giovedì 19 dicembre 2019

pc 19 dicembre - Resoconto del Convegno di Milano sull'Autunno Caldo 69 - prima parte

Comunicato
Si è tenuto a Milano il 13/14/15 nella sede di Panetteria Occupata il Convegno Nazionale sull'Autunno Caldo 69, promosso da 'proletari comunisti', giornale e la Nuova Bandiera, rivista.
Per tutti e tre i giorni, la partecipazione è stata buona, con presenza, interventi, documenti inviati di compagni comunisti di altre realtà organizzate. Tutto e in via di trasformazione in testi che saranno raccolti e pubblicati nel corso del mese di gennaio, per farne dibattito nazionale ovunque è possibile.
In attesa, pubblichiamo in due parti come parziale resoconto, un intervento riassuntivo fatto nel Convegno, che permette già da ora ai compagni e alle avanguardie proletarie  interessate di avere una idea degli interventi e della discussione militante sviluppatasi.

proletari comunisti
La Nuova Bandiera
dicembre 2019

Prima parte 
Nel primo giorno abbiamo cercato di dare una rappresentazione generale dell'insieme del movimento definito Autunno caldo. Abbiamo valorizzato gli elementi che si sono prodotti, in particolare nei tre mesi più caldi, collegandoli a ciò che era già in incubazione, in sviluppo negli anni precedenti il 69 e all'innesco che il movimento studentesco del 68 come detonatore ha avuto. Siamo stati ispirati dall'idea che molte lezioni ed esperienze concrete di quegli anni siano riproducibili. Su questo nei giorni successivi vi è stato dibattito.
Alcuni compagni, motivandolo con la diversa composizione di classe e il ruolo ridimensionato della classe operaia, hanno ritenuto che invece non fossero riproducibili molte delle esperienze che si sono sviluppate in quegli anni; altri compagni, tra cui noi, abbiamo sostenuto un'opinione differente, che si è calata in alcune realtà della lotta di classe significative oggi, e su questo vivace è stata l'attenzione e la discussione intorno alla questione Ilva/ArcelorMittal di Taranto, in cui con forza è stato sostenuto
che la classe operaia deve prendere nelle sue mani la lotta, rifiutando la chiusura della fabbrica e imponendo con la lotta una difesa del lavoro e della salute corrispondente agli interessi degli operai e delle masse popolari. Questo è stato inerito nel più generale contesto della dinamica della lotta di classe negli altri settori del proletariato. Qui un dibattito interessante si è sviluppato intorno alla logistica, in cui i compagni hanno avuto diversi accenti anche sul peso e ruolo che i lavoratori e la lotta dei lavoratori della logistica stanno avendo.
Molta attenzione è stata dedicata, con interventi, video, agli effetti concreti della strage di piazza Fontana, la sua funzione storica nella dinamica dell'azione della borghesia contro le lotte che si stavano sviluppando e il carattere complessivamente rivoluzionario che il movimento stava prendendo.
Su questo è stata posta attenzione sull'ondata generale della repressione, di come questa abbia impattato con le dinamiche dello scontro di classe in atto. Diversi compagni hanno posto l'accento sull'immediata firma, nel dicembre 69, del contratto nazionale metalmeccanico che era il generico contenitore della ribellione operaia.

Durante i due giorni è stata posta molta attenzione sulle effettive conquiste dell'Autunno caldo, sul fronte degli aumenti salariali uguali per tutti, sul fronte della nocività, sicurezza, sulle nuove forme di organizzazione.
Importante l'intervento di M. Michelino che ha affrontato molto dettagliatamente le dinamiche che si sono svolte nei mesi dell'autunno caldo dall'osservatorio importante che è stata la Pirelli; qui è stata data molta attenzione all'effettiva dinamica che ha prodotto fenomeni come il Cub Pirelli e numerosi altri cub, sulla relazione tra la lotta dei Cub e gli effettivi risultati della lotta e la loro distinzione dai consigli di fabbrica, e su questo sono state dette cose abbastanza interessanti.

