Nei primi 10 anni del secolo,
l’economia indiana ha registrato tassi di crescita senza precedenti
nella sua storia. Questo “spettacolare sviluppo” è stato
modellato secondo i diktat delle istituzioni internazionali
imperialiste (BM, FMI, WTO ecc.), subordinato agli interessi della
borghesia burocratica compra dora e dei latifondisti indiani in
collusione con le multinazionali e i grandi investitori
internazionali, che hanno imposto, fin dagli anni 90, politiche
economiche di liberalizzazione, privatizzazione e globalizzazione
applicate da tutti i governi, a livello centrale e dei diversi stati,
quale che ne fosse il colore, dai nazionalisti hindu di Modi, al
partito del Congresso e i suoi alleati, fino alla “sinistra” del
PCI(Marxista). Uno “sviluppo” che non ha prodotto alcun
significativo miglioramento nelle condizioni di vita delle sterminate
masse povere dell’India, di cui l’80% continuano a sopravvivere
con meno di un euro al giorno.
Quelle che si sono effettivamente
sviluppate e cresciute “spettacolarmente” sono tutte le
disuguaglianze: reddito, patrimonio, casta, regione, stato. Poche
decine di magnati hanno accumulato ricchezze favolose. I grandi
gruppi indiani di cui sono a capo, Jindal Mittal e Tata in testa,
sono cresciuti al punto da conquistare mercati, proprietà e quote di
produzione negli stessi paesi imperialisti, in particolare nel
settore dell’acciaio, cove in diversi paesi i gruppi indiani sono
divenuti i primi produttori.
Dall’altro lato, la nuova forza
lavoro cresciuta in India negli ultimi due decenni è in massima
parte legata all’economia informale e agli appalti, dove per i
lavoratori i salari sono estremamente bassi, non c’è protezione
sociale, nessuna sicurezza di lavoro, nessun diritto di
contrattazione collettiva. A fronte dell’enorme transizione
demografica versi le città, la mancata creazione di occupazione
stabile ha significato una vita miserabile per le masse urbane e una
sempre più numerosa classe operaia precaria, giovane, insicura,
privata di ogni controllo sulla propria vita e mezzi di sussistenza.
Questa stessa nuova classe operaia, precaria, giovane, insicura, in
numerose occasioni e con una tendenza su scala nazionale, a
differenti livelli, ha però trovato il coraggio di unirsi al di là
delle differenze e ricatti imposti dai padroni e di ribellarsi contro
la schiavitù del lavoro salariato con durissime lotte, scioperi,
occupazioni, fino ad attaccare e colpire fisicamente i dirigenti.
Contro di loro si scatenata la più dura repressione statale e
padronale, con migliaia di licenziamenti, migliaia di poliziotti
schierati militarmente ad affiancare le guardie dei padroni contro i
lavoratori in lotta e a difesa degli stabilimenti, centinaia di
lavoratori arrestati e imprigionati per anni senza processo.
L’effetto combinato della crisi
economica e finanziaria mondiale e dell’impennata dei prezzi delle
materie prime minerarie di cui l’India è ricchissima ha indicato
alla grande borghesia burocratica compradora e ai loro padroni
imperialisti la strada per continuare ad appropriarsi di enormi
profitti: incorporare le ingenti risorse naturali dell’india nei
circuiti del capitale mondiale. Ma questi giganti hanno trovato lungo
la loro strada la resistenza delle popolazioni che rifiutavano di
trasferirsi, abbandonare la propria terra, rinunciare ai loro diritti
su fiumi e foreste ed erano pronti a prendere le armi, se necessario,
per difendere le loro vite e i loro mezzi di sussistenza. Così nel
2008-2009 gli investimenti diminuivano drasticamente e il tasso di
crescita dell’economia è rallentato in modo significativo. Inizia
allora da una parte, sotto il nome di Operazione Green la guerra che
lo stato indiano ha scatenato conto il popolo che resisteva,
dall’altra la ricerca di un uomo forte che potesse sistemare le
cose a favore dei padroni indiani e degli imperialisti.
Alla fine lo hanno trovato in Narendra
Modi. Con un ritmo ed efficienza senza precedenti, in pochi giorni il
suo governo ha approvato centinaia di progetti minerari, industriali,
di Zone Economiche Speciali, rimuovendo ogni freno che veniva dalla
valutazione del devastazione ambientali che questi provocheranno. Ha
sistematicamente aperto all’imperialismo tutti i settori
dell’economia indiana : dalla difesa alle assicurazioni alle
risorse naturali - tutto è in vendita. E questa svendita
all’ingrosso è, ancora una volta presentata come “sviluppo”,
come processo che fa dell’India un paese forte, e chiunque vi si
opponga è nemico dell’India.
