In
Tunisia il rientro dalle vacanze di Agosto è stato moto caldo, sotto la
spinta del presidente della Repubblica Essebsi infatti, il parlamento
ha votato la controversa legge della “riconciliazione economica” (vedi
post precedenti) approvandola con una larga maggioranza. Ancora una
volta l’opposizione parlamentare dei partiti della sinistra riformista
raccolti nel Fronte Popolare si sono astenuti abbandonando l’aula.
Durante la votazione un sit-in di protesta del movimento Manich Msemah (io non perdono n.d.a.)
si era riunito al di fuori del parlamento venendo aggredito e caricato
violentemente dalla polizia,
contemporaneamente veniva interrotta l’erogazione di corrente elettrica in tutto il quartiere del Bardo e anche quello dei servizi telefonici, un vero è proprio black out contro i manifestanti.
contemporaneamente veniva interrotta l’erogazione di corrente elettrica in tutto il quartiere del Bardo e anche quello dei servizi telefonici, un vero è proprio black out contro i manifestanti.
Vecchi
metodi di repressione insomma in linea con il contenuto della legge che
permetterà il rientro in campo economico degli uomini d’affari legati
al regime di Ben Ali.
La legge infatti prevede un’amnistia in cambio del pagamento allo Stato di un risarcimento.
Il
governo ed il suo principale sponsor, Essebsi, da mesi e mesi montano
una campagna mediatica a favore di questa legge dicendo che il paese è
in grave crisi economica e che il ritorno in attività di questi uomini
di affari dopo aver pagato questa sanatoria, avrà ricadute positive
sull’economia.
Ovviamente
quello che non viene detto è che in 20 anni di dittatura, questi uomini
d’affari che erano legati alla mafia della famiglia Trebelsi (quella
della moglie di Ben Ali) si sono arricchiti svendendo le ricchezze
economiche del paese alle potenze straniere (in particolare Francia,
Italia, Germania e USA) contribuendo quindi alla subalternità economica
della nazione a livello internazionale a favore dei propri interessi
particolaristici e individuali.
Il
governo Nidaa Tounes-Ennahdha dimostra cosi di difendere e
rappresentare gli interessi di quella parte della borghesia compradora
tunisina che in seguito ai rapporti di forza venutisi a creare con la
rivolta del 2010-2011 era stata costretta a uscire dalla scena
politico-economica del paese.
Pochi
giorni dopo l’approvazione della legge, il movimento Manich Msemah, che
è formato principalmente da giovani e giovanissimi ed è appoggiato dai
partiti della sinistra riformista e della sinistra di classe
rivoluzionaria, ha convocato una grande manifestazione nella via
principale di Tunisi, Avenue Bourguiba, in cui hanno partecipato
migliaia di persone (c.a 5.000) con una marcia partita dalla statua di
Ibn Khaldoun (nella parte superiore dell’avenue) fino al Ministero degli
Interni (situato nella parte inferiore della stessa) o meglio fino a
dove i reticolati di filo spinato posti in pieno centro permettono ( a
circa 200 metri dal ministero). La manifestazione ha avuto una tenuta
pacifica e non vi sono stati incidenti nonostante la forte
militarizzazione dell’avenue con camionette e agenti in borghese ad ogni
angolo delle traverse che sbucano nell’avenue stessa. Il corteo si è
concluso tornando indietro e fermandosi davanti il teatro municipale.
In
questo quadro c’è da notare che recentemente il governo utilizza sempre
di più lo stato di polizia mostrando i muscoli: la settimana scorsa in
molte grandi città vi è stata una “campagna per la sicurezza” in cui
decine di poliziotti eseguivano controlli a tappeto. Il culmine è
avvenuto nella città di Sfax i cui accessi sono stati chiusi per 24 ore
per permettere l’arresto di alcuni ricercati per questioni legate al
contrabbando!
Tornando
alla manifestazione, se guardiamo al grado di partecipazione possiamo
affermare che la manifestazione è pienamente riuscita, le intimidazioni
poliziesche davanti il parlamento hanno moltiplicato in maniera
esponenziale i manifestanti rispetto al sit-in precedente in cui erano
presenti poche decine di persone.
