Si è tenuto a Milano il 13/14/15 nella sede di Panetteria Occupata il Convegno Nazionale sull'Autunno Caldo 69, promosso da 'proletari comunisti', giornale e la Nuova Bandiera, rivista.
Per tutti e tre i giorni, la partecipazione è stata buona, con presenza, interventi, documenti inviati di compagni comunisti di altre realtà organizzate. Tutto e in via di trasformazione in testi che saranno raccolti e pubblicati nel corso del mese di gennaio, per farne dibattito nazionale ovunque è possibile.
In attesa, pubblichiamo in due parti come parziale resoconto, un intervento riassuntivo fatto nel Convegno, che permette già da ora ai compagni e alle avanguardie proletarie interessate di avere una idea degli interventi e della discussione militante sviluppatasi.
proletari comunisti
La Nuova Bandiera
dicembre 2019
Prima parte
Nel primo giorno abbiamo cercato di dare una rappresentazione
generale dell'insieme del movimento definito Autunno caldo. Abbiamo
valorizzato gli elementi che si sono prodotti, in particolare nei tre
mesi più caldi, collegandoli a ciò che era già in incubazione, in
sviluppo negli anni precedenti il 69 e all'innesco che il movimento
studentesco del 68 come detonatore ha avuto. Siamo stati ispirati
dall'idea che molte lezioni ed esperienze concrete di quegli anni
siano riproducibili. Su questo nei giorni successivi vi è stato
dibattito.
Alcuni compagni,
motivandolo con la diversa composizione di classe e il ruolo
ridimensionato della classe operaia, hanno ritenuto che invece non
fossero riproducibili molte delle esperienze che si sono sviluppate
in quegli anni; altri compagni, tra cui noi, abbiamo sostenuto
un'opinione differente, che si è calata in alcune realtà della
lotta di classe significative oggi, e su questo vivace è stata
l'attenzione e la discussione intorno alla questione
Ilva/ArcelorMittal di Taranto, in cui con forza è stato sostenuto
che la classe operaia deve prendere nelle sue mani la lotta, rifiutando la chiusura della fabbrica e imponendo con la lotta una difesa del lavoro e della salute corrispondente agli interessi degli operai e delle masse popolari. Questo è stato inerito nel più generale contesto della dinamica della lotta di classe negli altri settori del proletariato. Qui un dibattito interessante si è sviluppato intorno alla logistica, in cui i compagni hanno avuto diversi accenti anche sul peso e ruolo che i lavoratori e la lotta dei lavoratori della logistica stanno avendo.
che la classe operaia deve prendere nelle sue mani la lotta, rifiutando la chiusura della fabbrica e imponendo con la lotta una difesa del lavoro e della salute corrispondente agli interessi degli operai e delle masse popolari. Questo è stato inerito nel più generale contesto della dinamica della lotta di classe negli altri settori del proletariato. Qui un dibattito interessante si è sviluppato intorno alla logistica, in cui i compagni hanno avuto diversi accenti anche sul peso e ruolo che i lavoratori e la lotta dei lavoratori della logistica stanno avendo.
Molta attenzione è
stata dedicata, con interventi, video, agli effetti concreti della
strage di piazza Fontana, la sua funzione storica nella dinamica
dell'azione della borghesia contro le lotte che si stavano
sviluppando e il carattere complessivamente rivoluzionario che il
movimento stava prendendo.
Su questo è stata
posta attenzione sull'ondata generale della repressione, di come
questa abbia impattato con le dinamiche dello scontro di classe in
atto. Diversi compagni hanno posto l'accento sull'immediata firma,
nel dicembre 69, del contratto nazionale metalmeccanico che era il
generico contenitore della ribellione operaia.
Durante i due giorni è
stata posta molta attenzione sulle effettive conquiste dell'Autunno
caldo, sul fronte degli aumenti salariali uguali per tutti, sul
fronte della nocività, sicurezza, sulle nuove forme di
organizzazione.
