Guardiamo alla manifestazione del 25 novembre per cogliere ciò che dobbiamo fare e a cosa va data continuità. Questa manifestazione è andata come volevamo, ma molto meglio di come volevamo, perché chiaramente volevamo che partecipasse tanta gente e la tragica vicenda di Giulia è stata la "goccia che ha fatto traboccare il vaso", con l'eco che ha avuto nei mass media. Tutte le vicende precedenti hanno contribuito che si creasse questa situazione.
Sempre è la "goccia fa traboccare il vaso". Le rivoluzioni avvengono perché c'è una goccia che fa traboccare il vaso e fa fare un salto alla coscienza delle masse. Certo per la rivoluzione ci vogliono: partito, fronte unito e lotta armata. Però le rivoluzioni si fanno perché le masse fanno il salto per quella goccia che fa traboccare il vaso.
Questa vicenda di Giulia ha emozionato. All'inizio i mass media hanno contribuito a renderla popolare, ma si sono dati la "zappa sui piedi" perché è andata ben oltre, anche perché ci sono state delle congiunture particolari: le dichiarazioni della sorella, lo scontro immediato con lo scempio di Salvini, ecc.; tutti elementi della casualità, ma una casualità che sta dentro la dinamica di come avvengono gli eventi.
Questo ha prodotto quel sovrappiù di grande partecipazione alla manifestazione nazionale di Roma; così come ha portato al fatto che non c'è stato posto dove non si è sentita l'esigenza di manifestare.
Questo lo dobbiamo comprendere. Noi dobbiamo rivendicare che la manifestazione di 500.000 è una vera rivoluzione dal punto di vista della presa di coscienza così massiva delle donne; certo, una rivoluzione a livello culturale, comportamentale, sia per la base sociale prevalente che è la piccola e media borghesia, sia per il livello di coscienza che c'è nel nostro paese che è andato molto indietro - quando parliamo di "moderno Medioevo" non è soltanto perché fanno le leggi da moderno Medioevo,
ma perché ampie fette della popolazione ha idee da moderno Medioevo, vi sono cristallizzazioni di vecchia idee, nello stesso tempo la crisi dei movimenti, della lotta sociale ha prodotto un arretramento generale di coscienza, basti pensare a come sta la classe operaia.Quando parliamo di "moderno Medioevo" ne parliamo dentro un moderno sviluppo del capitalismo e dell'imperialismo e quindi non è il vecchio medioevo, ma un moderno Medioevo, una risposta reazionaria, nel senso proprio del concetto di "reazione", all'evoluzione naturale che contiene la crisi ambientale, la guerra, le barbarie che si vedono in giro, la crisi generale sull'economia, sui servizi sociali e così via. E' la vita quotidiana che domanda una rivoluzione.
In questo senso, è giusto chi, anche nel campo degli intellettuali, parla di reazione maschilista che non accetta che le donne vogliano decidere della propria vita, siano in molti casi più avanti di loro.
Questa reazione, attraverso la forma del governo e nell'intreccio con la crisi economica, si chiama "moderno fascismo". E quindi è uno scontro tra fascismo e progresso, tra fascismo e rivoluzione socialista
In questa congiuntura, la manifestazione del 25 novembre è stata un termometro di questa situazione. L'errore che potremmo fare in questo caso è di sottovalutazione.
Atre volte abbiamo fatto errori di sopravvalutazione quando i movimenti mettono in campo numeri che sono consistenti e ci danno una certa illusione; però poi non succede niente, i movimenti non hanno continuità e perfino alcun tipo di ruolo nei conflitti sociali e politici significativi del nostro paese e neanche sul piano elettorale, tanto è vero che c'è stato un crollo generale della partecipazione che ha regalato il governo alla Meloni.
Questa volta non è così e non va sottovalutato perché nel bene e nel male è un fatto fondamentale. Noi rivendichiamo questa manifestazione di Roma e spingiamo in avanti. Questo è il nostro primo problema, spingere in avanti perché purtroppo non ci possiamo illudere sui gruppi dirigenti di Non uno di meno, il loro modo di pensare non cambia radicalmente; certo, qualche cambiamento lo farà, ma in generale sono conservative, sono un ceto politico e intellettuale piccolo e a volte anche medio, borghese, e quindi un movimento così grande non può essere lasciato nelle mani di queste dirigenti.
