mercoledì 28 gennaio 2015

pc 28 gennaio - La 3 giorni internazionale di mobilitazione - testi e manifesto internazionale di riferimento


1 la lotta della classe operaia e dei lavoratori indiani 

Nei primi 10 anni del secolo, l’economia indiana ha registrato tassi di crescita senza precedenti nella sua storia. Questo “spettacolare sviluppo” è stato modellato secondo i diktat delle istituzioni internazionali imperialiste (BM, FMI, WTO ecc.), subordinato agli interessi della borghesia burocratica compra dora e dei latifondisti indiani in collusione con le multinazionali e i grandi investitori internazionali, che hanno imposto, fin dagli anni 90, politiche economiche di liberalizzazione, privatizzazione e globalizzazione applicate da tutti i governi, a livello centrale e dei diversi stati, quale che ne fosse il colore, dai nazionalisti hindu di Modi, al partito del Congresso e i suoi alleati, fino alla “sinistra” del PCI(Marxista). Uno “sviluppo” che non ha prodotto alcun significativo miglioramento nelle condizioni di vita delle sterminate masse povere dell’India, di cui l’80% continuano a sopravvivere con meno di un euro al giorno.
Quelle che si sono effettivamente sviluppate e cresciute “spettacolarmente” sono tutte le disuguaglianze: reddito, patrimonio, casta, regione, stato. Poche decine di magnati hanno accumulato ricchezze favolose. I grandi gruppi indiani di cui sono a capo, Jindal Mittal e Tata in testa, sono cresciuti al punto da conquistare mercati, proprietà e quote di produzione negli stessi paesi imperialisti, in particolare nel settore dell’acciaio, cove in diversi paesi i gruppi indiani sono divenuti i primi produttori.
Dall’altro lato, la nuova forza lavoro cresciuta in India negli ultimi due decenni è in massima parte legata all’economia informale e agli appalti, dove per i lavoratori i salari sono estremamente bassi, non c’è protezione sociale, nessuna sicurezza di lavoro, nessun diritto di contrattazione collettiva. A fronte dell’enorme transizione demografica versi le città, la mancata creazione di occupazione stabile ha significato una vita miserabile per le masse urbane e una sempre più numerosa classe operaia precaria, giovane, insicura, privata di ogni controllo sulla propria vita e mezzi di sussistenza. Questa stessa nuova classe operaia, precaria, giovane, insicura, in numerose occasioni e con una tendenza su scala nazionale, a differenti livelli, ha però trovato il coraggio di unirsi al di là delle differenze e ricatti imposti dai padroni e di ribellarsi contro la schiavitù del lavoro salariato con durissime lotte, scioperi, occupazioni, fino ad attaccare e colpire fisicamente i dirigenti. Contro di loro si scatenata la più dura repressione statale e padronale, con migliaia di licenziamenti, migliaia di poliziotti schierati militarmente ad affiancare le guardie dei padroni contro i lavoratori in lotta e a difesa degli stabilimenti, centinaia di lavoratori arrestati e imprigionati per anni senza processo.
L’effetto combinato della crisi economica e finanziaria mondiale e dell’impennata dei prezzi delle materie prime minerarie di cui l’India è ricchissima ha indicato alla grande borghesia burocratica compradora e ai loro padroni imperialisti la strada per continuare ad appropriarsi di enormi profitti: incorporare le ingenti risorse naturali dell’india nei circuiti del capitale mondiale. Ma questi giganti hanno trovato lungo la loro strada la resistenza delle popolazioni che rifiutavano di trasferirsi, abbandonare la propria terra, rinunciare ai loro diritti su fiumi e foreste ed erano pronti a prendere le armi, se necessario, per difendere le loro vite e i loro mezzi di sussistenza. Così nel 2008-2009 gli investimenti diminuivano drasticamente e il tasso di crescita dell’economia è rallentato in modo significativo. Inizia allora da una parte, sotto il nome di Operazione Green la guerra che lo stato indiano ha scatenato conto il popolo che resisteva, dall’altra la ricerca di un uomo forte che potesse sistemare le cose a favore dei padroni indiani e degli imperialisti.