Ma la questione più importante è di natura qualitativa e riguarda il dibattito all’interno di Manich Msemah.
Dopo
l’approvazione della legge tutti sono d’accordo che si andrà avanti con
la contestazione, una parte del movimento spinge per la trasformazione
di esso ad un movimento più largo contro il governo Chahed il quale da
qualche mese porta avanti una campagna demagogica “contro la corruzione”
rifacendosi esplicitamente al periodo italiano di “Mani Pulite” che sa
molto di spot pubblicitario e di “regolamento di conti” all’interno
della coalizione governativa contro l’alleato/rivale Ennahdha: vengono
arrestati baroni del contrabbando e uomini d’affari corrotti legati
principalmente a quella fazione politica mentre allo stesso tempo si
porta avanti questa amnistia verso gli uomini d’affari del vecchio
regime. Inoltre a settembre vi è stato un rimpasto di governo con la
nomina di ben 5 nuovi ministri tutti esponenti dell’ex partito al potere
durante il regime di Ben Ali, l’RCD.
A
nostro avviso un problema che ha il movimento è l’illusione verso la
legalità: in questa seconda manifestazione molti hanno partecipato
sperando che cio’ possa fare pressione verso la Corte Costituzionale che
potrebbe giudicare la legge anticostituzionale. Se è pur vero che
questa strada si deve percorrere, l’impressione che abbiamo avuto è che
molti dei militanti del movimento si affidino solo a questa “soluzione”
che ricade nel quadro dell’ordine costituito non prefigurandone altre.
Un
secondo problema, che è strettamente legato al primo, è l’influenza
nefasta e il ruolo che il Fronte Popolare ha all’interno di Manich
Msemah. quest’alleanza elettorale di partiti della sinistra riformista
che va dall’ex PCOT ideologicamente hoxista filo-albanese di Hamma
Hammami, adesso “Partito dei Lavoratori” passando per i “Patrioti
Democratici” del Watad fino a veri e propri partiti reazionari
panarabisti, nasseriani e bahatisti filo Assad.
Questa
sommatoria che in parlamento raggiunge una quindicina di deputati è in
grado di proporre solo elezioni anticipate, nell’illusione eterna di
avere risultati elettorali migliori e quindi più voce in capitolo nella
spartizione delle poltrone, e non è in grado di organizzare neanche
un’opposizione parlamentare efficace. All’ultima manifestazione i leader
di questi partiti marciavano in cordone “simbolico” tutt’altro che
minaccioso. Se è vero che la base genuina e militante di questi partiti
contribuisce positivamente al movimento, e anche vero che il cretinismo
parlamentare e il riformismo che la direzione di questi partiti propaga
affossa il movimento dando false prospettive e facendo prendere delle
cantonate.
Basti
pensare che il governo con lodevole furbizia di cui bisogna dargli
atto, lo stesso giorno in cui veniva approvata questa legge controversa,
abrogava la circolare ministeriale del 1973 che vieta ad una donna
tunisina di sposare un non musulmano. Questa sospetta coincidenza ha
distolto molti da cio’ che stava accadendo dentro e fuori il parlamento,
facendo esultare molti cittadini tra i più progressisti per questo
passo avanti verso la parità uomo-donna nel paese (al contrario un uomo
tunisino poteva sposare una non musulmana) portando oggettivamente
consensi al governo e al presidente della repubblica che si era fatto
promotore anche di questa iniziativa.
Ebbene,
molti militanti del FP si sono uniti al coro degli esultanti (per
dovere di cronaca va detto che questa settimana i municipi di Sidi Bou
Said e La Marsa, zone residenziali della capitale, si sono rifiutati di
celebrare “matrimoni misti” perché non avrebbero “ricevuto la
comunicazione ufficiale da parte del Ministero della Giustizia circa
l’abrogazione di tale circolare”).
La
sinistra rivoluzionaria è presente nel movimento e partecipa ma ancora
non ha la necessaria influenza per contrastare l’ala riformista del
movimento. Servirebbe in questo senso un’aperta critica e lotta
ideologica alle posizioni del FP presenti dentro Manich Msemah al fine
di spazzare via le illusioni legalitarie ed elettoraliste e spingere il
movimento verso una critica radicale e a 360 gradi contro il governo.
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