Questo è il capitalismo, questo è il sistema politico, statale nel sistema capitalista. In questo o ex Ilva ancora privata, o pubblica (per poi passaggio al privato) non cambia il fatto che i problemi che hanno di fronte padroni e governo li affronteranno tutti con consistenti tagli ai posti di lavoro, peggioramento delle condizioni di lavoro, degli interventi per la salute e sicurezza.
Questo deve essere chiaro ai lavoratori, senza farsi illusioni sul governo o su cordate alternative ad ArcelorMittal.
Si tratta di due strade parallele, quella dei padroni e del governo e quella degli operai, strade che non si possono incontrare. La strada degli operai deve fare una lotta seria e prolungata sui suoi interessi contro padroni e governo, per attuare rapporti di forza favorevoli per strappare, comunque siano le soluzioni, la difesa delle loro condizioni lavorative, salariali, di sicurezza e salute.
Le dichiarazioni che riportiamo sotto del presidente della Federacciai, Antonio Gozzi, dimostrano appunto l'inconciliabilità tra gli interessi e le soluzioni di padroni/Governo e la condizione degli operai, come delle masse popolari di Taranto.
Ne riportiamo i passi più emblematici da una sua intervista su Sole 24 ore del 7/12.
“Non c’è molto tempo. Acciaierie d’Italia è ai limiti dell’insolvenza - dichiara Gozzi - e una soluzione, prima finanziaria e poi industriale, va trovata in tempi rapidissimi. Bisogna essere pragmatici, stare ai fatti... “Mittal ha acquisito Essar Steel, il secondo gruppo siderurgico indiano e sta investendo massicciamente negli Stati Uniti, dove l’acciaio è considerato un asset strategico della manifattura. La
scelta di Mittal è legittima e per certi versi anche comprensibile perché, contemporaneamente, le condizioni di investimento in Europa sono peggiorate”. “Le norme per la decarbonizzazione e il sistema delle quote di CO2 – continua il presidente – stanno zavorrando la siderurgia, soprattutto le imprese che intendono passare dal ciclo integrato all’elettrico. Per un milione di tonnellate di produzione di acciaio convertito serve un miliardo di euro di investimenti. Nel caso di Taranto 4 miliardi di euro. È molto più conveniente investire negli Stati Uniti o in India”.Quindi, Mittal intende mollare l'Italia per rafforzarsi lì dove può liberamente produrre senza vincoli di ambientalizzazione, decarbonizzazione (di quelle poche e insufficienti norme UE che sono solo annunciate in Italia, ma che non sono affatto in atto). E questo - dicono i padroni delle cosiddette "cordate" che dovrebbero essere una delle soluzioni alternative ad ArcelorMittal - è una scelta "legittima, comprensibile". Il che vuol dire che anche gli altri padroni fanno e farebbero la stessa cosa. Perchè per il capitale - che si chiami Mittal o si chiami Gozzi/Arvedi/Marcegaglia - la salute costa troppo e loro non vogliono intaccare neanche di un euro i loro profitti.
Mittal sta facendo alti profitti, sia con la produzione che con la finanza; ma sarebbero quelle poche normative UE che "stanno zavorrando la siderurgia"
Continuoa Gozzi - "Messa così - domanda Sole 24 Ore - il rischio di fallimento di Acciaierie d’Italia è molto serio"; “Non credo - risponde Gozzi - che Mittal voglia uscire da Taranto con un fallimento. Stiamo parlando di un colosso globale.
Sarebbe un danno reputazionale che non può permettersi. Il governo
dovrebbe trovare il modo per diluire progressivamente e senza traumi la
partecipazione di Mittal in Acciaierie d’Italia, magari convertendo il
debito di 650 milioni in azioni, per fare prendere la maggioranza al
Tesoro”. “Ma con un’operazione trasparente – sottolinea Gozzi – , che
faccia emergere il quadro debitorio reale, e una governance chiara. In
modo da creare le condizioni per una nuova Taranto. Ma bisogna dimenticare l’Ilva e ragionare su un progetto completamente diverso. Più contenuto e realistico”.
A Taranto – osserva infine il presidente – Si può pensare a un graduale spegnimento degli altiforni, fino al 2029-2030, in modo da sfruttare le quote di CO2 gratuite.
Contemporaneamente si dovrebbe passare al Dri, il preridotto prodotto
con il gas naturale, per arrivare a una capacità tra 4 e 5 milioni di
tonnellate di produzione annua di acciaio con una sostanziale riduzione dei dipendenti. Ma bisogna trovare un accordo con governo, imprenditori e sindacati”.
Ecco cosa Gozzi intende come progetto "più contenuto e più realistico": "sfruttare le quote di CO2 gratutite", e "una sostanziale riduzione dei dipendenti".
Su questo la UE non deve rompere le scatole
e il governo e i sindacati devono appoggiare questa strategia, cioè
devono essere d'accordo a mandare a casa migliaia dei lavoratori. E
questo - attenzione - lo dice chi è rappresentante della cosiddetta
"cordata alternativa".
Infine Gozzi dice: "Gli imprenditori italiani, davanti ad un progetto chiaro, non si tirerebbero indietro. Ma anche la UE deve cambiare strategia. La decarbonizzazione è necessaria, ma servono ragionevolezza e gradualità".
Quindi, dicono i "padroni alternativi": tu governo mi devi liberare da lacci e lacciuoli. E il governo lo farebbe, eccome. A dimostrazione che comunque si chiamino i padroni sempre liberi di sfruttare al massimo lavoratori, impianti, ambiente è ciò che vogliono.
Ma il governo - dicono i sindacalisti - deve passare maggioritario o nazionalizzare Acciaierie d'Italia.
Sì, ora come ora sembra una richiesta logica - comunque momentanea prima della nuova privatizzazione a privati - ma chi spaccia questa soluzione come difesa delle condizioni dei lavoratori è un maledetto imbriglione. Anche il governo sta - e non può non stare perchè rappresenta i padroni, i ricchia, il peggio della società - alle leggi del capitale, al problema dei mercati, della concorrenza internazionale; per cui anche il governo taglierebbe migliaia di posti di lavoro, al massimo mettendo in cassintegrazione permanente con un reddito sempre più ridotto, mentre per i lavoratori dell'appalto la prospettiva sarebbe solo licenziamenti. Per non parlare della sicurezza e salute; questo governo ha già depenalizzato i padroni inquinanti e lo farebbe molto di più ora per tagliare i suoi costi.
Padrone pubblico o padrone privato lo sfruttamento è sempre assicurato.
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