Importante l'intervento
di M. Michelino che ha affrontato molto dettagliatamente le dinamiche
che si sono svolte nei mesi dell'autunno caldo dall'osservatorio
importante che è stata la Pirelli; qui è stata data molta
attenzione all'effettiva dinamica che ha prodotto fenomeni come il
Cub Pirelli e numerosi altri cub, sulla relazione tra la lotta dei
Cub e gli effettivi risultati della lotta e la loro distinzione dai
consigli di fabbrica, e su questo sono state dette cose abbastanza
interessanti.
Chiaramente, però,
l'entusiasmo maggiore è stato per la riproposizione delle pagine più
gloriose di quella lotta, sia di quelle tragicamente represse dalla
polizia, la rivolta di Avola, Battipaglia, sia di quelle che hanno
visto grandi battaglie contro la polizia e che hanno rappresentato
una vittoria sul campo degli operai e delle masse, dalla battaglia di
cso Traiano alle tante dinamiche della lotta all'interno delle
diverse fabbriche del nostro paese.
Una parte interessante
di questo dibattito ha riguardato, sempre nel quadro di questa
rappresentazione, la dimensione della repressione dello Stato. Non
tanto perchè questa repressione fosse stata in grado di fermare il
movimento, ma quanto perchè essa rientrava in un disegno
controrivoluzionario premeditato che aveva trovato gli antefatti
negli attentati fascisti, nella catena di bombe che erano scoppiate,
nelle manovre di Servizi segreti/Nato e pezzi del ceto politico,
allora chiaramente la DC come punto centrale, che esprimevano una
chiara volontà via via emergente, sostenuta dall'insieme della
borghesia, volta a trovare la strada per schiacciare quel movimento e
anche andare oltre, dare un ulteriore colpo alla trasformazione
reazionaria dello Stato, compreso le ipotesi di golpe che in quel
periodo si sono animate. Ma nello stesso tempo è stato rappresentato
come la repressione abbia trovato un gigantesco movimento di risposta
che è stata molto importante per la tenuta complessiva di questo
movimento negli anni successivi. Perchè è chiaro che l'autunno
caldo ha in qualche maniera avuto uno sviluppo prolungato negli anni
che non è restringibile ai mesi principali che noi abbiamo preso in
considerazione per motivi proprio di logica e di esposizione nel
Convegno. E rispetto a questo la nascita di strutture di
coordinamentoi, del Soccorso rosso, l'intreccio con la questione dei
detenuti politici, le campagne per la liberazione dei compagni e
anche le grandi campagne per la mobilitazione dell'opinione pubblica
rispetto alla caccia alle streghe nei confronti degli anarchici –
vedi il caso “Valpreda”, i direttori dei giornali rivoluzionari
posti sotto accusa.
Questa dinamica del
movimento ha bene espresso quel rapporto tra lotte economiche e
dimensione politica del movimento che ne ha caratterizzato la sua
natura rivoluzionaria.
Il secondo giorno ha
guardato all'aspetto “soggettivo” di quelle lotte, attraverso
l'esame più o meno dettagliato - abbastanza dettagliato per quanto
riguarda l'operaismo - delle teorie e politiche che nello sviluppo di
quegli anni hanno avuto modo di mettersi alla verifica della pratica
della lotta di classe, e di quanto esse siano state importanti per
determinare non l'esaltazione della spontaneità, ma il suo indirizzo
e la sua “deviazione” verso un conflitto generale che avesse come
prospettiva il potere operaio.
Per ragioni di metodo
avevamo individuato nell'operaismo e nei marxisti-leninisti,
principalmente maoisti, le due correnti rivoluzionarie che in qualche
modo hanno impattato in maniera significativa sia nelle fabbriche sia
in tutto l'universo dell'insubordinazione sociale: le lotte per la
casa, i trasporti, le rivolte al sud, l’unità operai studenti,
ecc, che hanno permesso di trasformare in termini rivoluzionari,
inserire la prospettiva della rivoluzione dentro questo grande
movimento.
