A fine agosto, nel corso del seminario di Proletari comunisti, si sono tenute due assemblee sulla situazione nelle fabbriche e le lotte operaie e sui movimenti di opposizione politica (No Tav, studenti, immigrati, antirazzismo, ecc.).
Pubblichiamo ora un resoconto sintetico della prima assemblea.. Nei prossimi giorni pubblicheremo l'altra.
Nel corso della assemblea sulla situazione nella fabbriche sono intervenuti diversi operai e abbiamo invitato uno dei tre compagni Fiom licenziati alla Fiat Sata di Melfi, Marco Pignatelli, con cui l'incontro ha preso di fatto la forma di un'intervista.
Cominciamo da questa.
Proletari comunisti - Abbiamo seguito tutta la vicenda dei 3 operai licenziati alla Fiat Sata, e anche nei mesi e anni prima siamo stati sempre con il cuore, con la testa, con la nostra presenza e lavoro alla Fiat di Melfi, dai “21 giorni” fino a tutta la mobilitazione contro questi licenziamenti.
Quest'anno la Fiat è diventata ancora di più che in passato il cuore del nuovo fascismo padronale, che ora viene legiferato dalla manovra del governo che vuole esplicitamente rendere norma il fatto che ci possono essere deroghe al CCNL e allo Statuto dei Lavoratori, a partire dall’art. 18; così facendo, quindi, diventa legge di Stato il piano Marchionne.
La Fiat perciò rappresenta il punto centrale dello scontro tra operai e fascismo padronale, non solo dal punto di vista dell'attacco, ma anche da quello della risposta di classe necessaria.
Il No al referendum è andato oltre le aspettative a Pomigliano e a Mirafiori. Alla Fiat Sata non ci sono in gioco posti di lavoro, come a Pomigliano e Mirafiori, ma ciononostante qui ci sono stati scioperi esemplari per compattezza degli operai, per l'unità realizzata al di là delle appartenenza alle sigle sindacali. Questo l'ha capito bene Marchionne che ha voluto licenziare alla Fiat Satai 3 operai di cui 2 delegati, uno Rls, a riprova della diversità della Fiat Sata e dello spettro che l'azienda, ma non solo, anche i sindacati filopadronali e il governo vogliono esorcizzare: quello dei 21 giorni. Se i licenziamenti sono un attacco durissimo, sono però anche una reazione al clima e al potenziale di lotta della Sata.
La fase finale della vicenda processuale ha visto il rovesciamento dela decisione del giudice di primo grado e sancito che non c'era comportamento antisindacale, benchè i licenziamenti siano illegittimi. La stessa sentenza contiene un attacco ideologico dato che dice che gli operai sono colpevoli di insubordinazione e di aver offeso i capi, quando qualsiasi operaio potrebbe raccontare delle offese pesanti che i capi rivolgono agli operai.
Marco - Nelle prossime settimane sarà presentato il ricorso contro l’ultima sentenza e occorreranno non meno dialtri 5-6 mesi per una nuova sentenza. Quella che sentiamo alla fabbrica è la paura che i nostri licenziamenti hanno prodotto, nonostante sia chiaro che sono illegittimi. La Fiat sta anche organizzando un reparto confino, riservato a iscritti Fiom combattivi e a operai RCL. Sembra essere tornati a prima dei 21 giorni, ma ancora sappiamo se anche oggi succederà qualcosa del genere.
Marchionne secondo me ha paura a fare anche a Melfi un referendum tipo Pomigliano e Mirafiori, non tanto perché teme di perderlo ma perche ha paura di cosa farebbe il 50% che voterebbe no.
Il piano Fiat è un piano di dismissioni, ne sono consapevoli e d'accordo governo, cisl, uil e lo stesso apparato cgil. Circa la Fiom, Landini cerca di mantenere duro, pur con dei limiti, e io sono dell’opinione che Fiom e sindacati di base debbano sotterrare vecchie ruggini per superare le divisioni e fare massa
Per il resto credo personalmente che sia tempo di andare a Roma e restarci. E' un'idea che sta frullando a molti, anche se è molto difficile, perchè quà il governo non come in Spagna. Ma io non vedo come qualcosa di diverso possa farci ottenere risultati. La Cgil proprio questo vuole evitare, per questo convoca manifestazioni locali per il prossimo sciopero, temono che qualche decina di migliaia di persone possa prendere un'iniziativa clamorosa.
