martedì 25 marzo 2025

pc 25 marzo - Contro il piano di genocidio/deportazione - Ora più che mai con il popolo palestinese e la sua Resistenza


50.000 morti: è l'ultimo conteggio macabro del piano genocida di Israele, USA, appoggiato a diversi livelli dagli altri paesi e governi imperialisti e non certo contrastato dalle altre potenze imperialiste, Russia, Cina e meno che mai, al di là delle parole, dai governi e dai regimi arabi.

Il conto è destinato a crescere ora per ora, dato che siamo dentro la seconda fase del piano genocida indicato dalla nuova Presidenza Trump e da Netanyahu nel loro primo incontro dopo l'insediamento di Trump alla Presidenza, vale a dire: genocidio e deportazione, cancellare la popolazione palestinese da Gaza e successivamente dalla Cisgiordania, imporre la nuova Nakba, cioè l'espulsione di massa dei palestinesi verso destinazione in parte nota e in parte ignota, costruire un regime fantoccio in Palestina che si appoggi sull’ANP, sull'attuale Autorità palestinese e il suo partito di riferimento, l'ex forza della resistenza palestinese Fatah, in maniera che il piano di “Grande Israele” combinato con il piano di ripresa dell'egemonia mondiale e del dominio assoluto dell'imperialismo americano nell'area possa andare avanti.

Questo piano comprende anche l'occupazione militare parziale del Libano, del regime libanese favorevole al piano d'Israele, l'attacco alla Siria con la costrizione dell'attuale regime siriano ad una intesa con lo Stato di Israele.

Al centro il controllo delle fonti energetiche dei grandi Capitali che l'imperialismo ha prodotto in tutta l'area.

Contro questo piano la Resistenza palestinese oppone la sua forza relativa, quella che è riuscita a sopravvivere al primo attacco, quella Resistenza che abbiamo visto anche visibilmente nella consegna degli ostaggi, che comunque ha un ruolo dirigente predominante soprattutto a Gaza. Cancellare quest'ultimo nucleo di Resistenza è l'obiettivo dell'attuale piano, così come in Cisgiordania impedire sia

che essa si conservi e si riorganizzi, sia la prospettiva possibile in Cisgiordania di una nuova Intifada in una condizione sicuramente differente dall'Intifada che l'hanno preceduta.

E’ un piano di genocidio e deportazione senza precedenti nella storia più recente dell'umanità e in particolare dalla Seconda guerra mondiale in poi. L'insediamento colonialista dello Stato d'Israele, nel cuore del Medio Oriente, sopraggiunto alla Seconda guerra mondiale, ne è stato il primo passo, peraltro imposto con il dominio ed il terrore verso le popolazioni palestinesi e contro tutti coloro che con esse solidarizzavano.

Siamo nel 2025 - quindi a più di settant'anni - dall'insediamento dello Stato di Israele e oggi si vuole fare il passo ulteriore che per l'imperialismo e naturalmente per il sionismo, è una sorta di passo verso la “soluzione finale”.

Per questo, pur salutando con entusiasmo, unendoci all'entusiasmo delle masse palestinesi per la Resistenza che ha portato al cessate il fuoco, pur salutando e riconoscendo il valore storico dell'azione del 7 Ottobre, noi siamo stati tra coloro che hanno detto che resistere è condizione per avanzare verso una vittoria ma non è la vittoria, che parlare di vittoria era, in occasione del cessate il fuoco, un'esagerazione, un'enfasi che non serviva né alla Resistenza né al popolo palestinese. Quello che serve è ora più che mai riuscire a conservare le forze della Resistenza. Non siamo in una fase di offensiva strategica né in Palestina né nel mondo, chi dice questo è un imbroglione, un ingannapopolo, persone che, in nome dell'appoggio alla resistenza ai popoli, vogliono ingannarla, illuderla, farsi bella con essa, mentre in realtà la guerra non è che all'inizio ed è nella sua fase più difficile che ci fa essere pessimisti sull'esito di questo stadio della battaglia, ma chiaramente è un pessimismo basato sull'analisi concreta della situazione concreta, che non ha niente a che fare con il disfattismo o il liquidazionismo.