Alla fine lo hanno trovato in Narendra Modi. Con un ritmo ed efficienza senza precedenti, in pochi giorni il suo governo ha approvato centinaia di progetti minerari, industriali, di Zone Economiche Speciali, rimuovendo ogni freno che veniva dalla valutazione del devastazione ambientali che questi provocheranno. Ha sistematicamente aperto all’imperialismo tutti i settori dell’economia indiana : dalla difesa alle assicurazioni alle risorse naturali - tutto è in vendita. E questa svendita all’ingrosso è, ancora una volta presentata come “sviluppo”, come processo che fa dell’India un paese forte, e chiunque vi si opponga è nemico dell’India.
A coronamento di tutto questo, e sempre a tempo di record, il governo Modi ha approvato la sua riforma del lavoro, che rende parola morta i diritti sul lavoro straordinario e salario aggiuntivo consentendo ai padroni di far lavorare gli operai anche per 12 ore invece, rende legale i turni di notte per le donne, consente ai padroni di fabbriche che impiegano fino a 300 lavoratori di ridurre il personale o chiudere la fabbrica senza passare attraverso alcuna procedura, favorisce i padroni in tutte le vertenze relative al lavoro, porta a 50 il numero di dipendenti al di sotto del quale non si applicano non si applicano neppure le tenui disposizioni di tutela previste dalla legge. Libera da ogni vincolo di responsabilità il datore di lavoro principale per qualsiasi violazione di legge verso dipendenti dell’appalto, concede ai lavoratori hanno la facoltà di formare un sindacato solo se hanno il consenso del 30% dei lavoratori. Molto sangue è stato versato per conquistare questi diritti, nelle lotte dei lavoratori in tutto il mondo e nelle rivoluzioni per mettere fine allo sfruttamento del lavoro e all'oppressione del proletariato e di tutte le masse lavoratrici. Ora le riforme del governo Modi vogliono portare indietro l’orologio della storia.
In questa situazione, mentre l’India entra prepotentemente nello scenario mondiale dell'imperialismo con le sue multinazionali che guadagnano posizioni e un ruolo attivo, imponendo il nuovo regime fascista indù di Modi, mentre si consolidano nei paesi imperialisti i legami tra le multinazionali indiane e i padroni locali in un rapporto di collusione, alleanza – pur sempre all'interno della contesa e concorrenza sul mercato mondiale attraversato dalla crisi economica e finanziaria, da un lato: le multinazionali indiane diventano per il proletariato dei paesi imperialisti anche un nemico interno, dall’altro lato, le multinazionali dei paesi imperialisti partecipano pienamente al supersfruttamento del proletariato indiano e alla rapina del popolo indiano.
I proletari indiani e del mondo stanno sperimentano sulla propria pelle che i padroni, dall’Italia all’India, sono uniti nel portare avanti i loro profitti di sangue sulla pelle dei proletari e delle masse. Questo legame sul piano economico si traduce in una nuova sintonia politica tra il governo fascista Indù di Modi e i governo di stampo moderno fasciste delle potenze imperialiste. Questi governi vogliono camminare mano nella mano e Il governo indiano chiede ai governi di fermare il sostegno alla guerra popolare e alle lotte del popolo indiano. Ma gli operai sono una sola classe a livello internazionale e devono stringere in maniera forte i loro legami di solidarietà e di lotta.
Per questo il 29 gennaio è una giornata internazionale di azioni alle fabbriche delle multinazionali indiane, Jindal Mittal e Tata in particolare, che porti forte questo messaggio, tanto agli operai quanto ai padroni, indiani e del mondo.


