Il pm Raffaele Guariniello
Chiusa
l'indagine bis sugli stabilimenti del gruppo svizzero: l'imputazione riguarda
213 morti di mesotelioma. Il difensore: "Accusa pesante, ma infondata"
Omicidio volontario anche per Stephan Schmidheiny, il
magnate elvetico rimasto l'unico a rispondere dell'infinita strage da amianto
della Eternit. La notizia circolava da un anno, quando il pm Raffaele
Guariniello aveva pensato di contestare al milionario svizzero la stessa accusa
formulata per l'amministratore delegato della ThyssenKrupp Harald Espenhahn. Ora
il magistrato torinese, assieme al sostituto procuratore Gianfranco Colace, ha
firmato l'avviso di chiusura delle indagini dell'inchiesta cosiddetta "Eternit
bis", che sarà notificato tanto all'imputato che alle famiglie delle 213 vittime
colpite da mesotelioma pleurico.
Un'imputazione, quella di omicidio volontario, che si afferma in questo secondo filone di indagini, mentre nel primo processo (in cui era a giudizio anche il barone belga Louis De Cartier, nel frattempo deceduto), che si è concluso con la condanna a 18 anni in appello dell'industriale svizzero, le accuse erano di disastro ambientale. L'aggravamento della posizione di Schmidheiny si fonda sul fatto che gli oltre duecento casi di malati che sono parti lese si riferiscono tutti alla sola gestione del magnate svizzero, che secondo la procura di Torino ha nascosto informazioni sui pericoli dell'esposizione all'amianto e non ha nemmeno investito nelle opere di bonifica dopo il fallimento di Eternit Italia e la chiusura dei suoi stabilimenti.
Un caso esemplare, per la procura, è rappresentato dal decesso, avvenuto un anno fa, di Paola Chiabrera Gazziero, una donna di soli 36 anni di Casale Monferrato che non ha mai lavorato nella fabbrica di Eternit. La sua giovane età dimostra però che c'è stata un'esposizione all'amianto anche dopo il 1976, anno di nascita di quest'ultima vittima.
Un'imputazione, quella di omicidio volontario, che si afferma in questo secondo filone di indagini, mentre nel primo processo (in cui era a giudizio anche il barone belga Louis De Cartier, nel frattempo deceduto), che si è concluso con la condanna a 18 anni in appello dell'industriale svizzero, le accuse erano di disastro ambientale. L'aggravamento della posizione di Schmidheiny si fonda sul fatto che gli oltre duecento casi di malati che sono parti lese si riferiscono tutti alla sola gestione del magnate svizzero, che secondo la procura di Torino ha nascosto informazioni sui pericoli dell'esposizione all'amianto e non ha nemmeno investito nelle opere di bonifica dopo il fallimento di Eternit Italia e la chiusura dei suoi stabilimenti.
Un caso esemplare, per la procura, è rappresentato dal decesso, avvenuto un anno fa, di Paola Chiabrera Gazziero, una donna di soli 36 anni di Casale Monferrato che non ha mai lavorato nella fabbrica di Eternit. La sua giovane età dimostra però che c'è stata un'esposizione all'amianto anche dopo il 1976, anno di nascita di quest'ultima vittima.
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