Circa la nostra vicenda, la risolveranno presto i giudici, non vedo come possano ignorare le tante prove che dimostrano che il nostro licenziamento era orchestrato, con il consenso degli altri sindacati e anche di qualcuno della stessa Fiom. Vogliamo che ci sia un inchiesta su questo.
Pc - abbiamo avuto l'impressione, le stesse registrazioni lo dimostrano, che una parte del sindacato sia stato utilizzata come spionaggio con un’operazione premeditata di guerra sotterranea. Lo stesso ruolo giocato da 'Panorama' sembra simile a quello giocato nell'inchiesta giudiziaria del 2006 che ha cercato di colpire i compagni di proletari comunisti, dello slai cobas per il sindacato di classe e 4 operai Sata, ne è una dimostrazione.
Marco - Sicuramente questa come quella sono state operazioni studiate. Ho il sospetto che esponenti del sindacato ne siano coinvolti, si emarginavano gli iscritti, delegati validi e combattivi, o si cooperava con l'azienda per emarginarli......
Pc - tu dici che questo potesse essere parte di quella cosiddetta operazione “antiterrorismo” per colpire ieri i lavoratori più combattivi e, oggi all'interno della stessa Fiom, selettivamente, Barozzino, Lamorte e te?
Marco - credo proprio si sia trattato di una sorta di vendetta per quelli conosciuti come i più attivi.
Pc - anche il processo è stato anomalo. Dopo la campagna di 'Panorama' abbiamo visto sindacalisti andare a testimoniare contro di voi, quindi a sancire il passaggio a sindacati che collaborano con azienda e Stato per colpirvi.
Marco - non solo sindacalisti di cisl, uil, fismic...
Pc - se possiamo definire l'inchiesta del 2008, una controrivoluzione successiva alla ribellione dei 21 giorni, possiamo definire il vostro licenziamento una controrivoluzione preventiva?
Marco - penso di si. Se vediamo i fatti, la Sata è l'unico posto in cui si applica l'Ergo Uas. L'Ergo Uas che vuole Marchionne elimina ogni tempo di riposo, si passa dall'8% all'1% del tempo di lavoro, eliminato con la scusa che la posizione in piedi elimina il fattore di sforzo e quindi elimina la necessità del riposo. In termini di produzione si passa da 72 auto all'anno per operaio a quasi a 100. Roba che manco i cinesi fanno!
Con i capi, io ho dimostrato che materialmente non era possibile fare tutte le operazioni che dicevano loro e come dicevano loro. Secondo loro da inizio a fine giornata si dovrebbe impiegare lo stesso tempo, come fossimo macchine senza cervello Il risultato, oltre malattie e problemi di sicurezza, è anche una bassa qualità del prodotto.
Pc - l'Ergo Uas si applica anche alle operaie, che sono il 30%.?
Marco - certo! Anzi, dato che secondo loro semplifica le operazioni e riduce lo sforzo, pretendono che tutti possono farlo, anche chi ha problemi.
Pc - ma questo sistema aumenta anche la forza degli operai, perchè se riesci a bloccare anche solo una linea fermi tutta la produzione. Ecco perchè occorre creare una situazione in cui scioperare sia impossibile, ecco perchè gli serve una fabbrica fascista, in cui tutti sono un tutt'uno corporativo e il pensiero, l'insubordinazione operaia è di per qualcosa da vietare. Secondo anche le parole della sentenza lo stesso sciopero diventa da sanzionare perchè “incrina il rapporto di fiducia”.
Dalle parole che dicevi su Roma e sullo sciopero traspare la coscienza che le manifestazioni tradizionali non bastano più. C'è coscienza di questo in fabbrica?
Marco - tutto dipende dalla forza che hai in fabbrica, dal tipo di delegati che hai.
Pc - questo è prodotto anche del fatto che i meccanismi di rappresentanza selezionano delegati che non fanno i “delegati”. Se, magari, si avviasse un nuovo ciclo di lotte, questo creerebbe anche la necessità di nuove rappresentanze operaie.
Marco - questo è vero non solo per le rappresentanze operaie, ma anche per la stessa rappresentanza politica.
Pc - si capisce quindi che occorre che anche gli operai oggi tornino ad avere un loro partito. Prima di Marchionne, il governo stava già dalla parte dei padroni. Ora col fascismo padronale, è come se la Fiat impone leggi e decisioni al governo. Quindi solo formalmente le decisioni sono imposte da chi è eletto dal popolo, ma chi ha eletto Marchionne? Questo accresce la necessità di costruire un partito “operaio” che rappresenti gli interessi degli operai.
