di Lubna Masarwa e Nadda Osman (*)
I lavoratori palestinesi di Gaza detenuti da
Israele hanno raccontato di essere stati maltrattati, umiliati e
torturati per quattro settimane dopo essere stati arrestati in
risposta all’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre. Si stima che
circa 4.500 lavoratori di Gaza si trovassero in Israele quando
centinaia di combattenti palestinesi hanno preso d’assalto le
comunità israeliane vicino alla Striscia di Gaza, uccidendo circa
1400 persone.
Nonostante si trovassero in Israele con un
permesso di lavoro, sono stati tutti radunati in strutture di
detenzione e, secondo le testimonianze di prima mano, ripetutamente
umiliati e maltrattati.
I lavoratori recentemente rilasciati da Israele hanno raccontato a Middle East Eye che i loro permessi di lavoro erano stati revocati e che sono stati rimandati a Gaza a piedi, nonostante l’enclave costiera fosse sottoposta a continui bombardamenti e a un’invasione di terra israeliana. I lavoratori sono stati costretti a camminare per 6 km fino a quando sono arrivati a Gaza attraverso il valico di Kerem Shalom, vicino alla città meridionale di Gaza, Rafah.
Nei video che circolano online, si vedono centinaia di lavoratori tornare a Gaza a piedi. Non è chiaro quanti dei 4.500 lavoratori siano stati rilasciati. I palestinesi hanno raccontato a MEE di vari abusi subiti durante la detenzione, molti dei quali sembrano equivalere a torture.
“Un uomo mi ha chiesto se volevo qualcosa da bere, poi mi ha gettato addosso acqua bollente”.
“Ragazzi della stessa età dei miei figli ci hanno spogliato e urinato addosso… nessuno ha parlato di noi lavoratori detenuti in Israele, non la Croce Rossa. l’Autorità Palestinese ci ha tradito, il mondo intero ci ha tradito”, ha detto un lavoratore ad Al Jazeera al suo arrivo a Gaza.Miriam Marmur, direttrice del gruppo israeliano
per i diritti Gisha,
ha dichiarato a MEE che le informazioni ricevute sulla detenzione dei
lavoratori sono “estremamente preoccupanti e allarmanti”.
“Non abbiamo modo di sapere quante persone siano state
trattenute illegalmente nei centri di detenzione israeliani perché
Israele si è rifiutato di rivelare i nomi e la posizione delle
persone detenute”, ha dichiarato Marmur.
Marmur ha
aggiunto che i lavoratori sono stati trattenuti in strutture
all’interno di basi militari israeliane nella Cisgiordania occupata
e non è a conoscenza di quanti lavoratori siano ancora detenuti.
“Ci
sono diverse segnalazioni di incursioni da parte delle forze
israeliane, che prelevano i lavoratori palestinesi e li portano nei
centri di detenzione”, ha detto Marmur, aggiungendo che “da
quello che descrivono, le condizioni sono estremamente, estremamente
terribili”.
Middle East Eye ha chiesto un commento
all’esercito israeliano.
Abusi psicologici e fisici
I lavoratori palestinesi rilasciati hanno dichiarato di non aver avuto accesso a una rappresentanza legale. Agli operatori umanitari è stato anche vietato di entrare nelle strutture di detenzione per effettuare valutazioni delle condizioni.
“Siamo stati maltrattati per 25 giorni,
eravamo circa 5.000-6.000 persone detenute”, ha dichiarato una
persona ad Al Jazeera. Molti dei lavoratori hanno raccontato di
essere stati costantemente minacciati mentre venivano loro poste
domande su Hamas.
“Alcune persone sono state interrogate.
Hanno avuto la peggio, sono stati incatenati e picchiati. Ci hanno
chiesto se conoscevamo qualcuno di Hamas”, ha raccontato un
anziano signore ai media locali. “Ovviamente non sappiamo
nulla, siamo solo lavoratori”, ha detto un altro uomo in un
filmato che circola online.
I lavoratori hanno dichiarato che le
autorità israeliane non hanno permesso loro di accedere ai telefoni
o di telefonare alle loro famiglie, lasciando molti di loro
preoccupati per il benessere dei loro cari sotto i bombardamenti.
“Se Dio vuole, torneremo e troveremo i
nostri figli e le nostre famiglie sani e salvi”, ha dichiarato
un uomo ai media locali. “Siamo stati torturati, nessuno ha
avuto pietà di noi.
Ci hanno preso soldi e vestiti, ci hanno
lasciato nudi per tre giorni mentre ci torturavano. Eravamo affamati,
ci hanno preso a calci e pugni, ci hanno calpestato la testa, ne sto
ancora soffrendo”.
Secondo i lavoratori, sono stati consegnati alle
forze israeliane dai loro datori di lavoro.
Nei filmati diffusi
online, si vedono i lavoratori che mostrano le targhette blu
applicate alle loro caviglie. Hanno dichiarato che nessuno dei loro
effetti personali, compresi telefoni e denaro, è stato loro
restituito prima del rilascio.
Gli israeliani acclamano i filmati degli abusi
Dopo l’attacco del 7 ottobre, la retorica e il sentimento anti-palestinese hanno raggiunto un massimo storico in Israele. I funzionari israeliani hanno chiesto l’eliminazione di Gaza e hanno invitato a torturare i palestinesi collegati all’attacco.
Nel frattempo, si sono intensificati gli attacchi contro i cittadini palestinesi di Israele e i palestinesi della Cisgiordania occupata. All’inizio di questa settimana, gruppi israeliani di estrema destra hanno condiviso e celebrato sulle app di messaggistica video di quelli che sembravano essere lavoratori palestinesi in Cisgiordania maltrattati da soldati israeliani.
Molti di questi video sono stati pubblicati su
“Without Limits”, un canale Telegram della destra
israeliana, che conta oltre 117.000 iscritti, tra gli altri gruppi di
destra.
In un video straziante, si vedono uomini palestinesi
bendati con fascette intorno alle mani che vengono assaliti da truppe
pesantemente armate. Gli uomini, alcuni dei quali sono stati
spogliati completamente nudi, si sentono urlare mentre giacciono a
terra.
I soldati li trascinano per terra, mentre un soldato
israeliano calpesta la testa di un detenuto. I suoi colleghi si
sentono ridere in sottofondo.
La clip ha quasi 2.000 emoji di
risate e centinaia di emoji di celebrazione, oltre a reazioni di
occhi innamorati. L’esercito israeliano ha dichiarato in precedenza
a MEE che le azioni dei soldati visti nel filmato sono “deplorevoli”
e ha detto che indagini sono in corso.
Il video è visibile su Pagine Esteri.
(*) Originale in inglese da Middle East Eye. Traduzione italiana di Federica Riccardi tratta da Pagine Esteri.
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