Riprendendo il lavoro di inchiesta importante per la lotta di classe.
Bergamo è una realtà significativa del settore industriale nazionale: 90 miliardi di valore prodotto, 40 miliardi di esportazione, dice Confindustria in un Convegno di giorni fa. Un Convegno che prova a dare un'immagine di tranquillità e un'immagine rassicurante delle fabbriche, attraverso l'utilizzo e lo sviluppo dell'intelligenza artificiale applicata ai processi produttivi, per cui docenti universitari dicono “stimiamo che ci vorranno 25 anni per una piena applicazione” - quindi per gli effetti sull'automazione e sull'occupazione abbiamo tempo.
Il punto di vista dei padroni chiaramente riflette gli interessi antagonistici rispetto a quelli dei proletari.
Un dirigente Tenaris, ad esempio, al Convegno descrive l'enorme raccolta dati che permette di monitorare la sicurezza nella produzione. E cita un reparto, l’acciaieria. Invece gli operai di questo reparto, ancora l'undici gennaio scorso, ci dicono come ci sia stata una pericolosissima fuoriuscita di tonnellate di acciaio fuso durante lo sversamento dalla siviera alla paniera. Primo, perché il materiale refrattario che protegge l’enorme vasca era danneggiato provocando la rottura del fondo della paniera con fuoriuscita dell'acciaio fuso sul piano colata; secondo, perché il sistema di sicurezza, prontamente azionato da un comando manuale dell'operaio, che dovrebbe far girare la paniera e metterla in sicurezza sopra una buca non ha funzionato. Però questo incidente è la fotocopia di quello che è successo nell'estate del 2023, a dimostrazione che quella artificiale sarà sì “intelligenza”, ma è poca e negativa cosa se è diretta solo a rendere più veloci i processi produttivi. In fabbrica serve l'intervento, la forzaorganizzata degli operai che non può esserci se si continua a rimanere concentrati o schiacciati dalla quotidianità degli attacchi o delle condizioni di lavoro.
Le parole degli operai ci fanno vedere le fabbriche segnate da questo, dai contratti aziendali o dalle
ristrutturazioni. La cassa integrazione, tra l'altro, è aumentata del 10% nel 2023 rispetto al 2022.I giovani precari – è molto significativo il caso di quelli che stanno aumentando dentro un'altra fabbrica importante come la SAME - denunciano di vivere come in una specie di lotteria: “so bene che tanti non verranno confermati, ma speri sempre e intanto corri”.
Il sistema di controllo in fabbrica viaggia su varie linee, dall'autoritarismo in senso stretto con i capi con il fiato sul collo, ad un sistema che ti condiziona, ti porta ad una sorta di “autodisciplina”.
Pochi giorni fa a Brescia un operaio in appalto è morto orribilmente bruciato dalle scorie di fusione che trasportava con il muletto. “Anche noi facciamo lo stesso lavoro” dicono alcuni operai in Tenaris, sempre di una ditta in appalto. Il 29 maggio del 2023 c'è stato un fortissimo scoppio durante il trasporto delle scorie, che solo per fortuna non ha provocato danni fisici.
“Ci hanno ridotti a lavorare da soli, soprattutto di notte, girare la fabbrica con pesanti mezzi, reparto per reparto. E’ pericoloso, è uno stress mentale molto forte. Quando ci sono imprevisti ti trovi da solo, puoi andare nel panico. Il capo dice: l'importante è la sicurezza, ma quando chiamano dal reparto dicendo siamo fermi, vieni, come fai? Tu sei dall'altra parte della fabbrica, ci sono i limiti 20/30 all'ora e ti devi arrangiare. E poi a me non piace lasciare il lavoro indietro, ai colleghi che arrivano del turno dopo. E quindi, in un modo o nell'altro finisco”.
“Ci hanno messi in un sistema che non lascia alternative, è una gabbia, un sistema che ha un puntello solido nei contratti aziendali, che funzionano come regolamenti aziendali, disciplinano la vita interna e la produzione. Flessibilità, ritmi in aumento spinti dei cosiddetti “premi” dove ai parametri per raggiungere questi premi per la qualità, la velocità e la presenza, si aggiunge il capo che ha sempre e solo una parola: “più veloci, più veloci” e i premi diventano la spinta che ogni operaio “applica” individualmente, autonomamente”.
Denunciano altri operai: “Il sistema delle relazioni industriali tra sindacati e Confindustria è ben oliato in provincia. L'opposizione è praticamente inesistente ai piani di ristrutturazione. Per i padroni è diventato facile usare i contratti di solidarietà, ad esempio. Fanno i riposi forzati al venerdì e tirano la produzione, tirano i tempi di lavorazione sugli altri giorni innescando un business - per i sindacati che lo gestiscono - delle dimissioni incentivate”. “Siamo finiti in un'enorme spremiagrumi, un pezzo alla volta ti spingono dove vogliono loro fino a quando non ti abitui, ci dicono”. “Ci troviamo a vivere alla giornata, ma le condizioni sono dure”.
Sull'altro versante, altri operai ammettono che nella fabbrica vogliono far carriera, ne accettano le regole, che la loro voglia di migliorare va tutto nei contratti aziendali che diventano il posto delle richieste possibili, compatibili con la linea di sviluppo del padrone.
Sulle condizioni di lavoro operai denunciano: “Ora mi fanno firmare anche per darmi un cerotto”, “mi sento controllato su tutto”. “Ci fanno lavorare con il riscaldamento spento, poi prendono la scusa che era rotto”. “ Non contiamo più niente”. E ancora: “qui da noi le manutenzioni sono diventate low cost, prima di prendere un pezzo di ricambio fanno lunghe analisi di mercato per trovare quello che costa meno e poi paghiamo noi con la fatica, con più rischio”.
“Da mesi il cancello di ingresso del mulettone, 30 tonnellate, che dovrebbe bloccarsi elettronicamente quando entrano gli operai a piedi dalla porta laterale per controllare le barre, resta sempre aperto, ma non lo riparano. Così quando siam dentro rischiamo di essere investiti. Ma per uno che si rifiuta gli altri lo fanno”.
Tra i giovani precari, però, ci sono quelli che non ci stanno, da un lato idealizzano la fabbrica ma sentono la violenza dei contratti precari, che scadono e te lo dicono il giorno prima della scadenza.
Dicono di non conoscere la realtà della fabbrica, la storia della lotta di classe del movimento operaio, delle conquiste che ha ottenuto e anche, purtroppo, dalle fasi successive in cui ha segnato arretramenti. Dicono “dobbiamo fare massa tra di noi per avere un peso”.
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