A coronamento di tutto questo, e sempre
a tempo di record, il governo Modi ha approvato la sua riforma del
lavoro, che rende parola morta i diritti sul lavoro straordinario e
salario aggiuntivo consentendo ai padroni di far lavorare gli operai
anche per 12 ore invece, rende legale i turni di notte per le donne,
consente ai padroni di fabbriche che impiegano fino a 300 lavoratori
di ridurre il personale o chiudere la fabbrica senza passare
attraverso alcuna procedura, favorisce i padroni in tutte le vertenze
relative al lavoro, porta a 50 il numero di dipendenti al di sotto
del quale non si applicano non si applicano neppure le tenui
disposizioni di tutela previste dalla legge. Libera da ogni vincolo
di responsabilità il datore di lavoro principale per qualsiasi
violazione di legge verso dipendenti dell’appalto, concede ai
lavoratori hanno la facoltà di formare un sindacato solo se hanno il
consenso del 30% dei lavoratori. Molto sangue è stato versato per
conquistare questi diritti, nelle lotte dei lavoratori in tutto il
mondo e nelle rivoluzioni per mettere fine allo sfruttamento del
lavoro e all'oppressione del proletariato e di tutte le masse
lavoratrici. Ora le riforme del governo Modi vogliono portare
indietro l’orologio della storia.
In questa situazione, mentre l’India
entra prepotentemente nello scenario mondiale dell'imperialismo con
le sue multinazionali che guadagnano posizioni e un ruolo attivo,
imponendo il nuovo regime fascista indù di Modi, mentre si
consolidano nei paesi imperialisti i legami tra le multinazionali
indiane e i padroni locali in un rapporto di collusione, alleanza –
pur sempre all'interno della contesa e concorrenza sul mercato
mondiale attraversato dalla crisi economica e finanziaria, da un
lato: le multinazionali indiane diventano per il proletariato dei
paesi imperialisti anche un nemico interno, dall’altro lato, le
multinazionali dei paesi imperialisti partecipano pienamente al
supersfruttamento del proletariato indiano e alla rapina del popolo
indiano.
I proletari indiani e del mondo stanno
sperimentano sulla propria pelle che i padroni, dall’Italia
all’India, sono uniti nel portare avanti i loro profitti di sangue
sulla pelle dei proletari e delle masse. Questo legame sul piano
economico si traduce in una nuova sintonia politica tra il governo
fascista Indù di Modi e i governo di stampo moderno fasciste delle
potenze imperialiste. Questi governi vogliono camminare mano nella
mano e Il governo indiano chiede ai governi di fermare il sostegno
alla guerra popolare e alle lotte del popolo indiano. Ma gli operai
sono una sola classe a livello internazionale e devono stringere in
maniera forte i loro legami di solidarietà e di lotta.
Per questo il 29 gennaio è una giornata internazionale di azioni alle fabbriche delle
multinazionali indiane, Jindal Mittal e Tata in particolare, che
porti forte questo messaggio, tanto agli operai quanto ai padroni,
indiani e del mondo.
È disponibile una ampia gamma di
materiali di agitazione e propaganda e una mappatura degli obiettivi
di possibili mobilitazione. Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
2 contro il regime del fascismo indu di MODI contro l'operazione Green Hunt 3a fase
Lo
“sviluppo” portato all’India da oltre vent’anni di politiche
neoliberiste applicate da tutti i governi e tutti i partiti a
vantaggio delle classi dominanti indiane, i loro padroni imperialisti
e le loro multinazionali e a scapito del popolo, della democrazia e
indipendenza nazionale e del territorio ed ecosistema del
subcontinente, non ha prodotto significativi miglioramenti negli
standard di vita della gran massa del popolo dell’India, nelle
foreste come nelle campagne e nelle città.
Non solo, questo “sviluppo” non ha
portato neppure alcun progresso nei rapporti sociali e culturali,
sulla condizione di emarginazione e oppressione delle masse di
contadini e braccianti senza terra nelle campagne e degli
intoccabili, delle minoranze religiose e nazionali, delle donne,
nelle città e in tutto il paese, Anzi, al contrario la loro
situazione è in realtà perfino peggiorata.
I meccanismi di espropriazione delle
terre e del surplus agricolo anche dei contadini medi si sono fatti
più sofisticati e spietati, grazie ad un combinato di credito ad
alti tassi, alti prezzi di vendita dei fattori di produzione e bassi
prezzi di acquisto dei raccolti. Il sistema di delle caste si è
rafforzato. L’occupazione militare di Kashmir, Manipur e altre
regioni contro i movimenti di liberazione nazionale è continuata e
si è ancora inasprita. I pogrom contro le minoranze religiose e
culturali, in particolare i musulmani, si sono ripetuti. Gli orribili
episodi di stupri e assassinii di donne sono diventati fatto
quotidiano. L’intolleranza, disprezzo e criminalizzazione di
intellettuali democratici giovani critici e ogni voce di dissenso si
sono fatti sistema. Dopo la salita al potere di Modi con una
maggioranza parlamentare inattaccabile, l’edificazione di un nuovo
regime braminico fascista indù marcia a ritmo forzato.
