della maggioranza degli operai, allora quel 48% di voti operai al referendum di Pomigliano, quegli operai e operaie che si sono battuti non per sé ma per la difesa del lavoro, delle condizioni di lavoro e di vita, della dignità di tutti, rappresentano in realtà almeno l'80-90%; se è “minoranza” chi votando Sì ha pensato solo a salvare il proprio posto di lavoro contro i compagni di lavoro che potevano essere licenziati, ha pensato a sé e non al futuro della maggioranza dei lavoratori di Pomigliano, di Melfi e delle altre fabbriche, allora quella “minoranza” rappresenta molto, ma molto meno del risultato di voti ottenuti.
Così, 3 operai che si battono per tutta la fabbrica, sono tutta la fabbrica! Nessun Marchionne può dire il contrario, e lo hanno dimostrato gli operai della Sata scendendo in sciopero e stringendosi intorno ai loro 3 compagni di lavoro!
Marchionne ha confermato il detto del vecchio Marx, che la classe dominante, per i suoi interessi, di un estrema minoranza, deve affermare il proprio interesse come interesse generale.
Ma quando la classe dominante è costretta a dirlo esplicitamente, senza veli, quando utilizza ogni luogo, meglio ancora una platea di giovani già selezionati di Comunione e Liberazione, per imporre come valore generale questa guerra della minoranza, allora vuol dire che la “vera sfida” di cui ha parlato nel finale del suo intervento Marchionne è quella della lotta aperta e generale contro il fascismo padronale che la classe operaia della Fiat e di tutte le fabbriche deve intraprendere.
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