sabato 11 giugno 2022

pc 11 giugno - LENIN: Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina

Lettera agli operai e ai contadini dell'Ucraina in occasione delle vittorie riportate su Denikin

Lenin | Opere complete, Volume 30, Editori riuniti, pag. 259-265

Trascrizione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

28/12/1919

Compagni, quattro mesi fa, alla fine dell'agosto 1919, ho avuto occasione di scrivere una lettera agli operai e ai contadini a proposito della vittoria riportata su Kolciak.

Oggi riproduco integralmente questa lettera per gli operai e i contadini dell'Ucraina, in occasione delle vittorie riportate su Denikin.

Le truppe rosse hanno liberato Kiev, Poltava, Kharkov e marciano trionfalmente su Rostov. In Ucraina l'insurrezione contro Denikin divampa. È necessario raccogliere tutte le nostre forze per sconfiggere definitivamente le truppe di Denikin che hanno tentato di restaurare il potere dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti. È necessario schiacciare Denikin per premunirci contro ogni minima possibilità di una nuova invasione.

Gli operai e i contadini dell'Ucraina devono conoscere tutti gli insegnamenti che i contadini e gli operai russi hanno tratto dall'esperienza della conquista della Siberia da parte di Kolciak e della liberazione di questo territorio per opera delle truppe rosse dopo i lunghi mesi trascorsi sotto il giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti.

In Ucraina il giogo di Denikin è stato una prova tanto penosa quanto il dominio di Kolciak in Siberia. Non v'è dubbio che le lezioni tratte da questa prova penosa indurranno gli operai e i contadini dell'Ucraina come quelli degli Urali e della Siberia - a comprendere meglio i compiti del potere sovietico e a difendere questo potere con più fermezza.

Nella Grande Russia la proprietà fondiaria è stata completamente abolita. In Ucraina bisogna fare la stessa cosa, e il potere sovietico degli operai e dei contadini ucraini deve sancire l'abolizione totale della proprietà fondiaria e la liberazione completa degli operai e dei contadini ucraini dal giogo dei grandi proprietari fondiari e dai proprietari fondiari stessi.

Ma oltre a questo problema e a una serie di altri, che si ponevano e si pongono tuttora dinanzi alle masse lavoratrici russe e ucraine, il potere sovietico in Ucraina ha dei compiti specifici. Uno di questi compiti merita in questo momento un'attenzione particolare. È la questione nazionale, e cioè: l'Ucraina sarà una repubblica socialista sovietica distinta e indipendente, alleata (federata) con la Repubblica

socialista federativa sovietica russa, oppure l'Ucraina e la Russia si fonderanno in un'unica repubblica sovietica? Tutti i bolscevichi, tutti gli operai e i contadini coscienti devono riflettere seriamente su questo problema.

L'indipendenza dell'Ucraina è stata riconosciuta dal Comitato esecutivo centrale dei soviet di tutta la RSFSR - Repubblica socialista federativa sovietica della Russia - e dal Partito comunista bolscevico russo. Perciò è cosa ovvia e universalmente riconosciuta che soltanto gli operai e i contadini dell'Ucraina possono decidere e decideranno nel loro congresso nazionale dei soviet se l'Ucraina deve fondersi con la Russia o deve costituire una repubblica autonoma e indipendente e, in quest'ultimo caso, quale legame federativo deve essere stabilito tra questa repubblica e la Russia.

Come decidere questo problema dal punto di vista degli interessi dei lavoratori, per assicurare il successo della loro lotta per la completa emancipazione del lavoro dal giogo del capitale?

In primo luogo, gli interessi del lavoro esigono che esista la fiducia più completa, l'unione più stretta tra i lavoratori dei diversi paesi, delle diverse nazioni. I sostenitori dei proprietari fondiari e dei capitalisti, della borghesia, cercano di dividere gli operai, di aumentare i dissensi e l'odio fra le nazioni per indebolire gli operai e rafforzare il potere del capitale.

Il capitale è una forza internazionale. Per vincerla è necessaria l'alleanza internazionale, la fratellanza internazionale degli operai.

Noi siamo nemici dell'odio nazionale, dei dissensi nazionali, del particolarismo nazionale. Siamo internazionalisti. Aspiriamo alla stretta alleanza e alla fusione completa degli operai e dei contadini di tutte le nazioni del mondo in un'unica repubblica sovietica mondiale.

In secondo luogo, i lavoratori non debbono dimenticare che il capitalismo ha diviso le nazioni in un piccolo numero di nazioni che opprimono, di grandi potenze (imperialistiche) che hanno tutti i diritti e sono privilegiate, e un'immensa maggioranza di nazioni oppresse, dipendenti o semidipendenti, prive di diritti. La guerra del 1914-1918, la più criminale e reazionaria fra le guerre, ha accentuato ancor più questa divisione e ha quindi acuito l'odio. L'indignazione e la diffidenza delle nazioni prive di diritti e dipendenti verso le nazioni imperialistiche e dominanti, delle nazioni come la nazione ucraina verso una nazione quale la grande-russa, si sono accumulate per secoli.

