mercoledì 5 maggio 2010

pc quotid FIAT: dopo Termini Imerese toccherà a Pomigliano?

Comincia con una “Fumata nera” come dice il sole24ore di oggi l’accordo per la ristrutturazione dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco.

“Non è stato possibile raggiungere un accordo - dice in una nota l’azienda torinese. I tempi stanno diventando sempre più stretti e l’attrezzamento delle linee per la produzione della Nuova Panda non può essere rimandato”. “La trattativa proseguirà nei prossimi giorni con ulteriori contatti informali con le singole organizzazioni sindacali per verificare se ci siano le condizioni per elaborare un documento conclusivo, che rappresenti il massimo livello di consenso possibile.”

Infatti, la richiesta più forte e devastante, una vera provocazione, a parte la chiusura di Termini Imerese, è quella per Pomigliano, dove secondo Marchionne in cambio dell’investimento di 700 milioni di euro gli operai dovrebbero concedere il massimo di flessibilità.

Il Piano/Ricatto presentato da Marchionne è un classico esempio di abilità del padrone di “cogliere l’opportunità della crisi” per una profonda ristrutturazione degli impianti e battere la concorrenza…

Con il progetto "Fabbrica Italia", il gruppo Fiat prevede, infatti, investimenti in Italia per 26 miliardi di euro entro il 2014, più altri quattro in ricerca e sviluppo, per un totale di 30 miliardi di euro.
di raddoppiare la produzione di auto in Italia, portandola dalle 650.000 unità del 2009 a 1,4 milioni di auto nel 2014, oltre a 250mila veicoli commerciali. Secondo i piani presentati da Marchionne, il 65% della produzione verrà esportato, contro il 40% del 2009. Entro il 2012, inoltre, l'Alfa Romeo sarà negli Usa, forse con una spider.

I concorrenti della Fiat a proposito di questo piano “Certamente moriranno dalle risate” dice Marchionne “e poi sarà il mercato a fargli cambiare idea”. Noi pensiamo che nonostante il suo ottimismo i concorrenti abbiano ragione perché Marchionne l’americano sembra non tenere conto proprio del mercato che ancora non esce dalla crisi ma soprattutto sembra non tenere conto della produzione cinese (e di quella indiana) che quest’anno da sola ha superato i 13 milioni di veicoli, altro che 6 milioni per restare sul mercato…

Ma questo, dice Marchionne, «non è un piano di sacrifici, io parlo di impegno. Non ci sarà alcun taglio, ma anzi incremento degli organici» con la piena utilizzazione degli impianti, cioè il ricorso ai 18 turni, l’abbassamento dei minuti di pausa da 40 a 30, lo spostamento della mezzora di mensa a fine turno, il ricorso al raddoppio delle ore straordinarie obbligatorie, da 40 a 80, il rigoroso contenimento del costo del lavoro, la flessibilità nella risposta ai bisogni del mercato, l'accesso a periodi temporanei di messa a riposo durante la fase di industrializzazione, cioè tutta la cassa integrazione che sarà necessaria! Significa essere spremuti come limoni dicono gli operai!

E se non si accetta questo piano c’è sempre pronto il piano B e cioè “il trasferimento della baracca da un’altra parte” dice senza vergogna Marchionne forte del sostegno del governo e di quello sindacale che con i soliti finti distinguo e la promessa di non firmare sotto dettatura hanno dichiarato il pieno appoggio al piano.

Forse mai come in questa occasione il padrone ha avuto la strada così spianata nell’applicazione dei propri piani, sicuro di non trovare ostacoli, mettendo sotto gli occhi dei sindacati confederali avidi di miliardi di investimenti, diventati come Marchionne “americani”, che parlano di grande occasione da non lasciarsi sfuggire e che sbandiereranno addirittura ai lavoratori come vittoria, ma che sperano gli serva soprattutto a scongiurare “il conflitto sociale”… sul quale gli operai, come tradizione, devono avere l’ultima parola!

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