È disponibile una ampia gamma di materiali di agitazione e propaganda e una mappatura degli obiettivi di possibili mobilitazione. Richiedeteli a csgpindia@gmail.com
contro il regime del fascismo indu di MODI contro l'operazione Green Hunt 3a fase

Lo “sviluppo” portato all’India da oltre vent’anni di politiche neoliberiste applicate da tutti i governi e tutti i partiti a vantaggio delle classi dominanti indiane, i loro padroni imperialisti e le loro multinazionali e a scapito del popolo, della democrazia e indipendenza nazionale e del territorio ed ecosistema del subcontinente, non ha prodotto significativi miglioramenti negli standard di vita della gran massa del popolo dell’India, nelle foreste come nelle campagne e nelle città.
Non solo, questo “sviluppo” non ha portato neppure alcun progresso nei rapporti sociali e culturali, sulla condizione di emarginazione e oppressione delle masse di contadini e braccianti senza terra nelle campagne e degli intoccabili, delle minoranze religiose e nazionali, delle donne, nelle città e in tutto il paese, Anzi, al contrario la loro situazione è in realtà perfino peggiorata.
I meccanismi di espropriazione delle terre e del surplus agricolo anche dei contadini medi si sono fatti più sofisticati e spietati, grazie ad un combinato di credito ad alti tassi, alti prezzi di vendita dei fattori di produzione e bassi prezzi di acquisto dei raccolti. Il sistema di delle caste si è rafforzato. L’occupazione militare di Kashmir, Manipur e altre regioni contro i movimenti di liberazione nazionale è continuata e si è ancora inasprita. I pogrom contro le minoranze religiose e culturali, in particolare i musulmani, si sono ripetuti. Gli orribili episodi di stupri e assassinii di donne sono diventati fatto quotidiano. L’intolleranza, disprezzo e criminalizzazione di intellettuali democratici giovani critici e ogni voce di dissenso si sono fatti sistema. Dopo la salita al potere di Modi con una maggioranza parlamentare inattaccabile, l’edificazione di un nuovo regime braminico fascista indù marcia a ritmo forzato.
Come sempre e ovunque, grande oppressione e sfruttamento generano forti lotte e ampie resistenze e in tutti questi anni il subcontinente è stato attraversato da poderosi movimenti di lotta di lavoratori, contadini, popolazioni tribali, intellettuali e democratici.
Così, nel 2009 le classi dominanti indiane spalleggiate dall’imperialismo hanno lanciato e da allora portano avanti la Operazione Green Hunt, un’autentica guerra contro il loro stesso popolo, che mira a cancellare la resistenza delle popolazioni adivasi contro la loro deportazione dalle loro terre ancestrali per far posto ai grandi progetti minerari, idroelettrici ed industriali delle grandi multinazionali, ma soprattutto a decapitare e annientare il movimento rivoluzionario maoista che ha guadagnato forza e terreno, estendendosi in nuove aree.
Una sporca guerra, condotta con impiego di mezzi enormi in termini di truppe, armamenti e tecnologie in nome della difesa della “più grande democrazia del mondo” e del suo “sviluppo”. Si applica la già nota strategia di “guerra a bassa intensità”, ma di altissima intensità sono i crimini efferati quotidianamente perpetrati contro popolazioni inermi, attivisti politici e sociali, intellettuali del dissenso, senza però riuscire a cancellarne la resistenza né la guerriglia diretta dal PCI (maoista) nelle regioni in cui è attiva.
Oltre alle centinaia di combattenti e dirigenti politici e rivoluzionari massacrati e assassinati nei famigerati “falsi scontri”, dal 2009 a oggi sono decine di migliaia gli adivasi, contadini, operai, donne, studenti, giovani musulmani, intellettuali, attivisti dei diritti umani e delle nazionalità oppresse che sono stati arrestati e restano incarcerati senza processo, tutti invariabilmente marchiati come “maoisti” o “terroristi”. Green Hunt ha trasformato l’intero subcontinente della “più grande democrazia del mondo” in una “prigione dei movimenti popolari”.
La salita al potere di Modi, ha impresso anche alla Operazione Green Hunt un salto, spingendola verso la cosiddetta 3° Fase.
Green Hunt 3° Fase significa intensificazione della guerra al popolo. Ulteriori migliaia di paramilitari, agenti di polizie e milizie private sguinzagliati contro le popolazioni tribali delle aree interessate dai grandi progetti delle multinazionali indiane e imperialiste. A questi si affianca la mobilitazione reazionaria delle organizzazioni di massa “zafferano” (il colore dei nazionalisti indù), con normalizzazione e “zafferanizzazione” dell’educazione e della cultura, dalla riscrittura dei testi di storia fino all’istituzione di una sorta di “polizia morale” che vigila sulla purezza indù di ogni costume e forma culturale. Il tutto risulta in nuove e vaste campagne di repressione di stato, intolleranza religiosa, criminalizzazione del dissenso.
Green Hunt 3° Fase significa anche estensione della guerra al popolo. Ogni giorni di più l’intero subcontinente, non solo i territori del “corridoio rosso” in cui agiscono e combattono i rivoluzionari maoisti, ma l’intero subcontinente, diventa terreno di azione delle forze statali e della loro violenza protetta da impunità, comprese e le città, le zone industriali attraversate da lotte e rivolte operaie, e, per finire, la vasta regione dei gath occidentali, una catena montuosa in cui risiedono l’80% dei bacini idrici di tutta l’India e un patrimonio unico di biodiversità, che il governo Modi si è precipitati ad aprire alla penetrazione degli investimenti e sfruttamento imperialista, calpestando i diritti di chi ci abita e condannado il territorio alla devastazione e disastro ambientale.
In ultima istanza Green Hunt 3° Fase significa generalizzazione della guerra al popolo. Il bersaglio non sono più solo i “maoisti”, “terroristi” e le masse tribali da questi “strumentalizzate”, ma ogni opposizione organizzata, ogni singola voce che si opponga allo “sviluppo” dell’India come nuova potenza internazionale. E questi sono colpiti apertamente, in quanto “nemici” della nazione contro i quali l’uso della violenza di Stato è legittimo e necessario, senza più neppure lo scrupolo di mascherare gli attacchi come difesa della “democrazia” che rispettavano i governi precedenti.
Sempre più, nella sua 3° Fase, Green Hunt si proietta a livello internazionale, con rinnovate pressioni ai governi occidentali perché fermino e colpiscano la solidarietà che a livello mondiale è cresciuta contro Green Hunt e a sostegno della guerra popolare, mobilitandosi in azioni in decine di paesi in tutto il mondo.
Per tutte queste ragioni nella Giornata Internazionale di Solidarietà si sviluppano le azioni presso ambasciate, consolati e altre istituzioni governative indiane, con presidi, proteste e conferenze stampa che chiedano a gran voce la fine della “guerra al popolo”, per opporre una 3° Fase della solidarietà internazionale, smascherare e ribattere le menzogne e l’arroganza del regime braminico fascista indù di modi e i suoi padrini imperialisti.

