sabato 11 novembre 2023

pc 11 novembre - Importante Intervento sulla Palestina di proletari comunisti/PCm

Intervento fatto in modalità telematica durante la serata organizzata il 7 novembre dal "punto libreria Metropolis" a Milano

La questione palestinese è esplosa in tutto il suo scenario e ci pone anche la questione di come noi ci mobilitiamo per la Palestina, ma anche perché la Palestina rappresenta in questo momento non solo un attacco a un popolo, un vero e proprio genocidio nei confronti del popolo di Gaza e Cisgiordania, ma rappresenta un'accelerazione dello scenario di guerra che ha incendiato a partire dall'Ucraina il mondo e che adesso assume un'altra dimensione. È chiaro che questo assume un contesto ben preciso sul quale fare dei ragionamenti e capire come intervenire, cosa serve per parlare di internazionalismo.

Abbiamo verificato nelle grandi manifestazioni che ci sono state in Italia, in particolare a Milano, come ci sia stata la mobilitazione non solo della comunità palestinese ma di tutte le masse arabe di provenienza dagli altri paesi, dal Marocco alla Tunisia, all'Egitto, Algeria, Libano. E ha mostrato come il popolo, il proletariato a livello internazionale, ha a cuore la questione della Palestina. E le parole d'ordine hanno mostrato non si può non essere solidali, ma che bisogna andare oltre, affinché la resistenza e la lotta del popolo palestinese arrivi alla vittoria.


In questa serata parliamo anche del ruolo dell'imperialismo italiano che è a supporto di Israele su tutti i fronti, anche con l'invio di armi e militari in zona.

Oggi è il 7 novembre, l'anniversario della rivoluzione d'ottobre, per noi comunisti riferimento indispensabile di come si risponde alla guerra imperialista e di come si lavora per mettere fine all'oppressione dei popoli. L'ottobre rosso è stato questo. Per questo è il nostro faro di riferimento ancora oggi di una prospettiva strategica di cambiamento del mondo, soprattutto nella fase in cui esso marcia verso una guerra, e come ogni guerra imperialista l'obiettivo che si pone è di ripartire il mercato mondiale, di intensificare l'oppressione dei proletari in tutti i paesi oppressi del mondo e nei paesi imperialisti.

Tutti i compagni stanno sottolineando questa prospettiva. Fanno la loro parte in un movimento molto più grande, e a cui bisogna dare il massimo contributo. Tutti i compagni significa l'intero movimento comunista internazionale. 

Quando noi parliamo di movimento comunista internazionale, facciamo innanzitutto riferimento al movimento comunista autentico, marxista leninista maoista, che nel mondo si batte sulla base della scienza della nostra classe, il marxismo sulla base della storia verificata della potenza del marxismo rappresentata dal leninismo e dalla Rivoluzione d'ottobre e sulla base degli sviluppi ad essa portati sulla strategia e la visione del mondo dal maoismo attraverso l'universalità per i propoli oppressi della via della guerra di popolo.

La nostra posizione non ha alcun equivoco, in questa giornata che cade a un mese dall'attacco senza precedenti di Hamas allo Stato d'Israele. Questa azione è il risultato inevitabile dell'occupazione israeliana e ha dato corpo alle aspirazioni del movimento di liberazione del popolo palestinese. Questa azione è stata un'azione eroica. Innanzitutto noi, come comunisti, la