Nel ritornare su questo
abbiamo avuto due interventi che hanno esaminato il contesto
internazionale dell'autunno caldo, un intervento del Prof. Di Marco
che ha posto la necessità di guardare al movimento generale che si
sviluppava nel mondo dal lato delle trasformazioni del capitale e del
ruolo di esse e, di conseguenza, delle risposte del capitale; un
altro intervento ha circostanziato i riferimenti internazionali del
movimento comunista di ispirazione mlm. Quindi, una particolare
attenzione è stata rivolta alla Grande rivoluzione culturale
proletaria, alla guerra del Vietnam, al maggio-giugno 68 francese,
all'emergere nella grande ondata della Grcp della spinta e
dell'indirizzo allo sviluppo delle guerre di popolo nei paesi
oppressi dall’imperialismo – è stato preso in considerazione: la
rivolta in India dei naxaliti, guidata da Charu Mazumdar che a 50
anni di distanza è lungi dall'essere finita e rinasce nella guerra
di popolo in corso in quel paese sotto la guida degli eredi diretti
del movimento naxalita, il PCI(M); e la lotta rivoluzionaria in
Turchia, un paese di confine tra l'Europa imperialista e l'universo
di Asia, Medio Oriente, qui si è dato il giusto rilievo a quello che
si è sviluppato in Turchia, alla figura di Ibraim Kaippakaya,
giovane leader del Partito Comunista ml turco, morto in quegli anni,
la cui opera è servita a tracciare la strada della rivoluzione,
connessa all'onda lunga del vento dell'Est che prevaleva sul vento
dell'Ovest.
Sia nel primo che nel
secondo giorno, importanti sono stati gli interventi degli operai
migranti di fabbriche e della Logistica di Bergamo che hanno posto in
rilievo quanto sia importante lo studio del marxismo attraverso la
formazione operaia che permette agli operai di guardare oltre la
dinamica della guerra di classe a cui sono giornalmente sottoposti e
con cui si misurano a Bergamo, come a livello nazionale – anche
per l'azione di una grossa organizzazione sindacale di classe come il
Si.cobas – così come la conoscenza delle grandi lotte del
proletariato italiano, fonte di ispirazione anche per loro. Un altro
compagno, a partire da una condizione difficilissima sui posti di
lavoro - ex operai che ora lavorano in condizioni decisamente
peggiori di quando lavoravano in fabbrica - ha parlato della
situazione odierna che rende abbastanza difficile una riproposizione
a breve di esperienze concrete delle lotte dell'autunno caldo.
Questi interventi sono
serviti a riportare i “piedi per terra”, dal cielo delle idee –
sicuramente importanti nel lavoro del Convegno - e hanno stimolato
una parte del dibattito che ha riguardato il problema della
“sconfitta”. Alcuni compagni hanno detto che non era il caso di
parlare di sconfitta, altri compagni, tra cui noi, hanno invece
valorizzato la “sconfitta” nel senso marxista leninista maoista
che considera che dalle sconfitte la classe prende le sue lezioni; e
che da quelle lezioni è possibile ripartire, e quindi, quelle
sconfitte sono un compagno di strada inevitabile sulla via della
vittoria. Quindi non certo per liquidare il movimento ma per trovare
in esso le energie per il nuovo movimento a cui guardiamo.
Si è poi entrati
dentro le teorie che hanno agito. Il compagno Di Marco ha fatto un
esame assai dettagliato di quello che possiamo chiamare il “filone
dell'operaismo”, esaminando le teorie concrete che Tronti, Panzieri
hanno sviluppato in quegli anni, la loro influenza e i loro limiti,
anche se su questo non abbiamo avuto tutto il tempo per tornare.
Più complicato è
stato rappresentare questo lato della storia da parte dei mlm. Qui è
stato esposto il collegamento con la storia del Movimento Comunista
Internazionale nel dopoguerra, la lotta contro il revisionismo, che
nel nostro paese ha avuto uno degli epicentri nella figura di
Togliatti e nel Partito Comunista Italiano. La lotta interna al
partito è stata sicuramente positiva, perchè chiunque ha combattuto
il revisionismo nel Pci negli anni che sono seguiti alla Resistenza
ha fatto qualcosa di giusto, ma la forma e i modi con cui questa
lotta è stata sviluppata non ha permesso di liberarsi dei
revisionisti di quel partito, e soprattutto non è riuscita ha
coprire il campo della contraddizione che andava maturando tra classe
operaia e Pci.
