Nel film “7 minuti” di Michele Placido,
un’azienda è in procinto di siglare l’accordo che la salverà dalla
chiusura immediata, cedendo la maggioranza della proprietà ad una
multinazionale. I partner francesi (che coincidenza) sono pronti a
concludere l’affare, ma all’ultimo momento consegnano alle undici
componenti del consiglio di fabbrica una lettera che chiede loro di
sacrificare sette minuti al giorno di pausa pranzo per poter salvare dal
licenziamento il personale della fabbrica. In maggioranza capiscono che
dietro quella richiesta c’è una precisa azione da parte della nuova
proprietà che, per l’appunto, si spingerà poi a chiedere sempre di più,
ben oltre quella apparente “sciocca” richiesta.
Una straordinaria
storia sul contrasto tra gli interessi operai e quella legge del mercato
in nome della quale i padroni compiono ancora oggi le peggiori
nefandezze.
Quanto raccontato nel film è ispirato ad una storia vera,
accaduta in Francia, a Yssingeaux, nel 2012, una storia che pone sul
piatto il tema della resistenza contro il continuo peggioramento delle
condizioni degli operai di fronte al ricatto occupazionale operato dai
capitalisti.
In Stellantis tutto ciò non accade e di continuo, anche
per il nostro “consiglio di fabbrica” (sindacati
In più articoli abbiamo denunciato l’accaduto ma volendo riassumere vi ricordo quello che è successo.
Il 21 agosto scorso, il sindacato aziendale ci informa che “in via del tutto eccezionale” (così citava il loro comunicato) dal 28 agosto al 31 dicembre si lavorerà obbligatoriamente, anche “nella mezz’ora prevista per la refezione” (sempre testuali parole).
Anno nuovo accordo vecchio e così il 19 gennaio ci comunicano che in un incontro con l’azienda “hanno stabilito” che dal 22 gennaio al 30 aprile “l’attività lavorativa giornaliera sarà svolta anche nella mezz’ora prevista per la refezione”. Si tratta pur sempre di grande soddisfazione sindacale se l’azienda continuerà a recuperare altri 30 minuti di produzione; tanto alla fine il “culo” non ce lo mettono loro.
In cambio per gli operai, quattro soldi in più al mese, che con questi “chiari di luna” comunque fanno comodo e su questo Stellantis punta per farci accettare quest’ennesimo sopruso. Resta però, il dato di fatto che dobbiamo lavorare senza mangiare per 8 ore, oltre il viaggio per andare e tornare dal lavoro (e non dimentichiamo le trasferte obbligatorie da Melfi e Cassino verso Pomigliano).
Un’aperta illegalità perché viola il diritto stabilito per legge ad una pausa pranzo per chi lavora per 6 ore e più al giorno.
Contro questo abuso cosa fa la Fiom? Si guarda bene dal proclamare uno sciopero, ma in cambio fa ben due comunicati! Nel primo, dopo aver ricordato che la mensa è un diritto fondamentale, scrive che “avremmo sicuramente accettato una impostazione di questo tipo, solo se si fosse garantito l’aspetto della volontarietà”. Nel secondo, diffida l’azienda a costringere i suoi iscritti e gli altri lavoratori a rinunciare alla mezzora perché “in presenza di contestazioni disciplinari tuteleremo gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori presso le autorità competenti”. Le solite cause che sono un terno al lotto oramai per gli operai.
Davanti a questo scenario come prima cosa dovremmo mandare a casa il nostro “consiglio di fabbrica” (firmatari e non) ormai sempre più impegnato ad accontentare su tutto gli interessi del padrone piuttosto che a tutelare gli operai. Dovremmo capire, facendo il paragone con la storia vera con la quale ho iniziato questo articolo, che la dignità non va persa anche se apparentemente si tratta di poca roba. Dovremmo capire che si fa presto a perdere tutto se si abbassa la guardia, anche solo per 7 minuti. Noi, ormai, ne abbiamo persi 30 ma non è mai troppo tardi per riprenderci tutto.
PILONE, operaio Stellantis di Pomigliano d’Arco
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