Alcuni
quotidiani hanno rigirato la notizia in questi giorni dell’ipotesi di produrre
mezzi militari, con i fondi europei, nello “stabilimento ex Fiat di
Termini Imerese, non nel quadro del programma europeo RearmEu proposto dalla
presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, ma con i fondi
della riprogrammazione degli stanziamenti Ue 2021-2027.”
“L’ipotesi,
però, - scrive il quotidiano la Repubblica- viene smentita da autorevoli fonti
interne a Pelligra Holding Italia, il gruppo che da gennaio è proprietario
dello stabilimento: ‘Si esclude ogni tipo di proposta o colloquio, anche con il
ministero delle Imprese, su una ipotesi di questo tipo.’ Posizione non smentita
dal ministero.”
Ma
si sa quanto valgono le smentite, soprattutto dei ministeri! I sindacati dicono
che “non hanno avuto informazioni in tal senso.”
Ma chi aveva già parlato di questo possibilità è il presidente della commissione Difesa della Camera dei deputati, il leghista siciliano Nino Minardo che, prima “in una nota aveva parlato di ‘uno sforzo per creare le condizioni per un possibile sviluppo in Sicilia di un ecosistema adatto alle industrie della
Difesa’ e poi esclude l’ipotesi, a proposito di smentite.Ma
visto il blocco attuale del piano di rilancio di Pelligra, “Qualcuno però fa
notare” continua il quotidiano degli Agnelli “che il sito di Termini Imerese ha
caratteristiche difficili da trovare in altre aree industriali, ad iniziare
dalla presenza del porto e della ferrovia interna. E al momento è vuoto.
Come era sul punto di essere svenduto, prima della guerra in Ucraina, lo
stabilimento ex Oto Melara a La Spezia, anche questo forte della vicinanza con
un porto e adesso al centro dell’accordo tra Leonardo e la tedesca Rheinmetall
per produrre 1.300 fra blindati e cari armati. Una commessa che qualche anno fa
sembrava potesse servire proprio per riaprire la fabbrica ex Fiat di Termini
Imerese.”
Vedremo
nei prossimi giorni se l’ipotesi diventerà realtà, il fatto che esista è la
conferma che la corsa verso il riarmo e la guerra, tende a trasformare tutta la
produzione in economia di guerra.
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