Noi vogliamo un'unione volontaria delle nazioni, una unione che non permetta nessuna violenza esercitata da una nazione su un'altra, un'unione fondata su una completa fiducia, sulla chiara coscienza dell'unità fraterna, su un accordo assolutamente volontario. Non è possibile realizzare di colpo una tale unione; bisogna arrivarci con un lavoro perseverante e accorto, per non guastare le cose, per non suscitare la diffidenza, per permettere che sparisca la diffidenza lasciata da secoli di oppressione dei proprietari fondiari e dei capitalisti, di proprietà privata e di odio suscitato dalle spartizioni e ripartizioni di questa proprietà.

Pur marciando senza deviare verso l'unità delle nazioni, combattendo inesorabilmente contro tutto ciò che le divide, dobbiamo quindi essere molto prudenti, pazienti, concilianti verso le sopravvivenze della diffidenza nazionale, dobbiamo essere inflessibili, intransigenti su tutto ciò che concerne gli interessi fondamentali del lavoro nella lotta per la sua emancipazione dal giogo del capitale. Stabilire il confine fra gli Stati oggi, provvisoriamente - giacché noi aspiriamo alla loro abolizione completa - non è una questione fondamentale, di grande importanza, è una questione secondaria. Si può e si deve quindi attendere, poiché la diffidenza nazionale è spesso molto tenace nelle grandi masse dei contadini e dei piccoli padroni, e con la fretta si potrebbe accentuare questa diffidenza, cioè danneggiare la causa dell'unità completa e definitiva.

L'esperienza della rivoluzione operaia e contadina in Russia, della rivoluzione dell'ottobre-novembre 1917 e l'esperienza dei suoi due anni di lotta vittoriosa contro l'invasione dei capitalisti internazionali e russi, hanno mostrato, chiaro come il sole, che i capitalisti erano riusciti ad approfittare temporaneamente della diffidenza nazionale dei contadini e dei piccoli proprietari polacchi, lettoni, estoni, finlandesi verso i grandi russi; approfittando di questa diffidenza, essi erano riusciti per un certo tempo a seminare la discordia tra loro e noi. L'esperienza ha mostrato che questa diffidenza scompare e si supera con molta lentezza, e quanto più i grandi russi, che furono per lungo tempo una nazione di oppressori, si mostrano cauti e pazienti, tanto più è certo che questa diffidenza scomparirà. E proprio riconoscendo l'indipendenza degli Stati polacco, lettone, lituano, estone e finlandese noi ci guadagniamo lentamente ma sicuramente la fiducia delle masse lavoratrici dei piccoli Stati vicini, le masse più arretrate, più ingannate e più oppresse dai capitalisti. Proprio con questo mezzo noi le strappiamo con più sicurezza all'influenza dei «loro» capitalisti nazionali, per condurle verso la fiducia completa, verso la futura, unica repubblica internazionale dei soviet.

Fino a che l'Ucraina non sarà liberata completamente da Denikin, fino a che non avrà convocato il congresso dei soviet di tutta l'Ucraina, il suo governo è il comitato rivoluzionario di tutta l'Ucraina. In questo comitato rivoluzionario lavorano, come membri del governo, accanto ai comunisti bolscevichi ucraini, i comunisti borotbisti. I borotbisti si distinguono dai bolscevichi soprattutto perché reclamano l'indipendenza assoluta dell'Ucraina. I bolscevichi non ne fanno un oggetto di dissenso e di dissidio; essi non vedono in ciò nessun ostacolo al lavoro proletario concorde. Quando vi è l'unità nella lotta contro il giogo del capitale, per la dittatura del proletariato, le questioni dei confini nazionali, dei legami federativi o d'altro genere tra gli Stati non debbono dividere i comunisti. Tra i bolscevichi vi sono dei fautori dell'indipendenza completa dell'Ucraina, dei fautori di un legame federativo più o meno stretto, dei fautori della fusione completa deIl'Ucraina con la Russia.

È inammissibile dividersi per queste questioni. Esse saranno risolte dal congresso dei soviet di tutta l'Ucraina.

Se un comunista grande-russo insistesse sulla fusione dell'Ucraina con la Russia, gli ucraini potrebbero facilmente sospettare che egli difenda una tale politica non perché aspiri all'unità dei proletari nella lotta contro il capitale, ma perché è guidato dai pregiudizi del vecchio nazionalismo, dell'imperialismo grande-russo. Questa diffidenza è naturale e, fino a un certo punto, inevitabile e legittima, perché i grandi russi sotto il giogo dei proprietari fondiari e dei capitalisti sono stati per secoli nutriti dei pregiudizi vergognosi e abietti dello sciovinismo grande-russo.

Se un comunista ucraino insistesse sull'indipendenza statale assoluta dell'Ucraina, si potrebbe sospettare che egli difenda una tale politica non dal punto di vista degli interessi temporanei degli operai e dei contadini ucraini nella loro lotta contro il giogo del capitale, ma perché è guidato dai pregiudizi nazionali piccolo-borghesi di piccolo proprietario. Giacché l'esperienza ha dimostrato centinaia di volte che i «socialisti» piccolo-borghesi dei diversi paesi, tutti questi pseudosocialisti polacchi, lettoni, lituani, i menscevichi georgiani, i socialisti-rivoluzionari e altri, si camuffavano da partigiani del proletariato con l'unico scopo di far passare, mediante l'inganno, una politica di conciliazione con la «propria» borghesia nazionale contro gli operai rivoluzionari. L'abbiamo visto in Russia dal febbraio all'ottobre del 1917, durante il regime di Kerenski; l'abbiamo visto e lo vediamo in ogni paese.

