La pena è lieve ma la sentenza è storica.
Dal 2008 in poi la France Telecom (adesso Orange, ndr) è stata coinvolta in una catena di suicidi di 60 dipendenti. Le cause, in larghissima parte, erano causate dalla brutale ristrutturazione e dal clima aziendale. Undici anni dopo il primo suicidio di un dipendente di France Telecom, l’ex amministratore delegato della società, Didier Lombard, è stato condannato per mobbing “morale e istituzionale” nel processo scaturito dall’ondata di suicidi dei dipendenti che investì il colosso francese delle Telecomunicazioni.
Il supermanager francese di France Télécom, dovrà scontare un anno di carcere di cui otto mesi con la condizionale. Alla stessa pena sono stati condannati anche altri due dirigenti e la stessa azienda,
che dovrà pagare una multa 75.000 euro.
Nel maggio scorso, dopo sette anni di indagini, era stato chiesto il rinvio a giudizio di sette dirigenti della compagnia telefonica France Telecom, tutti accusati di aver esercitato mobbing nei confronti dei loro dipendenti. La condotta persecutoria adottata dall’azienda ha provocato un’ondata anomala di suicidi in azienda. 60 persone, dipendenti di France Telecom, che si sono tolte la vita, in un periodo di tre anni.
France Telecom era la più importante compagnia di telecomunicazioni della Francia. Era arrivata ad avere 170.000 dipendenti e 230 milioni di clienti, diffusi nel mondo. Come tutte le più importanti multinazionali, nel corso di questi anni, a una fase iniziale di espansione in cui ha acquisito altre aziende, è seguita una fase di contrazione del fatturato. Un problema su cui la decisione del management dell’azienda fu quello di tagliare i costi, a cominciare dalle lavoratrici e dai lavoratori.
L’allora amministratore delegato di France Telecom, Didier Lomnard, nel 2006 mette in atto una brutale politica di ristrutturazione con l’obiettivo di ridurre il personale, ritenuta la voce principale dei costi aziendali. L’obiettivo dichiarato è quello di tagliare 22.000 dipendenti e trasferirne altri 10.000.
Si procede così a trasferimenti forzati. Molti dipendenti che si presentano in ufficio e non trovano più la loro scrivania o il proprio ufficio. Vengono forzati a lasciare l’ufficio, trasferiti in altri spazi provvisori, senza la certezza di ritornare nella propria sede. Aumenta in modo brutale la pressione esercitata nei colloqui di lavoro tra capi e subordinati. Vengono contestati ai collaboratori gli scarsi risultati in termini commerciali. Vengono minacciati di essere trasferiti ad altri incarichi, di perdere il lavoro se questi risultati non verranno raggiunti, vengono messi in atto demansionamenti mirati con il passaggio a incarichi di livello inferiore e con revisioni, al ribasso, degli stipendi.
Il primo suicidio avviene nel febbraio del 2008, quando un impiegato di 52 anni si toglie la vita nel proprio ufficio. Seguirà la morte di un altro dipendente di 51 anni che si uccide nella propria casa di Marsiglia. Lascerà scritto un messaggio fin troppo esplicito: “ Mi uccido a causa del mio lavoro in France Telecom. Questa è l’unica causa”. Da qual momento in poi proseguirà la catena
impressionante di suicidi tra i dipendenti di France Telecom.
Contestualmente però, ai manager venivano garantiti degli incentivi economici a fine anno sulla base del raggiungimento degli obiettivi della ristrutturazione, soprattutto sui costi del personale.
Il processo è iniziato il 6 maggio scorso ed ha una valenza storica sui crimini del capitalismo e dei modelli aziendali. Per la prima volta in Francia, una grande multinazionale e i suoi principali dirigenti sono stati giudicati per mobbing . La società France Télécom (diventata Orange nel 2013), il presidente, il direttore operativo, il direttore della risorse umane, oltre a quattro altri dirigenti, sono stati accusati di aver sistematizzato il mobbing, di averlo trasformato in una politica imprenditoriale ed ora sono stati condannati per le loro azioni “manageriali” nei confronti di 39 vittime, 19 delle quali si sono suicidate.
Un centinaio di persone si sono costituite parte civile – tra queste alcune famiglie di dipendenti che si sono suicidati o hanno tentato di farlo ed alcune organizzazioni sindacali.