Evidentemente noi possiamo fare pochissimo, dato che, qui sì, i numeri contano. La ramificazione nazionale, la presenza in tutti i contesti in cui le donne e le ragazze in questo momento si vogliono muovere non trovano una voce come la nostra, trovano voce afone, non in grado di investire le lotte spontanee, mettono al centro la questione dell'"educazione", che è l'obiettivo peggiore e insidioso, perchè quando si parla di educazione cominciano le proposte di leggi assurde e un'attività che spinge su un fronte che uccide la dinamica della lotta. "Se lottiamo, non ci uccide nessuno", questo è il messaggio che bisogna dare, se lottiamo non ci uccide nessuno oppure gli viene molto difficile. Se non lottiamo ci continueranno ad uccidere come e più di prima. Perchè il movimento che si è messo in moto produce una reazione uguale e contraria, da un lato di forza dall'altro di reazione feroce: per ogni donna che scende in piazza, due uomini pensano di ammazzarla. Siamo ancora a questo stadio delle cose. Guai, quindi, se le donne non continuano con la lotta, con il senso collettivo della forza che viene solo dalla lotta.
Su questo noi purtroppo, per le nostre forze e presenza nazionali, possiamo innanzitutto parlare, anche se ci sono momenti in cui le parole sono più importanti dei fatti, è grazie alle parole che si fanno i fatti e noi siamo proprio la dimostrazione di questo. Il 25 novembre ci ha regalato una legge, cioè che la linea decide non il numero. Su questo vorrei che le compagne se lo mettessero nel cuore, perché alcune di noi non capiscono che la linea è tutto, che se la linea giusta incidi. Certo, se hai i "soldati" vinci, questo è un problema.
Tutto quello che abbiamo detto e fatto nella manifestazione l'abbiamo costruito giorno per giorno attraverso la Controinformazione rossoperaia, le assemblee telematiche. Non c'è stata una cosa che non abbiamo toccato nella nostra denuncia di quello che è il nemico, la controparte sul piano politico, ideologico e culturale, fondamentalmente ideologico, una ideologia che si chiama fascismo. Quando riusciremo a far capire che gli stupratori sono fascisti, che tutto ciò che nella società è marcio è fascista e che avremo sempre di peggio, come gli altri paesi europei ci stanno dimostrando, allora quando una moglie ti dirà: tu sei maschilista, sei fascista davvero, allora riusciremo a trasformare ogni conflitto in guerra civile, in scontro irrimediabile, e non in richiesta "non uccideteci più". Perché anche questo c'è, "non uccidete più, imparate", e così via, sono tutte parole vuote, perché le dinamiche che producono i femminicidi non dipendono dall'aspetto culturale, ma dipendono dall'aspetto politico ideologico legato alla condizione generale sistemica della vita quotidiana. In questo senso i bravi ragazzi uccidono. I bravi ragazzi possono uccidere perché i bravi ragazzi in questo sistema si trovano di fronte ad una ideologia che si sovrappone a loro, un'ideologia che è più forte di qualsiasi volontà che il ragazzo può avere.
Noi dobbiamo fare questa battaglia, e la manifestazione di Roma ci dice che si può fare.
L'anno scorso noi eravamo una realtà irriducibile, dentro una platea in cui certo c'erano le "cattive ragazze", ma c'era una massa che non è che ci sosteneva. Questa volta, invece, siamo state più vicino all'essere "pesci nell'acqua" e quando è così, cambia la natura della manifestazione. Tutti coloro che hanno dovuto cercare una differenza rispetto alla marea positiva hanno dovuto scoprire noi, insieme alle donne/ragazze dell'azione contro la sede di provita, alle voci pro Palestina; hanno dovuto scoprire chi aveva dato voce simbolica alla ribellione. La stampa borghese ha attaccato essenzialmente noi, perché ogni volta che parla di un movimento delle donne irriducibile sa bene che ci deve mettere il cartello che lo rappresenta e questi erano i nostri cartelli, i nostri discorsi, quello che abbiamo scritto e detto. Nel grande percorso del corteo che ha invaso Roma noi eravamo disperse ma unite dalla stessa attitudine, dallo stesso fare. Non avevamo bisogno di essere un "gruppetto" nel corteo, non serviva a nulla. Non abbiamo purtroppo avuto la "fortuna" di stare all'attacco contro la sede provita; ma se ci fosse capitato i giornali avrebbero alzato il tiro. Come con Cospito tutti quelli che lottavano venivano chiamati tutti "anarchici", a Roma avrebbero chiamato tutte quelle che protestavano contro provita "femministe, proletarie, rivoluzionarie", in senso chiaramente insultante.