“I popoli in lotta scrivono la storia, guerra popolare fino alla vittoria”. Noi crediamo nella vittoria del popolo palestinese come crediamo nella vittoria dei proletari e delle masse arabe in un contesto mondiale in cui crediamo nella vittoria dei proletari e dei popoli sull'imperialismo che è entrato nella sua fase in cui ci porta a tappe forzate verso una nuova guerra interimperialista mondiale verso la quale o i popoli con una Resistenza, ribellione, mobilitazione mai vista riusciranno a mettere un freno - necessario comunque per ritardarla - o  in essa si dovrà giocare una partita storica tra l'imperialismo e le sue barbarie e l'alternativa del socialismo, della liberazione dei proletari dei popoli su scala mondiale.

Oggi però il primo compito è la denuncia, l’informazione, che nella maggior parte dei casi, visto il dominio assoluto dei mass media dell'imperialismo e del sionismo sia nell'area sia su scala mondiale per la presenza di una lobby sionista in tutti i paesi imperialisti e non solo.

Il secondo compito è la mobilitazione che ha bisogno di essere da un lato più incisiva e più alta e su questo deve contare sulle proprie forze, cioè sulle forze che attualmente sono scese in campo, sia del movimento palestinese, nel mondo e in Italia, sia delle forze più coerenti che sono state sempre dalla parte del popolo palestinese, sia pure con le loro differenze. Questa parte della solidarietà deve alzare il tiro, trovare la possibilità di essere più incisiva all'interno di ciascun paese nei confronti dei governi che sostengono l'imperialismo e, insieme ai governi, gli apparati militari, i legami economici, politici e culturali.

Però bisogna indebolire questi governi, togliere consenso adesso e quindi costruire un fronte largo, combinare manifestazioni che raccolgono la parte più avanzata dei palestinesi e della solidarietà alla resistenza con grandi e sempre più grandi manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese e di denuncia di Israele/Trump come centro del piano genocida e di deportazione.

Su questo occorre lavorare e questa opposizione ai piani genocidi imperialisti in paesi come il nostro richiede necessariamente la scesa in campo dei proletari e delle masse popolari e dell'ampia fetta del nostro popolo che sicuramente non può essere dal lato di chi pratica genocidi, massacri di donne e bambini, bombarda ospedali, strutture civili, riempendo ogni giorno la lista dei crimini contro l'umanità per cui la Corte di giustizia europea si era già espressa.

Dobbiamo moltiplicare l'attività verso le larghe masse, i settori della classe operaia, i sindacati. Per sindacati non intendiamo i sindacati di base che già insieme ai palestinesi hanno promosso una manifestazione per il 12 Aprile, ma la larga parte dei sindacati. Su questo vale ancora il problema NO al piano Trump/Netanyahu, SI’ al riconoscimento della Palestina, che bisognerà riempire con la lotta dello Stato di Palestina, riconoscimento dello Stato di Palestina che ora è l'imperialismo e il sionismo che non LO vogliono e che vogliono cancellare anche dallo scenario politico, istituzionale, internazionale, in cui la teoria dei due Stati e il riconoscimento dello Stato di Palestina era nata come risposta pacificatrice e insufficiente.

 “Dal fiume al mare”, è la prospettiva strategica che solo la Rivoluzione proletaria mondiale e il socialismo e i suoi paesi che potranno nascere da questo processo di rivoluzione mondiale potrà rendere possibile.

Oggi più che mai dobbiamo insistere per mettere un freno ai piani imperialisti americani e sionisti insieme, sapendo che, come il popolo palestinese, non può contare sui regimi arabi.

Noi non possiamo contare su nessuna delle forze presenti nei parlamenti e quindi nel nostro paese sicuramente nella finta opposizione parlamentare: i 5 Stelle non sono mai stati solidali con la Palestina in nessun momento della loro storia, quando erano al governo, quando sono all'opposizione, né quando fanno le campagne elettorali, il PD è armi e bagagli da sempre, una componente del sostegno alla borghesia imperialista italiana, ai suoi piani, al suoi ruolo nel mondo e anche quando esprime dissenso e chiede il riconoscimento dello Stato di Palestina non è in grado di fare assolutamente nulla, sia in Parlamento sia nella società.

Per questo il nostro problema è solo uno: intensificare, rendere più incisive le manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese in questa nuova ora drammatica, sostenere la Resistenza, auspicare che la Resistenza faccia piazza pulita del collaborazionismo nelle sue file che purtroppo, sostenuto dall'imperialismo e dai sionisti, in realtà è diventata una arma letale insieme ai bombardamenti e alle truppe nei confronti del popolo palestinese.

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