Chiaramente, però, l'entusiasmo maggiore è stato per la riproposizione delle pagine più gloriose di quella lotta, sia di quelle tragicamente represse dalla polizia, la rivolta di Avola, Battipaglia, sia di quelle che hanno visto grandi battaglie contro la polizia e che hanno rappresentato una vittoria sul campo degli operai e delle masse, dalla battaglia di cso Traiano alle tante dinamiche della lotta all'interno delle diverse fabbriche del nostro paese.
Una parte interessante di questo dibattito ha riguardato, sempre nel quadro di questa rappresentazione, la dimensione della repressione dello Stato. Non tanto perchè questa repressione fosse stata in grado di fermare il movimento, ma quanto perchè essa rientrava in un disegno controrivoluzionario premeditato che aveva trovato gli antefatti negli attentati fascisti, nella catena di bombe che erano scoppiate, nelle manovre di Servizi segreti/Nato e pezzi del ceto politico, allora chiaramente la DC come punto centrale, che esprimevano una chiara volontà via via emergente, sostenuta dall'insieme della borghesia, volta a trovare la strada per schiacciare quel movimento e anche andare oltre, dare un ulteriore colpo alla trasformazione reazionaria dello Stato, compreso le ipotesi di golpe che in quel periodo si sono animate. Ma nello stesso tempo è stato rappresentato come la repressione abbia trovato un gigantesco movimento di risposta che è stata molto importante per la tenuta complessiva di questo movimento negli anni successivi. Perchè è chiaro che l'autunno caldo ha in qualche maniera avuto uno sviluppo prolungato negli anni che non è restringibile ai mesi principali che noi abbiamo preso in considerazione per motivi proprio di logica e di esposizione nel Convegno. E rispetto a questo la nascita di strutture di coordinamentoi, del Soccorso rosso, l'intreccio con la questione dei detenuti politici, le campagne per la liberazione dei compagni e anche le grandi campagne per la mobilitazione dell'opinione pubblica rispetto alla caccia alle streghe nei confronti degli anarchici – vedi il caso “Valpreda”, i direttori dei giornali rivoluzionari posti sotto accusa.
Questa dinamica del movimento ha bene espresso quel rapporto tra lotte economiche e dimensione politica del movimento che ne ha caratterizzato la sua natura rivoluzionaria.

Il secondo giorno ha guardato all'aspetto “soggettivo” di quelle lotte, attraverso l'esame più o meno dettagliato - abbastanza dettagliato per quanto riguarda l'operaismo - delle teorie e politiche che nello sviluppo di quegli anni hanno avuto modo di mettersi alla verifica della pratica della lotta di classe, e di quanto esse siano state importanti per determinare non l'esaltazione della spontaneità, ma il suo indirizzo e la sua “deviazione” verso un conflitto generale che avesse come prospettiva il potere operaio.
Per ragioni di metodo avevamo individuato nell'operaismo e nei marxisti-leninisti, principalmente maoisti, le due correnti rivoluzionarie che in qualche modo hanno impattato in maniera significativa sia nelle fabbriche sia in tutto l'universo dell'insubordinazione sociale: le lotte per la casa, i trasporti, le rivolte al sud, l’unità operai studenti, ecc, che hanno permesso di trasformare in termini rivoluzionari, inserire la prospettiva della rivoluzione dentro questo grande movimento.
Nel ritornare su questo abbiamo avuto due interventi che hanno esaminato il contesto internazionale dell'autunno caldo, un intervento del Prof. Di Marco che ha posto la necessità di guardare al movimento generale che si sviluppava nel mondo dal lato delle trasformazioni del capitale e del ruolo di esse e, di conseguenza, delle risposte del capitale; un altro intervento ha circostanziato i riferimenti internazionali del movimento comunista di ispirazione mlm. Quindi, una particolare attenzione è stata rivolta alla Grande rivoluzione culturale proletaria, alla guerra del Vietnam, al maggio-giugno 68 francese, all'emergere nella grande ondata della Grcp della spinta e dell'indirizzo allo sviluppo delle guerre di popolo nei paesi oppressi dall’imperialismo – è stato preso in considerazione: la rivolta in India dei naxaliti, guidata da Charu Mazumdar che a 50 anni di distanza è lungi dall'essere finita e rinasce nella guerra di popolo in corso in quel paese sotto la guida degli eredi diretti del movimento naxalita, il PCI(M); e la lotta rivoluzionaria in Turchia, un paese di confine tra l'Europa imperialista e l'universo di Asia, Medio Oriente, qui si è dato il giusto rilievo a quello che si è sviluppato in Turchia, alla figura di Ibraim Kaippakaya, giovane leader del Partito Comunista ml turco, morto in quegli anni, la cui opera è servita a tracciare la strada della rivoluzione, connessa all'onda lunga del vento dell'Est che prevaleva sul vento dell'Ovest.

Sia nel primo che nel secondo giorno, importanti sono stati gli interventi degli operai migranti di fabbriche e della Logistica di Bergamo che hanno posto in rilievo quanto sia importante lo studio del marxismo attraverso la formazione operaia che permette agli operai di guardare oltre la dinamica della guerra di classe a cui sono giornalmente sottoposti e con cui si misurano a Bergamo, come a livello nazionale – anche per l'azione di una grossa organizzazione sindacale di classe come il Si.cobas – così come la conoscenza delle grandi lotte del proletariato italiano, fonte di ispirazione anche per loro. Un altro compagno, a partire da una condizione difficilissima sui posti di lavoro - ex operai che ora lavorano in condizioni decisamente peggiori di quando lavoravano in fabbrica - ha parlato della situazione odierna che rende abbastanza difficile una riproposizione a breve di esperienze concrete delle lotte dell'autunno caldo.
Questi interventi sono serviti a riportare i “piedi per terra”, dal cielo delle idee – sicuramente importanti nel lavoro del Convegno - e hanno stimolato una parte del dibattito che ha riguardato il problema della “sconfitta”. Alcuni compagni hanno detto che non era il caso di parlare di sconfitta, altri compagni, tra cui noi, hanno invece valorizzato la “sconfitta” nel senso marxista leninista maoista che considera che dalle sconfitte la classe prende le sue lezioni; e che da quelle lezioni è possibile ripartire, e quindi, quelle sconfitte sono un compagno di strada inevitabile sulla via della vittoria. Quindi non certo per liquidare il movimento ma per trovare in esso le energie per il nuovo movimento a cui guardiamo.