Come sempre e ovunque, grande
oppressione e sfruttamento generano forti lotte e ampie resistenze e
in tutti questi anni il subcontinente è stato attraversato da
poderosi movimenti di lotta di lavoratori, contadini, popolazioni
tribali, intellettuali e democratici.
Così, nel 2009 le classi dominanti
indiane spalleggiate dall’imperialismo hanno lanciato e da allora
portano avanti la Operazione Green Hunt, un’autentica guerra contro
il loro stesso popolo, che mira a cancellare la resistenza delle
popolazioni adivasi contro la loro deportazione dalle loro terre
ancestrali per far posto ai grandi progetti minerari, idroelettrici
ed industriali delle grandi multinazionali, ma soprattutto a
decapitare e annientare il movimento rivoluzionario maoista che ha
guadagnato forza e terreno, estendendosi in nuove aree.
Una sporca guerra, condotta con impiego
di mezzi enormi in termini di truppe, armamenti e tecnologie in nome
della difesa della “più grande democrazia del mondo” e del suo
“sviluppo”. Si applica la già nota strategia di “guerra a
bassa intensità”, ma di altissima intensità sono i crimini
efferati quotidianamente perpetrati contro popolazioni inermi,
attivisti politici e sociali, intellettuali del dissenso, senza però
riuscire a cancellarne la resistenza né la guerriglia diretta dal
PCI (maoista) nelle regioni in cui è attiva.
Oltre alle centinaia di combattenti e
dirigenti politici e rivoluzionari massacrati e assassinati nei
famigerati “falsi scontri”, dal 2009 a oggi sono decine di
migliaia gli adivasi, contadini, operai, donne, studenti, giovani
musulmani, intellettuali, attivisti dei diritti umani e delle
nazionalità oppresse che sono stati arrestati e restano incarcerati
senza processo, tutti invariabilmente marchiati come “maoisti” o
“terroristi”. Green Hunt ha trasformato l’intero subcontinente
della “più grande democrazia del mondo” in una “prigione dei
movimenti popolari”.
La salita al potere di Modi, ha
impresso anche alla Operazione Green Hunt un salto, spingendola verso
la cosiddetta 3° Fase.
Green Hunt 3° Fase significa
intensificazione della guerra al popolo. Ulteriori migliaia di
paramilitari, agenti di polizie e milizie private sguinzagliati
contro le popolazioni tribali delle aree interessate dai grandi
progetti delle multinazionali indiane e imperialiste. A questi si
affianca la mobilitazione reazionaria delle organizzazioni di massa
“zafferano” (il colore dei nazionalisti indù), con
normalizzazione e “zafferanizzazione” dell’educazione e della
cultura, dalla riscrittura dei testi di storia fino all’istituzione
di una sorta di “polizia morale” che vigila sulla purezza indù
di ogni costume e forma culturale. Il tutto risulta in nuove e vaste
campagne di repressione di stato, intolleranza religiosa,
criminalizzazione del dissenso.
Green Hunt 3° Fase significa anche
estensione della guerra al popolo. Ogni giorni di più l’intero
subcontinente, non solo i territori del “corridoio rosso” in cui
agiscono e combattono i rivoluzionari maoisti, ma l’intero
subcontinente, diventa terreno di azione delle forze statali e della
loro violenza protetta da impunità, comprese e le città, le zone
industriali attraversate da lotte e rivolte operaie, e, per finire,
la vasta regione dei gath occidentali, una catena montuosa in cui
risiedono l’80% dei bacini idrici di tutta l’India e un
patrimonio unico di biodiversità, che il governo Modi si è
precipitati ad aprire alla penetrazione degli investimenti e
sfruttamento imperialista, calpestando i diritti di chi ci abita e
condannado il territorio alla devastazione e disastro ambientale.
In ultima istanza Green Hunt 3° Fase
significa generalizzazione della guerra al popolo. Il bersaglio non
sono più solo i “maoisti”, “terroristi” e le masse tribali
da questi “strumentalizzate”, ma ogni opposizione organizzata,
ogni singola voce che si opponga allo “sviluppo” dell’India
come nuova potenza internazionale. E questi sono colpiti apertamente,
in quanto “nemici” della nazione contro i quali l’uso della
violenza di Stato è legittimo e necessario, senza più neppure lo
scrupolo di mascherare gli attacchi come difesa della “democrazia”
che rispettavano i governi precedenti.