Dal 2008 in poi la France Telecom (adesso Orange, ndr) è stata coinvolta in una catena di suicidi di 60 dipendenti. Le cause, in larghissima parte, erano causate dalla brutale ristrutturazione e dal clima aziendale. Undici anni dopo il primo suicidio di un dipendente di France Telecom, l’ex amministratore delegato della società, Didier Lombard, è stato condannato per mobbing “morale e istituzionale” nel processo scaturito dall’ondata di suicidi dei dipendenti che investì il colosso francese delle Telecomunicazioni.
Il supermanager francese di France Télécom, dovrà scontare un anno di carcere di cui otto mesi con la condizionale. Alla stessa pena sono stati condannati anche altri due dirigenti e la stessa azienda,
che dovrà pagare una multa 75.000 euro.
Nel maggio scorso, dopo sette anni di indagini, era stato chiesto il rinvio a giudizio di sette dirigenti della compagnia telefonica France Telecom, tutti accusati di aver esercitato mobbing nei confronti dei loro dipendenti. La condotta persecutoria adottata dall’azienda ha provocato un’ondata anomala di suicidi in azienda. 60 persone, dipendenti di France Telecom, che si sono tolte la vita, in un periodo di tre anni.
France Telecom era la più importante compagnia di telecomunicazioni della Francia. Era arrivata ad avere 170.000 dipendenti e 230 milioni di clienti, diffusi nel mondo. Come tutte le più importanti multinazionali, nel corso di questi anni, a una fase iniziale di espansione in cui ha acquisito altre aziende, è seguita una fase di contrazione del fatturato. Un problema su cui la decisione del management dell’azienda fu quello di tagliare i costi, a cominciare dalle lavoratrici e dai lavoratori.
L’allora amministratore delegato di France Telecom, Didier Lomnard, nel 2006 mette in atto una brutale politica di ristrutturazione con l’obiettivo di ridurre il personale, ritenuta la voce principale dei costi aziendali. L’obiettivo dichiarato è quello di tagliare 22.000 dipendenti e trasferirne altri 10.000.
Si procede così a trasferimenti forzati. Molti dipendenti che si presentano in ufficio e non trovano più la loro scrivania o il proprio ufficio. Vengono forzati a lasciare l’ufficio, trasferiti in altri spazi provvisori, senza la certezza di ritornare nella propria sede. Aumenta in modo brutale la pressione esercitata nei colloqui di lavoro tra capi e subordinati. Vengono contestati ai collaboratori gli scarsi risultati in termini commerciali. Vengono minacciati di essere trasferiti ad altri incarichi, di perdere il lavoro se questi risultati non verranno raggiunti, vengono messi in atto demansionamenti mirati con il passaggio a incarichi di livello inferiore e con revisioni, al ribasso, degli stipendi.
Il primo suicidio avviene nel febbraio del 2008, quando un impiegato di 52 anni si toglie la vita nel proprio ufficio. Seguirà la morte di un altro dipendente di 51 anni che si uccide nella propria casa di Marsiglia. Lascerà scritto un messaggio fin troppo esplicito: “ Mi uccido a causa del mio lavoro in France Telecom. Questa è l’unica causa”. Da qual momento in poi proseguirà la catena
impressionante di suicidi tra i dipendenti di France Telecom.
Contestualmente però, ai manager venivano garantiti degli incentivi economici a fine anno sulla base del raggiungimento degli obiettivi della ristrutturazione, soprattutto sui costi del personale.
Il processo è iniziato il 6 maggio scorso ed ha una valenza storica sui crimini del capitalismo e dei modelli aziendali. Per la prima volta in Francia, una grande multinazionale e i suoi principali dirigenti sono stati giudicati per mobbing . La società France Télécom (diventata Orange nel 2013), il presidente, il direttore operativo, il direttore della risorse umane, oltre a quattro altri dirigenti, sono stati accusati di aver sistematizzato il mobbing, di averlo trasformato in una politica imprenditoriale ed ora sono stati condannati per le loro azioni “manageriali” nei confronti di 39 vittime, 19 delle quali si sono suicidate.
Un centinaio di persone si sono costituite parte civile – tra queste alcune famiglie di dipendenti che si sono suicidati o hanno tentato di farlo ed alcune organizzazioni sindacali.
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