Con il via libera al nuovo decreto, il Consiglio dei Ministri del 27 di novembre ha segnato la fine del mercato protetto per l’energia elettrica. Proprio oggi potremmo dire, nel contesto di crisi economica ed energetica, di carovita, con le bollette comunque già impossibili per gli aumenti di prezzi.
Nuovi aumenti in vista, quindi, che andranno a pesare in misura maggiore sui proletari, sulle masse popolari, sui disoccupati a cui è stato tagliato vigliaccamente il reddito di cittadinanza.
Ma lo stesso decreto da il via libera ai prezzi calmierati per le fornitura di elettricità e gas delle imprese energivore.
Un doppio regime, che ben rappresenta la politica del governo per i padroni e quella per i lavoratori, con i peggioramenti dell’ultima legge finanziaria, i pacchetti sicurezza della galera e della repressione, come risposta ai bisogni sociali e alle lotte; mentre da altri sgravi fiscali, finanziamenti a pioggia, impunità ai padroni.
L’attacco quotidiano di padroni e governo rende la condizione di vita e di lavoro della classe operaia e dei lavoratori in generale, pesanti ed incerte.
Cosa succede per i lavoratori nelle grandi fabbriche.
Mirafiori, il grande stabilimento del gruppo Stellantis che non ha un piano industriale e occupazionale dichiarato, è particolarmente utile a rappresentare questa situazione, che un operaio descrive come satura, "ci manca solo una scintilla’.
Giovedì 30 novembre, alle 5 di mattina, gli operai si presentano alla portineria delle carrozzerie a Mirafiori con la borsa della spesa in mano. La pioggia non aiuta la raccolta dei generi alimentari, ma con l’appoggio di alcune auto, i pacchi vengono messi all’asciutto dentro gli scatoloni.
È questa la risposta dei lavoratori all’appello di Fiom Fim Uilm ‘per un gesto concreto di solidarietà, nei confronti della
situazione drammatica dei 400 operai della Lear in cassa integrazione dal 7 novembre, per la minacciata chiusura della fabbrica, ufficialmente perché le commesse, uniche, di Stellantis per i sedili della Maserati, sono terminate.La raccolta è partita a singhiozzo per il meteo, ma per gli operai si tratta di un atto di solidarietà positiva nei confronti delle famiglie, portare prodotti alimentari o donazioni in denaro. Quindi proseguirà.
Ma l’attacco all’occupazione è esteso, molte sono le delocalizzazioni, la ristrutturazione colpisce duro dentro tutto il gruppo Stellantis, e la "prima solidarietà operaia" dovrebbe essere la mobilitazione comune per respingere i licenziamenti, per respingere le proposte oscene di commesse in cambio di riduzioni di stipendio. Questa solidarietà di classe è necessaria per le sorti dell’intero gruppo.
Per ora, le prospettive, illusorie se non accompagnate da una forza reale di mobilitazione degli operai, sono soluzioni istituzionali, a cui sembra crederci solo l’apparato sindacale, e che in realtà fanno danni e contribuiscono a tenere divisi e passivi i lavoratori - il presidio alla Lear ha tolto il blocco alle merci e ai Tir.
La giornata continua male, alle 8 quelli della 500 vengono mandati a casa per mancanza di materiale. Tanti operai masticano amaro. Si sono alzati alle 4, hanno fatto chilometri per arrivare puntuali al primo turno, e la cig usata per coprire il turno, non ripaga del danno economico, del sentirsi ruota di scorta.
Ma la flessibilità, gestita sia con gli straordinari, la mobilità interna sulle linee e sulle postazioni, e con la cig di fatto senza preavviso, è parte dell’organizzazione del lavoro da molto tempo ormai. Una organizzazione del lavoro che colpisce, in modo mirato, con maggior forza le operaie.
La fabbrica ha partecipato allo sciopero del 24 novembre. Nel primo turno massicciamente, nel secondo turno le linee, sono state rallentate ma hanno ‘camminato’, con una presenza in piazza della fabbrica non certo di massa, anche se i sindacalisti sono stati costretti a parlare duramente dal palco.
"Gli operai sono assuefatti dalla cassa integrazione - dice un operaio - alcuni affermano, ‘per ora mangiamo’; sono colpiti dalle pesanti campagne per gli esuberi incentivati, son preoccupati, ma non riescono a fare quel passo in più, sono in balia delle onde"
Una condizione che fa vedere tutto storto, dove gli operai riprendono acriticamente, spontaneamente luoghi comuni, e vanno dimenticandosi che i padroni temono la forza della classe operaia organizzata e ribelle. Uno di questi modi di vedere racconta di come Tavares sia diverso da Agnelli: 'lui sì che ci teneva al rapporto con i sindacati, i piani di Tavares invece, quando va bene li conosci dalla stampa il giorno dopo che sono stati applicati...'.
Ma quello che c’è di profondamente diverso tra i due comandi aziendali è la forza della classe operaia, quella dell’autunno, e quella di oggi, dentro una lunga stagione di passività.
Agnelli che pubblicamente dichiarava di non poter fare a meno dei sindacati, in realtà non era alla contrattazione che guardava in primo luogo, ma a trovarsi degli alleati per contenere le spinte di una classe operaia cosciente e organizzata in lotta per il potere. Tavares non ha ancora trovato questo fronte.
La mobilitazione di Melfi, gli scioperi spontanei di Pomigliano, non sono stati raccolti. La Fiom cerca di accreditarsi una linea di classe con i viaggi all’estero, ma della grande lezione dello sciopero dell’auto Usa ha riportato poco o nulla. Non certo la tattica e la strategia applicata per dare forza agli scioperi, mobilitando e schierando progressivamente tutti gli stabilimenti nella lotta a ondate, a seconda dell’importanza produttiva, per gestire e far durare le forze nello scontro con i padroni dell’auto.
Quanto avviene a Mirafiori ha molti punti i comune con le fabbriche del paese.
La condizione degli operai oggi, anche dove la contrattazione fa accordi e la produzione va, è fatta è fatta di attacchi padronali, capi sempre più con il fiato sul collo, una disciplina imposta da caserma, gli accordi sindacali accettati a scatola chiusa, senza partecipazione, conoscenza, centrati sempre più sul precariato, buono per tagliare i diritti ai lavoratori e che spingono ad alzare i ritmi e a sottomettere ancora di più i lavoratori al profitto, a subire la mancanza di sicurezza e di tutela per la salute, senza un’autonomia di pensiero e di azione per affrontare tutto questo dal punto di vista degli interessi della classe operaia.
Questa realtà restituisce l’idea di come le fabbriche siano un terreno facile di penetrazione per le politiche dei governi, oggi il razzista e fascista Meloni.
Ma le fabbriche, le grandi fabbriche, nella società capitalista restano il centro della produzione e della scontro di classe, per la concentrazione di operai, per i rapporti di forza che possono svilupparsi, nella battaglia con questo sistema di sfruttamento.
Ed è dentro questo contesto che lavoriamo. Lavoriamo per questa coscienza indispensabile a nuovi rapporti di forza tra proletari come classe e padroni, governo, Stato.
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