Anche su questo sono a disposizione molti materiali di informazione, agitazione e propaganda utili nella preparazione e svolgimento delle iniziative.

Richiedeteli a csgpindia@gmail.com

3 - la ribellione 'naxalita', la guerra popolare, il Partito Comunista dell'India (MAOISTA)

Nel Marzo 1967, con la rivolta contadina armata del piccolo villaggio di Naxalbari, è iniziata un’epopea di liberazione del popolo indiano dal giogo delle tre montagne che lo schiacciano: la condizione di semicolonia, le relazioni di dipendenza dall’imperialismo che la formale indipendenza del paese dall’impero britannico del 1947 non ha sostanzialmente intaccato; le relazioni semifeudali, indissolubilmente legate al sistema delle caste che sopravvive e anzi oggi si rafforza, a dispetto della retorica dello “sviluppo” che tutti i governi ripetono, e condanna la stragrande maggioranza del popolo al disprezzo ed emarginazione; il capitalismo burocratico compratore cresciuto in combutta con i capitali imperialisti fino a scalare posizioni in diversi settori e su scala internazionale, ma pur sempre fondato sul supersfruttamento della forza lavoro e la svendita delle risorse naturali del paese, che invece che “sviluppo” e progresso civile portano nuove forme di oppressione ancora più spietate e imbarbarite.
Tre montagne che si sostengono e alimentano a vicenda. Contro di esse si è sviluppata tumultuosa la guerra popolare diretta dagli eredi del glorioso inizio di Naxalbari, i maoisti da 10 anni uniti nel PCI (maoista).
Una guerra popolare che ha dimostrato la potenza delle masse armate dirette da un partito comunista maoista. Grazie alla direzione di questo partito, la guerra popolare si è estesa in tutto il paese e ha costruito le sue basi in circa un terzo del suo territorio. Una guerra popolare che è divenuta così la principale minaccia interna per il regime indiano e per l’imperialismo in una regione cruciale del mondo. Una guerra popolare che ha irradiato il suo messaggio e la sua forza tra le masse oppresse di tutto il mondo.
Contro questa minaccia il regime indiano, supportato dall’imperialismo, ha scatenato la più feroce delle repressioni contro il popolo in lotta. La “Operazione Green Hunt” è una vera e propria guerra contro il popolo. Il cuore di questa repressione è colpire il PCI (maoista), i suoi quadri, i suoi dirigenti, i suoi militanti, i suoi sostenitori, non solo nelle zone in rivolta ma anche all'interno delle città, delle università e in tutte le classi e settori sociali che sostengono o simpatizzano con la guerra popolare, la ribellione maoista, la ribellione armata delle masse popolari.
In uno scenario mondiale di crisi da cui il sistema imperialista non riesce a uscire, la guerra popolare in India è messaggio e ragione di speranza non solo per le masse oppresse del paese ma per i proletari e i popoli di tutto il mondo. È un’esperienza da far conoscere alle grandi masse di tutto il mondo, per trarre non solo fiducia dalla forza delle azioni dell’Esercito Popolare, ma anche lezioni dalla natura e sviluppo dei movimenti popolari che il partito dirige e che la guerra popolare raccoglie e anima, perché l’avanzamento della guerra popolare in India mette in discussione i rapporti di forza non solo nel sud Asia ma in tutto l’assetto del sistema imperialista mondiale.
Per questo, il 31 gennaio 2015, per la terza delle Giornate Internazionali di azione e solidarietà con la guerra popolare in India, si tengono iniziative di informazione  approfondimento e propaganda, sulla realtà straordinaria di questa lotta, le sue conquiste, le grandi difficoltà che ha superato e quelle che ha ancora di fronte, il ruolo in essa, delle masse, movimenti, classi, settori sociali e, cosa più decisiva, della direzione dei maoisti.

Materiali, documenti, video, pubblicazioni per preparare e tenere queste iniziative vanno chiesti a: csgpindia@gmail.com

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