Sanhati
6 giugno 2014
Le elezioni generali del sedicesimo Lok
Sabha segnano uno spartiacque nella storia indiana post-indipendenza.
Per la prima volta la destra nazionalista indù del Bharatiya Janata
Party (BJP) sale al potere con una maggioranza assoluta di 282 seggi
parlamentari. L'Alleanza democratica nazionale (NDA), l'alleanza di
partiti politici guidati dal BJP, ha conquistato 336 seggi. Dunque,
per la prima volta nella sua storia, l'India sta per essere
governata, con maggioranza parlamentare assoluta, dal BJP, filiazione
politica della RSS, organizzazione politico-culturale fascista Hindu
che si ispira a Hitler e vuole trasformare l'India in un Rashtra
indù.
Non è meno importante ricordare che il
BJP è salito al potere nelle sedicesime elezioni Lok Sabha sotto la
guida di Narendra Modi, già primo ministro del Gujarat, che
assistette al pogrom appoggiato dallo stato contro i musulmani
organizzato nel 2002, in cui furono uccisi più di 1000 donne, uomini
e bambini. Sotto il suo regime, la comunità musulmana in Gujarat è
stata sistematicamente emarginata, intimidita in ogni modo,
brutalizzata in numerosi falsi scontri. Mentre terrorizzava
sistematicamente la comunità musulmana, Modi ha sviluppato stretti
legami con l’ emergente classe capitalista del Gujarat. È ben noto
che il miliardario Adani ha prosperato sotto Modi, generosamente
beneficato da oscure vendite di terreni a prezzo stracciato e
dall’attenuazione dei fastidiosi regolamenti.
La vittoria del BJP di Modi nelle
elezioni Lok Sabha è espressione di un ulteriore spostamento a
destra dello stato indiano. L'adozione di riforme neoliberiste fin
dai primi anni 90 ha aggravato tutte le disuguaglianze: di reddito,
patrimonio, casta, regione, stato. Mentre una piccola parte della
popolazione diventava favolosamente ricca, la stragrande maggioranza
non ha visto miglioramenti significativi nei suoi standard di vita.
Dietro tenore di vita stagnante sta la mancata creazione di
occupazione. La crescita del PIL - molto elevata rispetto agli
standard storici e recenti - non si è tradotta nella crescita di
un'occupazione stabile. Per la stragrande maggioranza, l'aumento
della forza lavoro nel corso degli ultimi due decenni è legata
all'economia informale, dove l'occupazione è caratterizzata da
salari (e redditi) estremamente bassi, assenza di protezione sociale,
pressoché nessuna sicurezza di lavoro, nessun diritto di
contrattazione collettiva per i lavoratori. Mentre l'India attraversa
una transizione demografica, la crescita anemica dell'occupazione ha
significato una vita precaria per una popolazione numerosa e
crescente e una giovane classe operaia. Private del reale controllo
sulle loro vite e sui mezzi di sussistenza, questo classe operaia
precaria, giovane, incerta si è aperta alla promesse di Modi di
sistemare le cose.
La brillante crescita dell'economia
indiana tra il 2002 e il 2008 ha aggiunto un ulteriore ingrediente a
questo mix inebriante: la folle corsa alle risorse naturali. Con
l'aumento a livello mondiale dei prezzi delle materie prime, i
capitali indiani (e stranieri) hanno visto l'opportunità di
realizzare enormi profitti incorporando molte risorse naturali nei
circuiti del capitale. Nel tentativo di facilitare questo processo,
lo Stato indiano ha iniziato l'acquisizione forzata di terreni
agricoli e pascoli, foreste e di diritti sulle acque, a favore del
grande capitale. Ma il colosso neoliberista ha trovato un macigno
sulla sua strada: le popolazioni rifiutavano di trasferirsi,
abbandonare la propria terra, rinunciare ai loro diritti su fiumi e
foreste. Erano pronti a prendere le armi, se necessario, per
difendere le loro vite e i loro mezzi di sussistenza, e lo Stato
decise di sopprimerli militarmente. In concomitanza con la crisi
economica e finanziaria mondiale del 2008, la resistenza popolare
alla razzia delle risorse naturali spalleggiata dallo Stato ha
sgonfiato gli spiriti animali delle aziende indiane. Gli investimenti
sono diminuiti drasticamente, e il tasso di crescita dell'economia è
rallentato in modo significativo. Il grande capitale indiana ha
iniziato la ricerca di un uomo forte per sistemare le cose.