salutiamo senza alcuna distinzione. Lo Stato di Israele e l'imperialismo è stato messo in scacco dalla resistenza armata delle masse palestinesi. Laddove pensavano di avere tutto sotto controllo, laddove pensavano che le loro. truppe assassine, i loro sistemi di tecnologia avanzata, il loro dominio militare, insieme alla parziale complicità dei regimi e delle classi dominanti dei paesi arabi, li mettevano al riparo da ogni sorpresa e potevano continuare con lo stillicidio quotidiano con il silenzio complice della stampa. Laddove pensavano che la protezione internazionale dell'imperialismo e delle istituzioni internazionali, che non sono stati in grado di far rispettare alcune delle risoluzioni Onu che pure avevano approvato; laddove pensavano di governare la crisi interna che lo Stato di Israele ha attraversato e attraversa, anche con i movimenti interni che mettono in discussione il governo reazionario fascista, Netanyahu, il più reazionario che la storia di Israele ricorda; l'azione delle masse palestinesi e di una parte della sua avanguardia armata li ha colti di sorpresa e ha mostrato che le masse oppresse non si arrendono. E anche se hanno dovuto subire ogni tipo di sopruso, ogni tipo di repressione, uccisioni dello Stato sionista e dell'imperialismo tutto questo non le ha domato.

Il valore storico fondamentale dell'azione del 7 ottobre rimane nella storia della lotta di liberazione del popolo palestinese. Ogni tentativo di mettere sullo stesso piano la resistenza armata, la risposta. che il popolo palestinese ha messo in campo e l'azione genocida dello Stato di Israele, è una posizione indegna e inaccettabile. Ed è un puro pretesto per potersi sottrarre al compito storico dei comunisti, ma anche dei democratici, degli antimperialisti di schierarsi senza condizioni con il popolo palestinese.

Indipendentemente dalle dichiarazioni e a volte anche dalle azioni di solidarietà al popolo palestinese, occorre respingere una posizione per cui il popolo palestinese è buono solo quando si può parlare di gli umanitari, di assistenza; invece quando il popolo alza la testa in armi, allora diventa terrorismo.

Ogni definizione come "terrorista" dell'azione di Hamas è un'infamia, un crimine per cui non c'è una giustificazione. La lotta dei popoli è lotta armata di liberazione. Nella lotta di liberazione tutte le forme di lotta a disposizione sono necessarie e utili e vanno usate contro il nemico. Tutta la storia ce lo ha insegnato. Sempre l'imperialismo e i suoi servi definiscono "terrorismo" queste azioni, lo hanno fatto anche durante la nostra Resistenza antifascista.

C'è un solo terrorismo, quello dello Stato di Israele, uno stato del terrore che proprio in questi giorni dimostra che di questo si tratta. Non c'è nessun terrorismo, "l'unico terrorismo sono le bombe dell'imperialismo". La storia intera dell'imperialismo americano che ha prodotto in decenni infiniti esempi di come l'imperialismo sia, oltre che oppressione dei popoli e unificatore dello sfruttamento dei proletari e delle masse, uno stato del terrore, uno Stato dell'oppressione pura. E, in questo senso, degno erede del nazismo.

Quindi il nostro primo problema è di difendere strenuamente l'azione del 7 ottobre. Di non accettare anche insidiose rappresentazioni che pure dal nostro campo vengono. Abbiamo sentito in alcune manifestazioni compagni normalmente molto impegnati nella solidarietà al popolo palestinese

che dicevano: non sono complottista però, potrebbe essere che lo Stato di Israele ha favorito l'azione di Hamas per poter dispiegare pienamente la sua azione genocida. Questo è un'infamia! Anche quando viene detta da compagni. Perchè punta a sminuire e collocare nell'orizzonte delle ipotesi oscure la resistenza del popolo palestinese e l'azione effettuata in questa occasione da Hamas, da cui ci distingue evidentemente ideologia e programma, come da altre forze nel movimento di liberazione palestinese. Ma questo è naturale, perché i popoli hanno un obiettivo comune, che è l'indipendenza, l'autodeterminazione nazionale, la nascita, la rinascita, diremmo noi, dello Stato di Palestina, Stato libero, democratico, in cui tutte le espressioni del popolo possano convivere indipendentemente dalla loro religione. Uno Stato laico che, nel contesto dell'attuale contesa internazionale e nazionale, contro l'imperialismo e il suo inevitabile volto della reazione, il fascismo, mette in discussione le fondamenta dell'imperialismo. Oggi essere per uno Stato laico vuol dire affermare con chiarezza che solo il proletario, i popoli possono oggi impugnare le bandiere nella loro tratta di liberazione nazionale e sociale, dall'imperialismo dal sistema capitalista.

