L’eterno Cuffaro, Aricò
(del partito dell’attuale presidente della Regione Musumeci), Caputo (e
il fratello) con un passato da fascista del Msi, Cordaro (Musumeci
presidente) … insomma politica-mafia-corruzione…
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La procura di Termini Imerese
vuole processare politici e amministratori del Palermitano
Voto di scambio, chiesto il
giudizio per 87
Coinvolti sindaci ed ex
sindaci. E leader come Aricò, i fratelli Caputo, Cordaro e Cuffaro
Le accuse sono di attentato ai
diritti politici e corruzione elettorale, in aula il 4 dicembre
In cima alla lista c’è il vecchio
stato maggiore della Lega in Sicilia. A partire dall’ex deputato regionale
Salvino Caputo e dal fratello Mario, che il capo della Procura di Termini
Imerese, Ambrogio Cartosio, non aveva esitato a definire “prestanome” del ben
più noto congiunto quando si era candidato con la lista Noi con Salvini alle
elezioni regionali del 2017. E per riuscire ad ottenere un posto all’Ars, i
salviniani siciliani Alessandro Pagano e Angelo Attaguile avrebbero prima
creato un escamotage per ingannare l’elettore, scrivendo nei manifesti solo il
cognome con la dicitura “detto Salvino”, poi un sistema di corruzione basato
sulla promessa di un posto di lavoro in cambio del voto. Un modus operandi
che sarebbe stato perpetrato pure a favore dell’ex sindaco di Gangi, Giuseppe
Ferrarello, candidato non eletto nella lista Movimento dei Territori per Micari
Presidente, ma anche nelle successive elezioni comunali di Termini Imerese
vinte da Francesco Giunta, poi dimessosi perché travolto dalle accuse
dell’indagine, compresa quella di peculato per avere usato l’auto blu “al fine
di recarsi da una donna con la quale aveva rapporti sessuali”.
Questi sono i punti cardine
dell’inchiesta “Voto Connection”, per cui il pm Annadomenica Gallucci
ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di 87 persone, perlopiù indagate a vario titolo di attentato ai diritti politici del cittadino e corruzione elettorale.
ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di 87 persone, perlopiù indagate a vario titolo di attentato ai diritti politici del cittadino e corruzione elettorale.
Chiesta l’archiviazione per
Gioacchino Sanfilippo di Trabia perché il fatto non sussiste, gli avvocati
Francesco Paolo Sanfilippo e Michela Tricomi sono riusciti a dimostrare che non
aveva promesso il proprio voto a Loredana Bellavia, candidata al Consiglio
comunale di Termini Imerese e dirigente scolastico, in cambio del superamento
degli esami del figlio. Così come per Giuseppe Di Blasi ma per la tenuità del
fatto, l’attuale consigliere comunale termitano di Fratelli d’Italia, che alle
ultime regionali era candidato nella lista Alleanza per la Sicilia, aveva sì
promesso ad Agostino Rio, il dipendente comunale accusato pure di assenteismo
da cui si dipana la ragnatela dell’inchiesta, che “avrebbe trasferito o,
comunque, fatto traferire, dalla biblioteca comunale di Termini Imerese tutti i
dipendenti comunali non graditi”, ma “limitandosi ad annuire con la testa e con
qualche battuta”.
Altri sette indagati, tutti termitani,
accusati di avere ottenuto o accettato la promessa di un posto fisso dopo le
elezioni, hanno chiesto la messa alla prova subordinata alla prestazione di un
lavoro di pubblica utilità: Giulio Fortino, Francesca Egiziano, Agostino Lo
Presti, Filippo D’Angelo e Giovanni Lo Cascio. Così come hanno fatto Antonino e
Giuseppe Amodeo, padre e figlio, una volta sostenitori dell’ex senatore Beppe
Lumia per poi passare tra le file di Totò Cuffaro.
Quante promesse. Che bastano per
configurare il voto di scambio. E se poi si concretizzano è ancora peggio. Come
quelle che avrebbe fatto l’assessore regionale al Territorio e ambiente Toto
Cordaro, il quale, “sia prima che dopo l’elezione di Francesco Giunta, più
volte assicurava ad Agostino Rio il mantenimento della promessa di assunzione”
come corriere di tale Giuseppe Pileri, cognato del genero Giacomo Carlisi; oppure
il capogruppo di Diventerà Bellissima all’Ars, Alessandro Aricò, che il
posto, sia pure come tirocinante, lo avrebbe fatto ottenere al figlio del consigliere
comunale termitano Michele Galioto.
E ancora il ruolo che avrebbe
assunto l’ex governatore Totò Cuffaro per fare eleggere a Sala d’Ercole il suo pupillo
Filippo Maria Tripoli, attuale sindaco di Bagheria e candidato non eletto nella
lista Popolari e autonomisti. “Dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate
si evinceva che il Cuffaro è ancora uno degli esponenti politici del territorio
siciliano capace di far confluire voti in favore dei candidati da lui
individuati”, scrive il capitano Federico Minicucci, comandante della Compagnia
dei carabinieri di Termini Imerese, che ha condotto l’attività investigativa di
“Voto Connection”. Considerazioni che l’ex presidente della Regione smentisce:
“So che è reato promettere posti di lavoro in cambio di voti e so di non aver
promesso nessun posto di lavoro all’Ars e so anche di non avere nessun potere”.
La difesa dei fratelli Caputo,
invece, è stata incentrata sulla condotta trasparente della campagna
elettorale. “Effettivamente il candidato era Mario”, è stata la linea
difensiva, corroborata da numerose immagini che testimonierebbero come non si
sarebbe nascosto agli elettori, partecipando ai comizi pubblici. Salvino e
Mario Caputo erano stati sottoposti agli arresti domiciliari, misura poi
annullata in quanto è stato ritenuto che la loro condotta, pur essendo
dimostrata, non configuri un reato.
Giornale di Sicilia
23 agosto ’19
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