Così alla fine già del 2008
l'autoritario Modi ha iniziato attirare l'attenzione della classe
capitalista al di fuori del Gujarat. Non riuscendo ad ammorbidire
l’opposizione popolare alle acquisizioni delle terre a Singur, in
Ratan il 3 ottobre 2008 Tata annunciava che avrebbe iniziato a
cercare un sito alternativo. Modi lo contattò, gli offrì delle
terre in Sanand e altre agevolazioni, come era sua abitudine, e nel
tempo record di 10 giorni fu siglato un accordo. Dopo l'inaugurazione
dello stabilimento Nano a Sanand, nel giugno 2010, anche il capitale
internazionale venne a bussare alla porte di Modi: Ford e Peugeot
chiesero terre per costruire le loro fabbriche in Gujarat. Grazie a
questi affari, le azioni di modi Modi presso il grande capitale
salirono. Così quando fu chiaro che sarebbe riuscito – grazie a un
abile colpo di palazzo – a diventare il candidato premier del BJP,
hanno deciso di finanziare la sua campagna elettorale.
L’uomo forte Modi, il governante
autoritario che riusciva a fare le cose, che poteva calpestare le
norme su ambiente e lavoro, è diventato la scelta dei padroni
dell’India. approfittando dell'incertezza di vita e delle
aspirazioni create, ma non mantenute, dal settore informale, del
nuovo mondo di disuguaglianze estreme, Modi ha spostato una quantità
senza precedenti di voti verso il suo partito. Giocando abilmente la
carta Hindutva ovunque necessario, soprattutto in Uttar Pradesh, e
facilitato dal discredito del venale governo del Congresso, da
un’inflazione persistente ed elevata e dalla mancanza di
alternative credibili, nel 16° Lok Sabha il BJP è riuscito a
conquistare la maggioranza dei seggi.
Ciò non promette bene per la grande
maggioranza della popolazione indiana: i contadini, i lavoratori, le
minoranze religiose, le donne, i dalit e i tribali e la comunità
LGBT. Se la storia può essere una guida, il regime di Modi sarà una
brutale marcia del capitale. Comporterà una forma più virulenta di
capitalismo neoliberista, caratterizzato dall’ulteriore
aggravamento delle disuguaglianze. Significherà la soppressione dei
principali diritti democratici e libertà civili conquistati – per
quel che ne rimane – dal popolo lavoratore in India. Significherà
lacerare l’ancora fragile tessuto laico del Paese. Significherà
l’attacco alla pluralità culturale, riscrivere i libri di testo.
Significherà razzia sfrenata e saccheggio delle risorse naturali
dell'India per il profitto e la ricchezza di una piccola parte della
popolazione al costo del degrado ambientale. Ciò implica un sistema
di valori in cui l'esclusione sistematica dei gruppi minoritari o il
completo disinteresse verso le loro esigenze sarebbe considerato un
sacrificio accettabile da fare sull'altare dello sviluppo.
Significherà, in nome delle riforme del lavoro, portar via quel poco
di potere e sicurezza che i lavoratori hanno sulla loro vita grazie
leggi sul lavoro.
La sinistra e le forze democratiche
devono valutare attentamente la situazione che sta emergendo. Occorre
comprendere che c'è il pericolo molto reale di una presa fascista
dello stato indiano. Contro questa minaccia fascista alla democrazia
indiana, occorre che la sinistra costruisca urgentemente un fronte
unito delle forze progressiste e democratiche. La spinta di questa
politica di fronte unito dovrà necessariamente essere
extra-parlamentare; ancor più ora che le ultime elezioni hanno
ulteriormente chiuso gli spazi parlamentari. Sulla base di una
mobilitazione di massa militante, questo fronte unito deve adoperarsi
per difendere e promuovere i diritti del popolo al jal, Jangal e
Jamin, i diritti e interessi di operai, contadini, delle minoranze
religiose, dalit e tribali, altre minoranze ed emarginati, in difesa
della libertà di espressione, della libertà culturale e di
educazione e dei diritti delle donne e LGBT, e lavorare per
ricostruire un movimento di massa per una radicale trasformazione
progressista e democratica della società indiana. Solo il
consolidamento di questa lotta, che ricopra tutti i settori e tutto
il paese, può affrontare l'incombente attacco neoliberista.
L'idea di un ampio consolidamento della
sinistra intorno alla difesa dei diritti democratici non è una vuota
speculazione. Se da sempre la sinistra è attenta alla difesa del
diritto alla sindacalizzazione o del controllo pubblico sulle risorse
essenziali (come l'acqua, l'istruzione e trasporti) contro le
privatizzazioni, in questi ultimi anni è emerso un consenso generale
tra le varie correnti di sinistra Indiana a difesa di programmi
redistributivi basati sui diritti. Nell'ultimo decennio un’ampia
gamma di movimenti progressisti di base hanno lavorato per realizzare
e approfondire i diritti alla redistribuzione, negli ultimi anni si
sono sentite voci attraverso tutto l’arco della sinistra, da quella
parlamentare a quella clandestina, che hanno evidenziato la necessità
di difendere questi diritti. Mobilitare la stragrande maggioranza del
popolo lavoratore intorno a questa agenda politica può essere un
passo importante, in questo frangente, di in un più vasto e continuo
programma di radicale, progressiva trasformazione sociale.
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