E da tutto ciò che discende, quindi, il punto chiave. Perché, senza affermare con chiarezza la forza dell'attacco che il popolo palestinese ha prodotto, la sua capacità di rinascere dopo le tante sconfitte subite che non lo hanno mai domato, non ci sarebbe la speranza che, anche a fronte di questa situazione drammatica, in una certa misura senza precedenti, nulla e nessuno riuscirà a cancellare né il popolo né la sua resistenza. Per quanto nero appare il presente, il futuro del popolo palestinese è la liberazione, che per noi significa marciare verso uno Stato di nuova democrazia e di transizione al socialismo.

In questo senso, un altro punto per noi è altrettanto importante. Tutto il mondo capitalista/imperialista e tutte le sue propaggini, i partiti comunisti, i grandi partiti operai, che hanno cambiato natura, i falsi populisti dei popoli oppressi, hanno cercato di cancellare storie e ideologia dei popoli per poter eternizzare la oppressione. Allora, noi dobbiamo essere fermi e chiari. La solidarietà non è una parola. Lenin, proprio nel corso dell'esperienza storica della Rivoluzione d'ottobre, afferma che la solidarietà consiste essenzialmente in due punti: fare la rivoluzione nel proprio paese, combattere il nostro imperialismo, combattere la nostra classe dominante, interna al sistema mondiale dell'imperialismo, perfino indipendentemente dalla sua collocazione temporanea, in uno dei blocchi imperialisti che si scontrano. Fare la rivoluzione nel proprio paese è la più alta forma di internazionalismo, insieme al secondo compito; sostenere in ogni paese la nostra stessa stessa battaglia.

L'internazionalismo è questo e le manifestazioni che si stanno svolgendo per la Palestina da parte delle diverse forze, sensibilità sono uniti da questo senso di solidarietà internazionalista, e sono espressione di un internazionalismo agente proprio quando concentrano la loro iniziativa nella denuncia del nostro imperialismo, del ruolo che va svolgendo il nostro governo, che non è banale in tutta questa vicenda per ragioni anche da vedere, e ancora più facili da intuire. E' un governo ispirato al fascismo, al mito del colonialismo storico e non poteva che incarnante la sua collocazione a fianco del nemico del popolo palestinese, lo Stato sionista israeliano, e dell'imperialismo americano, verso cui l nostro governo agisce da servo dei servi.

Quindi, in questo senso, siamo dentro il "ventre della bestia" per contribuire e partecipare alla lotta di liberazione del popolo palestinese, sia sostenendolo in tutte le forme, sia intensificando l'azione nei confronti del nostro imperialismo. Azione che non dipende meccanicamente dalle masse, sia quando esse siano fuse, sia quando, come oggi, siano ancora distinte per ragioni storico concrete. Ma anche in questi casi l'avanguardia ha il compito di indicare la strada e quindi di comprendere il contesto internazionale e nazionale in cui avviene oggi la lotta di liberazione palestinese, il contesto della tendenza alla guerra imperialista mondiale.

Questo contesto è l'altra faccia della medaglia della guerra in corso in Ucraina. Questo contesto, in un certo senso, ci dice che dobbiamo necessariamente attrezzarci ai tempi e pensare che l'unico modo per rovesciare i governi è la lotta rivoluzionaria, la lotta armata. Certo, la lotta armata senza le masse non può vincere, la sua avanguardia armata non ha alcuna possibilità, anche l'esperienza storica ce lo dice, ma la strada dei proletari e dei popoli è questa.