E’ in questo campo
non coperto che si è inserito il filone operaista che attraverso i
suoi teorici, che non erano certo solo teorici, ha posto un cuneo
importante nelle analisi di ciò che andava cambiando nel capitale e
nelle fabbriche e di ciò che era la nuova classe operaia che
scaturiva da quella dinamica del capitale e che non trovava più
obiettivamente una rappresentanza, se non elettorale, nel Pci. Mentre
all'interno dell'impulso offerto dal grande dibattito mondiale contro
il revisionismo moderno, al cui capo era l'Urss dove era in corso la
restaurazione capitalista, questa battaglia è arrivata attraverso la
storica analisi critica di Togliatti fatta dal Partito Comunista
Cinese che ha spinto obiettivamente ad avviare la ricostruzione del
partito comunista e le sue prime forme che su questo terreno si sono
sviluppate. Prime forme che però subito sono apparse abbastanza non
corrispondenti alle effettive necessità della ricostruzione del
partito comunista rivoluzionario nel nostro paese, proveniente
dall'onda lunga della Grcp e dallo scatenamento di quello che noi
oggi chiamiamo “biennio rosso”.
In quel biennio rosso
era giusto che i marxisti leninisti cercassero un'altra strada
rispetto a quella codificata dalle prime esperienze e quindi che
siano nate nuove formazioni mlm che hanno impattato in forme
abbastanza rilevanti nel contesto del biennio rosso attraverso le
esperienze di quella che consideriamo la più significativa, con i
suoi splendori e limiti, l'Unione dei comunisti Italiani. Essa si è
misurata sul campo con le influenze operaiste; non certo qui riferite
esclusivamente alle teorie ma alle prassi che si sono incarnate in
settori d'avanguardia della classe e che hanno dato vita a pagine
importanti nella battaglia dell'autunno nelle diverse forme che essa
ha assunto. E' evidente, per esempio, che i Cub hanno avuto una testa
politica obiettiva costituita da Avanguardia operaia e invece altre
dimensioni della ribellione operaia e della grande battaglia di quei
mesi hanno avuto l'impronta imposta da Lotta Continua, Potere Operaio
e dall'intero arcipelago di forze rivoluzionarie.
A distanza di anni ciò
non va guardato con le lenti ristrette dell'analisi dei gruppi, di
ciò che c'era di buono e di cattivo in essi, ma come l’espressione
sul campo di un “partito rivoluzionario informale” - questa è la
tesi del Convegno. Un “partito informale” che non era ancora il
partito comunista o rivoluzionario all'altezza di guidare quel grande
movimento verso la vittoria, sia pure dentro una dinamica di una
vittoria che non era certo dietro l'angolo – idea che purtroppo
anche nella coscienza dei militanti comunisti nel 68/69 c'è stata.
Questa esistenza di un
partito comunista rivoluzionario informale ha avuto sicuramente
influenza nel carattere generalmente rivoluzionario di quel biennio,
tanto è vero che è stato molto difficile domarlo da parte dello
Stato borghese. Certamente il fatto che poi la borghesia sia riuscita
a domarlo dipende dai limiti teorici, politici, di influenza anche di
altre classi nel movimento rivoluzionario. Marx ci ha insegnato come
un partito proletario rivoluzionario via via si debba liberare di
fronzoli e scorie che ne ostacolano la sua maturità e la sua
possibilità di prendere nelle proprie mani la propria lotta e
condurla fino in fondo, raccogliendo intorno a sé un ampio fronte
unito, in cui l'autonomia ideologica e politica della classe operaia
si trasforma in capacità di direzione del fronte e di egemonia
politica generale nella società; questo poteva essere la chiave di
volta non solo di una continuità dell'autunno caldo ma di un salto
di qualità verso la lotta per il socialismo, il potere proletario,
la dittatura del proletariato, “la classe operaia deve dirigere
tutto”.
(continua)
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