Sempre più, nella sua 3° Fase, Green
Hunt si proietta a livello internazionale, con rinnovate pressioni ai
governi occidentali perché fermino e colpiscano la solidarietà che
a livello mondiale è cresciuta contro Green Hunt e a sostegno della
guerra popolare, mobilitandosi in azioni in decine di paesi in tutto
il mondo.
Per tutte queste ragioni nella Giornata Internazionale di Solidarietà si sviluppano le
azioni presso ambasciate, consolati e altre istituzioni governative
indiane, con presidi, proteste e conferenze stampa che chiedano a
gran voce la fine della “guerra al popolo”, per opporre una 3°
Fase della solidarietà internazionale, smascherare e ribattere le
menzogne e l’arroganza del regime braminico fascista indù di modi
e i suoi padrini imperialisti.
Anche su questo sono a disposizione molti materiali di
informazione, agitazione e propaganda utili nella preparazione e
svolgimento delle iniziative.
Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
Nel Marzo
1967, con la rivolta contadina armata del piccolo villaggio di
Naxalbari, è iniziata un’epopea di liberazione del popolo indiano
dal giogo delle tre montagne che lo schiacciano: la condizione di
semicolonia, le relazioni di dipendenza dall’imperialismo che la
formale indipendenza del paese dall’impero britannico del 1947 non
ha sostanzialmente intaccato; le relazioni semifeudali,
indissolubilmente legate al sistema delle caste che sopravvive e anzi
oggi si rafforza, a dispetto della retorica dello “sviluppo” che
tutti i governi ripetono, e condanna la stragrande maggioranza del
popolo al disprezzo ed emarginazione; il capitalismo burocratico
compratore cresciuto in combutta con i capitali imperialisti fino a
scalare posizioni in diversi settori e su scala internazionale, ma
pur sempre fondato sul supersfruttamento della forza lavoro e la
svendita delle risorse naturali del paese, che invece che “sviluppo”
e progresso civile portano nuove forme di oppressione ancora più
spietate e imbarbarite.
Tre montagne che si sostengono e
alimentano a vicenda. Contro di esse si è sviluppata tumultuosa la
guerra popolare diretta dagli eredi del glorioso inizio di Naxalbari,
i maoisti da 10 anni uniti nel PCI (maoista).
Una guerra popolare che ha dimostrato
la potenza delle masse armate dirette da un partito comunista
maoista. Grazie alla direzione di questo partito, la guerra popolare
si è estesa in tutto il paese e ha costruito le sue basi in circa un
terzo del suo territorio. Una guerra popolare che è divenuta così
la principale minaccia interna per il regime indiano e per
l’imperialismo in una regione cruciale del mondo. Una guerra
popolare che ha irradiato il suo messaggio e la sua forza tra le
masse oppresse di tutto il mondo.
Contro questa minaccia il regime
indiano, supportato dall’imperialismo, ha scatenato la più feroce
delle repressioni contro il popolo in lotta. La “Operazione Green
Hunt” è una vera e propria guerra contro il popolo. Il cuore di
questa repressione è colpire il PCI (maoista), i suoi quadri, i suoi
dirigenti, i suoi militanti, i suoi sostenitori, non solo nelle zone
in rivolta ma anche all'interno delle città, delle università e in
tutte le classi e settori sociali che sostengono o simpatizzano con
la guerra popolare, la ribellione maoista, la ribellione armata delle
masse popolari.
In uno scenario mondiale di crisi da
cui il sistema imperialista non riesce a uscire, la guerra popolare
in India è messaggio e ragione di speranza non solo per le masse
oppresse del paese ma per i proletari e i popoli di tutto il mondo. È
un’esperienza da far conoscere alle grandi masse di tutto il mondo,
per trarre non solo fiducia dalla forza delle azioni dell’Esercito
Popolare, ma anche lezioni dalla natura e sviluppo dei movimenti
popolari che il partito dirige e che la guerra popolare raccoglie e
anima, perché l’avanzamento della guerra popolare in India mette
in discussione i rapporti di forza non solo nel sud Asia ma in tutto
l’assetto del sistema imperialista mondiale.
Per questo, il 31 gennaio 2015, per la
terza delle Giornate Internazionali di azione e solidarietà con la
guerra popolare in India, si tengono iniziative di informazione
approfondimento e propaganda, sulla realtà straordinaria di questa
lotta, le sue conquiste, le grandi difficoltà che ha superato e
quelle che ha ancora di fronte, il ruolo in essa, delle masse,
movimenti, classi, settori sociali e, cosa più decisiva, della
direzione dei maoisti.
Materiali, documenti, video,
pubblicazioni per preparare e tenere queste iniziative vanno chiesti
a: csgpindia@gmail.com
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