Sulle leggi. Per questo governo anche la legge sulla violenza sessuale diventa un capitolo del "pacchetto sicurezza". Quindi in questo senso noi non possiamo dare nessun appoggio a nessun tipo di richiesta legislativa fatta da questo governo, che sarebbe "la polizia sotto casa". Questa questione è insidiosa, come insidioso è il patto Schlein/Meloni, che peraltro ha purtroppo molti padrini come per esempio il film della Cortellesi, ora tanto propagandato, che da l'idea che il movimento conta nel suo riflesso elettorale, quando proprio quello è il non cambiamento, è l'inglobamento e disarmare il movimento e impedire che possa continuare invece di radicalizzarsi.
Per la borghesia il vero pericolo è questa radicalizzazione, la polarizzazione tra femminismo di classe rivoluzionario e femminismo piccolo borghese. Però, questo è esattamente quello che vogliamo noi. Della manifestazione del 25 novembre rivendichiamo le parole d'ordine che abbiamo portato, rivendichiamo le cose che abbiamo detto e fatto, rivendichiamo l'assalto ai provita, rivendichiamo i cartelli e le bandiere per la Palestina, rivendichiamo tutto quello che va incontro all'elemento di radicalizzazione. Non dobbiamo difenderci dagli attacchi, ma dobbiamo dire che così si fa. Questo ci produce qualche problema, ma ce ne fa guadagnare altri; ma non tramite Internet ma facendo arrivare la voce alle masse; quindi il primato dei volantini, dei manifesti, dei comizi, della parola. Il primato di arrivare dove è necessario arrivare anche quando è difficile.
La destra ha cercato di usare i gruppi estremisti per attaccare la sinistra; la sinistra in generale che va dai sindacati, ai partiti di sinistra, va dalle idee di sinistra, alla storia della sinistra, va dalla resistenza e così via. I giornali non fanno niente che non gli dice il governo che non sia al servizio del governo Meloni, che non domandi al governo di agire. In questo senso esiste un abisso tra ciò che scriveva il giornale quando c'era il governo Draghi e ora che c'è il governo Meloni. Questo purtroppo nell'estrema sinistra ancora non è compreso e per questo l'estrema sinistra è del tutto marginale. In una grande manifestazione come questa di Roma l'estrema sinistra doveva stare come il "cacio sui maccheroni" e invece non ci stava, ci stavamo solo noi, non ci stava il SiCobas, non c'erano le organizzazioni comuniste, che anzi la soffrono questa manifestazione. Perché è falsa sinistra è revisionismo, economicismo, è anti marxismo anti leninismo anti maoismo, e non è in grado di capire nè Marx, nè "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato", nè le grandi figure di Clara Zetking, nè Chiang Chin de "la rivoluzione nella rivoluzione".
Ma questa storia ci dice che fare, ci fa capire come si muovono le classi, come si muovono le dinamiche culturali, ideologiche nell'universo straordinario che è il movimento delle donne, prima fila della rivoluzione in questo paese, nei paesi imperialisti, teorizzato dal movimento femminista proletario rivoluzionario come tesi, come concezione, come forma mentis delle compagne.
Quindi, in questo senso questa manifestazione è davvero importante, è in un certo senso una scommessa che dobbiamo portare avanti.
In questo fare, dove stanno le lavoratrici? Nelle fila proletarie ancora non ci siamo. Sappiamo quanto è difficile, ma per le lavoratrici una manifestazione come questa vale molto di più delle assemblee delle donne lavoratrici. L'Assemblea Donne/Lavoratrici rischiano di essere un abbassamento del movimento femminista proletario rivoluzionario. L'Mfpr è più forte, più influente e può organizzare più masse di quante ne può organizzare l'Assemblea Donne/Lavoratrici, Non diamo per scontato che l'ADL, e non invece l'Mfpr, abbia influenzato in maniera particolare le donne lavoratrici, le donne operaie, le donne dei quartieri, tutto quel piccolo mondo, ma che è un grande mondo in termini di maggioranza sociale del paese.
Infine. Noi siamo il partito del proletariato e il partito del proletariato deve dire agli operai di appoggiare incondizionatamente il movimento delle donne che è sceso in campo, a partire anche dall'interno dei posti di lavoro.
Questa è la sfida del dopo Roma. Dobbiamo essere tenaci e creative.
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