Si è poi entrati dentro le teorie che hanno agito. Il compagno Di Marco ha fatto un esame assai dettagliato di quello che possiamo chiamare il “filone dell'operaismo”, esaminando le teorie concrete che Tronti, Panzieri hanno sviluppato in quegli anni, la loro influenza e i loro limiti, anche se su questo non abbiamo avuto tutto il tempo per tornare.
Più complicato è stato rappresentare questo lato della storia da parte dei mlm. Qui è stato esposto il collegamento con la storia del Movimento Comunista Internazionale nel dopoguerra, la lotta contro il revisionismo, che nel nostro paese ha avuto uno degli epicentri nella figura di Togliatti e nel Partito Comunista Italiano. La lotta interna al partito è stata sicuramente positiva, perchè chiunque ha combattuto il revisionismo nel Pci negli anni che sono seguiti alla Resistenza ha fatto qualcosa di giusto, ma la forma e i modi con cui questa lotta è stata sviluppata non ha permesso di liberarsi dei revisionisti di quel partito, e soprattutto non è riuscita ha coprire il campo della contraddizione che andava maturando tra classe operaia e Pci.

E’ in questo campo non coperto che si è inserito il filone operaista che attraverso i suoi teorici, che non erano certo solo teorici, ha posto un cuneo importante nelle analisi di ciò che andava cambiando nel capitale e nelle fabbriche e di ciò che era la nuova classe operaia che scaturiva da quella dinamica del capitale e che non trovava più obiettivamente una rappresentanza, se non elettorale, nel Pci. Mentre all'interno dell'impulso offerto dal grande dibattito mondiale contro il revisionismo moderno, al cui capo era l'Urss dove era in corso la restaurazione capitalista, questa battaglia è arrivata attraverso la storica analisi critica di Togliatti fatta dal Partito Comunista Cinese che ha spinto obiettivamente ad avviare la ricostruzione del partito comunista e le sue prime forme che su questo terreno si sono sviluppate. Prime forme che però subito sono apparse abbastanza non corrispondenti alle effettive necessità della ricostruzione del partito comunista rivoluzionario nel nostro paese, proveniente dall'onda lunga della Grcp e dallo scatenamento di quello che noi oggi chiamiamo “biennio rosso”.

In quel biennio rosso era giusto che i marxisti leninisti cercassero un'altra strada rispetto a quella codificata dalle prime esperienze e quindi che siano nate nuove formazioni mlm che hanno impattato in forme abbastanza rilevanti nel contesto del biennio rosso attraverso le esperienze di quella che consideriamo la più significativa, con i suoi splendori e limiti, l'Unione dei comunisti Italiani. Essa si è misurata sul campo con le influenze operaiste; non certo qui riferite esclusivamente alle teorie ma alle prassi che si sono incarnate in settori d'avanguardia della classe e che hanno dato vita a pagine importanti nella battaglia dell'autunno nelle diverse forme che essa ha assunto. E' evidente, per esempio, che i Cub hanno avuto una testa politica obiettiva costituita da Avanguardia operaia e invece altre dimensioni della ribellione operaia e della grande battaglia di quei mesi hanno avuto l'impronta imposta da Lotta Continua, Potere Operaio e dall'intero arcipelago di forze rivoluzionarie.
A distanza di anni ciò non va guardato con le lenti ristrette dell'analisi dei gruppi, di ciò che c'era di buono e di cattivo in essi, ma come l’espressione sul campo di un “partito rivoluzionario informale” - questa è la tesi del Convegno. Un “partito informale” che non era ancora il partito comunista o rivoluzionario all'altezza di guidare quel grande movimento verso la vittoria, sia pure dentro una dinamica di una vittoria che non era certo dietro l'angolo – idea che purtroppo anche nella coscienza dei militanti comunisti nel 68/69 c'è stata.

Questa esistenza di un partito comunista rivoluzionario informale ha avuto sicuramente influenza nel carattere generalmente rivoluzionario di quel biennio, tanto è vero che è stato molto difficile domarlo da parte dello Stato borghese. Certamente il fatto che poi la borghesia sia riuscita a domarlo dipende dai limiti teorici, politici, di influenza anche di altre classi nel movimento rivoluzionario. Marx ci ha insegnato come un partito proletario rivoluzionario via via si debba liberare di fronzoli e scorie che ne ostacolano la sua maturità e la sua possibilità di prendere nelle proprie mani la propria lotta e condurla fino in fondo, raccogliendo intorno a sé un ampio fronte unito, in cui l'autonomia ideologica e politica della classe operaia si trasforma in capacità di direzione del fronte e di egemonia politica generale nella società; questo poteva essere la chiave di volta non solo di una continuità dell'autunno caldo ma di un salto di qualità verso la lotta per il socialismo, il potere proletario, la dittatura del proletariato, “la classe operaia deve dirigere tutto”.
 (continua)

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