Sono in atto massacri inenarrabili, la minaccia dell'uso della atomica nei confronti del popolo palestinese; le potenze imperialiste mettono in moto tutto il loro arsenale, oltre che ideologico, statale, militare per schiacciare i popoli, possiamo avere scrupolo nel dichiarare forte e chiaro che alle armi dell'imperialismo bisogna rispondere con le armi del proletariato? Non c'è un'altra soluzione. Affermare questo è affermare il diritto dei proletari e dei popoli a liberarsi.

Quindi, in questo senso diciamo: ogni forma di solidarietà popolare di massa è sempre stata un elemento centrale della partecipazione dei popoli. Ma essa è possibile se l'avanguardia ha aperto una nuova stagione, si assume la responsabilità con la denuncia, l'azione, la mobilitazione, l'attrezzamento delle energie e forme di organizzazione per una lotta per fermare realmente la macchina della guerra, la macchina dell'oppressione.

Lo dobbiamo agli 11.000 morti di Gaza, ai 5000 bambini. Lo dobbiamo ai combattenti che hanno messo in discussione la loro vita. Se il popolo palestinese, anche attraverso la sua attuale organizzazione, dichiara apertamente "siamo una nazione, un solo corpo, chiamo il nostro popolo a incendiare la terra con le fiamme sotto i piedi del nemico. Siamo di fronte a crimini senza precedenti nella storia moderna, non rinunceremo alla nostra legittima presenza in Palestina".

E non ci sembra che l'appello che recentemente ha emesso il fronte Popolare di liberazione della Palestina dica cose diverse.

Invitiamo tutti i solidali ad alzare il tiro della loro solidarietà.

Dobbiamo anche combattere un'insidiosa posizione. Noi siamo con il fronte popolare della liberazione della Palestina, ma questo non può essere usato per attenuare l'importanza dell'azione condotta da Hamas, che è il Fronte comunque appoggia. Non bisogna cercare scorciatoie su questo. Non bisogna cadere nella trappola di Israele che dice: colpiamo Hamas non il popolo palestinese, cercando di far passare l'idea che oggi esista un popolo palestinese senza Hamas che è maggioritario nella Striscia di Gaza, e non è certo per caso. Non lo ha imposto nessuno, non dipende dall'Iran, se il popolo palestinese sostiene in larga parte la resistenza armata.

Anzi, è vero esattamente il contrario. Ciò che è screditato in Palestina è il ruolo dell'Autorità nazionale palestinese e della sua direzione. L'Autorità nazionale palestinese è complice. ha ridotto la lotta di liberazione del popolo palestinese. L'ANP è fatta di gente corrotta, legata con mille fili non solo alla classe dominante in Palestina che esiste senz'altro, ma è legata per diversi fili agli accordi e alla storia recente che hanno reso più forte lo Stato di Israele e più debole il popolo palestinese. La stampa ogni tanto ne parla, ma in Cisgiordania sono state rinviate le elezioni, l'ANP non ha voluto fare le elezioni, sempre perché il timore generale era che Hamas le vincesse.

Ci sono chiaramente questioni ideologiche, politiche che noi non condividiamo di Hamas, ma non c'è alcuna possibilità di mettere il popolo palestinese, la sua attuale organizzazione maggioritaria sullo stesso piano dell'Isis/bin Laden. Hamas è il partito maggioritario scelto dai palestinesi, e lo sarebbe anche se si facessero le elezioni. Perfino qualcuno osa indicare il nome di un prigioniero politico, Barghouti, a cui noi siamo tutti legati, per fermare la resistenza del popolo palestinese. E' una carta dell'imperialismo, dello Stato sionista per schiacciare il popolo palestinese e imporre una direzione fantoccio che p esistere solo con le armi dello Stato di Israele, cercando di far fare un passo indietro alla lotta di liberazione del popolo palestinese.

Purtroppo, come spesso avviene nelle lotte di liberazione, c'è un elemento di guerra civile che si accompagna alla lotta di liberazione, perché è chiaro che anche il popolo palestinese ha un nemico interno. Questo nemico interno si chiama Autorità nazionale palestinese.

