Il 19 giugno del 1986, nelle
carceri peruviane del Fronton, Lurigancho e Callao, centinaia di
prigionieri politici e di guerra del Partito Comunista del Perù in
rivolta contro i piani di trasferimento e concentramento portati avanti
dal regime peruviano furono massacrati dalle forze armate peruviane.
Truppe
d'assalto di tutte e tre le armi con armamento e mezzi da guerra
assaltarono le carceri, bombardarono dall'alto i padiglioni in cui si
erano asserragliati i prigionieri in rivolta, falciarono con mitraglia e
granate i prigionieri.
In 300 morirono dopo aver rifiutato ogni
falsa proposta di accordo, consapevoli del costo che il nemico gli
avrebbe fatto pagare per la loro fermezza. Scelsero di dare la vita per
il loro popolo, il partito e la rivoluzione, resistendo e combattendo
fino all'ultimo, come poterono, con le armi rudimentali che erno
riusciti a costruirsi in cella.
Da allora il Partito Comunista del
Perù ha chiamato il 19 giugno “Giorno dell'eroismo” e, a livello
internazionale, si è andata affermando la tradizione di rivivere in
questa giornata la memoria di quella battaglia e sacrificio eroici in
unità coi prigionieri che lottano oggi per trasformare le galere
dell'imperialismo in “luminose trincee di combattimento”.
E, cioè,
non solo trincee di resistenza contro la toruta, l'isolamento e
annientamento dei rivoluzionari ad opera degli aguzzini al servizio
degli imperialisti, ma avamposti di lotta contro gli stati
dell'imperialismo per la rivoluzione proletaria, parte della lotta di
classe, fusa e non separata da esse.
Il “Giorno dell' Eroismo” non è
la denuncia di uno dei più efferati crimini contro i rivoluzionari
prigionieri da rinnovare nella solidarietà con chi ancor oggi vive la
prigionia politica, ma la memoria di una vittoria morale, politica e
militare che i comunisti in Perù conquistarono sul campo, incarnando il
principio per cui, quale che sia il costo da pagare, i comunisti non
smettono di combattare e di colpire come possono il nemico.
Anche
nelle carceri dei paesi imperialisti la borghesia ha sempre coltivato lo stesso
spirito e illusione di “soluzione finale” contro i prigionieri
rivoluzionari, che muove la mano massacratrice e genocida dei regimi servi
dell'imperialismo nei paesi oppressi.
L'inasprimento delle condizioni di
detenzione dei prigionieri politici, la dispersione dei prigionieri, l'allontanamento dalle loro
famiglie sono parte delle tecniche di annientamento psicofisico, teso a
piegare e cancellare l'identità rivoluzionaria e combattiva dei detenuti politici.
Il
19 giugno è sempre stata anche una giornata di lotta contro la
repressione politica e sociale. Le carceri dell'imperialismo annientano e
uccidono tutti i giorni proletari e immigrati che riempiono
penitenziari e CIE, dove sono realtà quotidiana condizioni di detenzione
subumane, sovraffollamento inverosimile, abusi, suicidi.
Infine, le
migliaia di procedimenti giudiziari, montature, arresti, multe e
condanne che colpiscono i protagonisti di lotte sociali e oppositori
politici rendono la repressione e la prigionia politica un fenomeno
dalle dimensioni di massa.
La battaglia contro tutto questo è un impegno quotidiano che richiede un organismo specifico, capace di unire tutte le forze, le realtà, i singoli compagni, anche se appartenenti a diverse organizzazioni e a diverse sensibilità, questo è quello che chiamiamo
soccorso rosso proletario
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