Si riaprono le celle per le donne incinte o con figli minori di un anno, arriva il reato di rivolta nelle prigioni e nei Cpr, si reprime “legalmente” il dissenso di chi rivendica diritti. Il garante dei detenuti del Lazio: “Segnale elettorale al mondo della sicurezza e della polizia”
di Angela Stella da l’Unità
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un “pacchetto sicurezza” con norme che riguardano diversi ambiti, tra i quali il carcere. Ne parliamo con Stefano Anastasia, Garante dei detenuti del Lazio.
Nel ddl sicurezza Giorgia Meloni
riapre le celle per le donne incinte o con un bambino sotto un anno pur
se negli istituti a custodia attenuata. Fino a ieri la pena veniva
differita, adesso cambia tutto.
Personalmente ho visto le donne incinte in carcere così come i bambini
sotto un anno di età: sono cose che non avrei mai voluto vedere. Auspico
che questa norma non veda mai la luce.
Nella scorsa legislatura era quasi un mantra: ‘mai più bambini in carcere’. Oggi si va nella direzione opposta.
Quel rinvio dell’esecuzione della pena per le donne incinte e le madri
con figli sotto un anno è una
Anche se non c’è scritto, questa previsione sarebbe pensata per le donne rom. Come legge questo aspetto?
Nel nostro Paese c’è chiaramente un problema di discriminazione nei
confronti delle persone di etnia rom e sinti. Questo è un fatto noto e
che è anche all’origine di tanta parte di devianza di queste persone che
sono ai margini della società. Bisognerebbe lavorare per percorsi di
inclusione e integrazione. In questo modo invece le si mette ancora di
più ai margini e si enfatizza la discriminazione che già esiste.
Si prevedono fino a 8 anni di
carcere per chi organizza e dirige una rivolta in carcere e fino a 5 per
chi vi partecipa. Eppure dall’altra parte il Governo vorrebbe
modificare il reato di tortura che si consuma proprio in carcere spesso.
È del tutto evidente che c’è un referente sociale delle politiche del
governo su questa materia. Il referente sociale non è neanche giusto
dire che sia la polizia ma sono alcuni sindacati che rivendicano una
impunità ingiustificata per chi dovesse commettere reati in carcere;
viceversa chiede una punizione oltre misura per – così pare leggere
dalle indiscrezioni – rivolte che possano essere compiute anche da tre
persone. Vorrei capire quali rivolte sono quelle compiute da tre persone
e se non ci siano già gli strumenti penali per punire le aggressioni o
altre forme di violenza commesse in carcere.
Inoltre Meloni accontenta le
forze di polizia: pena aumentata di un terzo se un atto di violenza o
minaccia è commesso contro un pubblico ufficiale.
Sono norme che non hanno alcuna urgenza di essere approvate. Si tratta
di tutti comportamenti violenti che quando si realizzano sono già
puniti. Questo pacchetto sicurezza a me sembra sostanzialmente orientato
a dare un segnale politico ed elettorale ad una base di consenso del
Governo e delle forze di maggioranza che certamente per quel che
riguarda il carcere – ma non solo – è il mondo della sicurezza e della
polizia.
Insomma nuovi reati e innalzamento delle pene. Tutto il contrario del pensiero di Nordio.
Ancora due giorni fa il Ministro Nordio intervenendo all’evento per il
ventennale dei garanti territoriali ha ribadito che la sua idea del
diritto penale è quella per cui occorre ricorrere al carcere solo quando
necessario. Ci ha spiegato che le caserme di cui parla dovrebbero
servire per far uscire dal carcere le persone che non dovrebbero stare
in carcere. Tuttavia io temo che se la politica del Governo continui a
essere questa, ossia la previsione di nuovi reati e di innalzamenti
delle pene per qualsiasi fatto che succeda nel nostro Paese, credo che
le caserme finiranno per essere riempite di persone che non usciranno
mai dal carcere. Diventeranno nuove prigioni.
Tutte queste contraddizioni del
Guardasigilli possono far pensare che in tema di giustizia e sicurezza
comandino solo Mantovano e Piantedosi e non Nordio?
Le dinamiche interne al Governo non le conosco. Mi pare però che ci sia
dall’inizio di questa legislatura una coerenza tutta nel segno
dell’abuso sia del diritto penale che del carcere.
Osservatorio Repressione
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