Un'altra insidiosa campagna è quella di riprendere uno slogan, a noi tutti chiaro che gridiamo ancora oggi nelle manifestazioni, quello di "Intifada". Chiaramente l'Intifada è stata la forma della ribellione della gioventù palestinese in generale per resistere contro il nemico sionista e la sua pressione quotidiana. Ma l'azione di Hamas ha cambiato l'epoca di questa battaglia.

La strada unica è la guerra di popolo. Meglio di Hamas, c'è la guerra di popolo. Meglio della lotta armata di Hamas c'è l'armamento generale del popolo, perché questo ancora non c'è.

Chiaramente l'ideologia e la prassi di guerra di Hamas è tale per cui il popolo appoggia ma non è parte centrale di questa guerra, non ha armi per difendersi. Questa guerra è affidata ai combattenti armati di Hamas. Ecco perchè meglio di Hamas, c'è la guerra di popolo.

L'Intifada è necessaria ancora in Cisgiordania per rovesciare l'attuale governo di Abu Mazen, ma a Gaza non è più l'arma possibile per il popolo palestinese per sconfiggere il nemico, per di più in una situazione in cui all'occupazione, si è unita l'invasione e la minaccia genocida.

La storia dei popoli dimostra che solo le guerre di popolo possono resistere all'offensiva del nemico e possono, oltre che resistere, mettere in condizioni dopo di ripartire. E' una verità che Mao Tsetung ci ha insegnato. Ed è di "buon senso" in una dinamica di guerra.

Nel movimento in solidarietà con il popolo palestinese, noi appoggiamo tutte le forme, ogni tipo di sostegno che viene oggi al popolo palestinese. Ma è importante anche discutere, portare gli elementi, non certo di una nostra posizione, ma di ciò che è in grado di corrispondere all'analisi concreta della situazione concreta nel contesto specifico attuale.

Alzare il tiro della lotta contro il nostro imperialismo. Avanzare nella visione della lotta del movimento operaio, dei popoli, dall'Ottobre alla rivoluzione in Cina, al Vietnam, ecc.

E' il nostro compito quotidiano, il nostro lavoro quotidiano.

Le contraddizioni nell'attuale contesa tra gli imperialisti che vedono da un lato l'imperialismo USA e i paesi imperialisti europei, Italia compresa, e la Cina non sembra servano al popolo palestinese e alla sua lotta di liberazione. Certo, queste contraddizioni esistono, ma avere fiducia in queste contraddizioni, purtroppo, ha dimostrato in tutti questi anni che non è servito a dare ai palestinesi più forza, né uno Stato, né una forza politica, militare, diplomatica, in grado di contenere l'aggressione, l'invasione, l'occupazione sionista, per mettere in discussione i rapporti di forza.

Occorre essere solidi se si vuole interpretare correttamente l'internazionalismo.

Infine, un ultima importante questione. La classe operaia, esiste il proletariato e la classe operaia in Palestina come in Israele, la classe operaia ha una funzione storica anche lì, anche se oggi appare abbastanza complicato il suo ruolo specifico nella contesa. Anche in Palestina ci sono proletari che lavorano soprattutto in Israele, tanti di religione ebraica. E' chiaro che l'unità proletaria è un elemento di forza che auspichiamo che le organizzazioni di orientamento proletario in Palestina possano impugnare.

In questo senso il nostro pieno appoggio agli scioperi, agli appelli che vengono dai sindacati palestinesi. Così come all'unità dei proletari in tutto il mondo arabo che possano ribellarsi alle loro classi dominati che, al di là delle parole, stanno dimostrando proprio nei fatti che non scenderanno in campo realmente.

Nel nostro paese, da parte nostra, un lavoro di intensità principale verrà svolto verso la presa di posizione e la mobilitazione degli operai.

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