Prosegue il congresso della cgil caratterizzato da mani tese verso Confindustria, governo e Cisl e Uil; dalle blindature contro ogni dissenso - Epifani ha subito richiamato all’ordine la platea: vietato contestare!; ma soprattutto da una linea programmaticamente e organizzativamente antioperaia.
Il “piano straordinario triennale” sul lavoro, non risponde affatto all’emergenza lavoro che ogni giorno si fa più drammatica, con decine di migliaia di operai, lavoratori, lavoratrici che perdono il lavoro. Su questo nessun obiettivo, nessuna richiesta al padronato, alla presidente della Confindustria – come sarebbe normale per qualsiasi sindacato - affinché blocchino licenziamenti, cassintegrazione, riassumano gli operai messi fuori dai posti di lavoro, a fronte dell'aumento nelle fabbriche e nei vari posti di lavoro dei carichi e ritmi di lavoro di straordinari oltre ogni ragionevole limite, di condizioni di lavoro da supersfruttamento soprattutto per gli operai immigrati; a fronte di un uscita dalla crisi fatta tutta sulla pelle dei lavoratori e senza perdere un centesimo dei profitti capitalistici, ma anzi, in particolare per il grande padronato, trovando nella crisi un’opportunità per rilanciare i profitti imponendo condizioni peggiori e tagli al costo del lavoro.
Nel merito il “piano straordinario” consisterebbe in: stimoli fiscali agli investimenti in ricerca, innovazione e formazione - vale a dire, riduzione del carico fiscale alle imprese; allentamento del patto di stabilità degli Enti locali - una richiesta di via libera a opere infrastrutturali, che senza neanche dire quali, come, in una situazione in cui proprio in questi lavori sta uscendo fuori il marcio più pesante, è come fare dello spirito ad un funerale; sblocco del turn over nella pubblica amministrazione, nelle scuole, nelle università – di fatto una misera richiesta che oggettivamente contrasta con la richiesta di assunzione fatta dalle migliaia di precari che sono stati già stati tagliati nella scuola e università, con la necessità di numerose assunzioni nella sanità, e di internalizzazione dei precari che da anni vi lavorano, ecc.
Marcegaglia apprezza sulla riduzione del carico fiscale, sulle aperture verso il nuovo modello contrattuale, e verso contratti flessibili.
Ma è soprattutto sul piano organizzativo - dove la linea di Epifani sta decisamente vincendo (83%) al di là della burocratica, inutile opposizione interna - che il congresso della cgil dà un chiaro segnale che non tollererà più il dissenso. “la Cgil deve uscire dal congresso più unita di quanto vi è entrata”, ha dichiarato Epifani. Un segnale che è chiaramente un aut aut verso gli iscritti Fiom, verso i delegati di base, non tanto verso i vertici che più che rispondere con minacce impotenti “…continueremo la nostra battaglia” (Cremaschi) o con pietose richieste di “sottoporre ad una consultazione diffusa” (Podda) le aperture della Cgil al nuovo modello contrattuale, non fanno.
Il problema è più sostanziale. Nella Cgil la classe operaia non ha più diritto di voce, non parliamo di pesare, le sue rivendicazioni non devono avere possibilità di affermarsi.
Nessuno, che non abbia i paraocchi, che vuole vedere comunque la “sinistra” anche quando il socialfascismo avanza nel sindacato (vedi il Carc), può non rendersi conto che questo congresso della Cgil ha sancito anche visivamente la sua natura antioperaia. Le poche voci di delegati operai, comunque selezionati, sono mosche bianche in un congresso che ai nemici storici e attuali della classe operaia mette i tappeti d’oro e ai lavoratori mette la museruola.
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