Sorge quindi molto facilmente una diffidenza reciproca tra i comunisti grandi-russi e i comunisti ucraini. Come combattere questa diffidenza? Come vincerla e conquistare la fiducia reciproca?

Il mezzo migliore è il lavoro comune in difesa della dittatura del proletariato e del potere sovietico nella lotta contro i grandi proprietari fondiari e i capitalisti di tutti i paesi, contro i loro tentativi di restaurare la loro onnipotenza. Questa lotta comune mostrerà chiaramente in pratica che, quale che sia la soluzione del problema dell'indipendenza statale o dei confini statali, gli operai grandi-russi e ucraini hanno assolutamente bisogno di una stretta alleanza militare ed economica, perché altrimenti i capitalisti dell'«Intesa», cioè della coalizione dei paesi capitalistici più ricchi - Inghilterra, Francia, America, Giappone, Italia - ci schiacceranno e ci soffocheranno, uno ad uno. L'esempio della nostra lotta contro Kolciak e Denikin, i quali ricevevano denaro e armi da questi capitalisti, ha dato una prova evidente di questo pericolo.

Chi attenta all'unità e alla più stretta alleanza degli operai e dei contadini grandi-russi e ucraini, aiuta i Kolciak, i Denikin, i capitalisti, i predoni di tutti i paesi.

Noi comunisti grandi-russi, dobbiamo quindi combattere nel nostro ambiente, con la massima severità, ogni minima manifestazione di nazionalismo grande-russo; queste manifestazioni, essendo in generale un tradimento del comunismo, recano un grandissimo danno poiché ci dividono dai compagni ucraini, e fanno cosi il giuoco di Denikin e dei suoi seguaci.

Noi, comunisti grandi-russi, dobbiamo quindi mostrarci concilianti nei nostri dissensi con i comunisti bolscevichi ucraini e con i borotbisti, se le divergenze riguardano l'indipendenza statale dell'Ucraina, le forme della sua alleanza con la Russia e, in generale, la questione nazionale. Ma noi tutti, sia comunisti grandi-russi che ucraini, o comunisti di qualsiasi altra nazione, dobbiamo essere intransigenti e inflessibili sulle questioni fondamentali, essenziali, eguali per tutte le nazioni, le questioni della lotta proletaria, della dittatura del proletariato, della inammissibilità di una politica di conciliazione con la borghesia, della inammissibilità del frazionamento delle forze che ci difendono da Denikin.

Vincere Denikin, annientarlo, rendere impossibile il ripetersi di una simile invasione: tale è l'interesse vitale degli operai e dei contadini, sia grandi-russi che ucraini. Lotta lunga e difficile poiché i capitalisti di tutto il mondo aiutano Denikin e aiuteranno i Denikin di ogni risma.

In questa lotta lunga e difficile noi, operai grandi-russi e ucraini, dobbiamo rimanere strettamente uniti; separati non potremmo certamente cavarcela. Quali che siano i confini tra l'Ucraina e la Russia, quali che siano le forme dei loro rapporti da Stato a Stato, non sono cose così importanti; su questo si possono e si devono fare delle concessioni, si può cercare una soluzione, poi un'altra, e una terza ancora: la causa degli operai e dei contadini, la causa della vittoria sul capitalismo non sarà per questo perduta.

Se invece non sapremo mantenere la più stretta unione tra di noi, l'unione contro Denikin, contro i capitalisti e i kulak dei nostri paesi e di tutti i paesi, la causa del lavoro sarà sicuramente perduta per lunghi anni, nel senso che i capitalisti potranno allora schiacciare e soffocare sia l'Ucraina sovietica sia la Russia sovietica.

La borghesia di tutti i paesi, come tutti i partiti piccolo-borghesi, tutti i partiti «conciliatori» che ammettono l'alleanza con la borghesia contro gli operai, hanno innanzi tutto cercato di dividere gli operai delle differenti nazionalità, di rinfocolare la diffidenza, di distruggere la stretta unione internazionale, la fratellanza internazionale degli operai. Se la borghesia vi riuscirà, la causa degli operai sarà perduta. I comunisti della Russia e dell'Ucraina riescano dunque, con un lavoro comune paziente e perseverante, tenace, a sventare le mene nazionaliste di tutte le borghesie, a vincere i pregiudizi nazionalisti di ogni specie e a dare ai lavoratori di tutto il mondo l'esempio di un'alleanza veramente salda degli operai e dei contadini delle diverse nazioni nella lotta per il potere dei soviet, per la distruzione del giogo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, per la repubblica federativa sovietica mondiale.

N. Lenin

28.XII.1919

Pravda, n. 3, 4 gennaio 1920.

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