Altro punto. Perché non è stato fatta un manifestazione nazionale a Melfi, ad esempio, per i processi? Non pensi sia un errore lasciare i processi agli avvocati, anche bravi e onesti?
Marco - Il problema è che spesso non si è riusciti a mobilitare neanche tutti i delegati.
Pc - Vediamo che c'è “grande disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente”.
Ma tornando alla questione della Fiom e dell’unità sindacale. Una domanda: con chi ci dovremmo alleare? La Fiom è quella dell’attuale segretario Fiom Basilicata, De Nicola o la Fiom dell’ex segretario Cillis che oggi collabora con l’azienda? Siamo stati a Roma il 16 ottobre abbiamo gridato sciopero generale e contestato la Camusso e ci siamo trovati contro il servizio d’ordine Fiom/cgil; gli studenti il 14 dicembre hanno assediato il Parlamento e Landini li ha sconfessati. ecc. Vogliamo capire che cosa dobbiamo fare? Qualcuno ce lo deve chiarire e gli operai Fiom hanno responsabilità in questo.
E' arrivata l'ora che gli operai Fiom impongano che la Fiom faccia quello che dice? Perchè a Melfi la Fiom dice che vuole andare a Roma e a Dalmine, all’Ilva, per es. non se ne parla nemmeno. E' fondamentale essere chiari oggi su che cosa vogliamo fare: scioperiamo per bloccare il paese? Ci prepariamo ad affrontare la polizia? Scioperiamo per restare in “sacco a pelo” a Roma? Ci vuole responsabilità, chiarire se si sta con la Cgil della Camusso o con i lavoratori che lottano, Se risolviamo questo, la situazione è davvero eccellente.
Resta poi la questione, uno sciopero generale cambia o no i rapporti di forza nelle fabbriche? Resta il problema di una linea Fiom e anche di parte dei sindacati di base che puntano soprattutto sui ricorsi legali, mentre nelle fabbriche non si ottengono veri risultati da anni. Fino a quando? Credo che se vogliamo metterci a lottare insieme, dobbiamo decidere di parlare la stessa lingua.
Abbiamo approfittato della presenza di compagni dello Slai cobas per il sindacato di classe di altre città, Bergamo, Palermo, Milano, Ravenna, per fare poi il punto dell'attività in vista di un autunno che si presenta molto ricco, sia sul fronte delle lotte nelle fabbriche contro i piani del padronato, che della lotta al governo.
Dalmine
Un compagno operaio della Dalmine di Bergamo ha detto: Noi operai di proletari comunisti abbiamo subito capito il carattere dell'attacco, il fascismo padronale, in cui i padroni in proprio impongono un sistema in cui il conflitto non è ammesso. E per noi la risposta deve essere quella di operai che si organizzano in partito.
Durante la campagna referendaria alla Fiat di Torino abbiamo cercato di portare con forza la denuncia del fascismo padronale. Alle portinerie però c'erano anche quelli di Fim e Uilm e questo è stato secondo noi un limite in questa battaglia, perchè non sono state viste e inquadrate per quello che realmente sono: forze del padrone, non parte del dibattito nel campo degli operai.
Un altro limite della Fiom è quello di aver puntato principalmente sul ricorso legale alla Fiat. Noi siamo sempre ai processi, alla Sata come a Torino, per sostenerli in ogni caso; è la Fiom che non sempre vi ha partecipato, così come non ha fatto di questi processi, a Torino come a Melfi, se non sui giornali, un fatto nazionale, mobilitando le fabbriche.
Anche rispetto all'accordo siglato dalla CGIL il 28 giugno, la risposta di Landini, è stata ancora quella dei ricorsi, via che è inadeguata. Ma anche settori dei sindacati di base su questo non hanno una coscienza diversa.
Alla Dalmine, che pure è una fabbrica in cui c'è stata in passato più resistenza, oggi le cose non vanno bene; i sindacati confederali usano l'accordo Pomigliano o Mirafiori per dire che da noi, dove parti di questo accordo sono già passate senza scontri, tutto va bene
Anche da noi ora cercano di imporre modifiche dell'organizzazione del lavoro, tipo Ergo Uas: controlli computerizzati sulle operazioni svolte da ogni operaio, e si cerca di trattare ogni minima resistenza come una ribellione.
Tutto questo ci deve far capire che ci sono tutte le condizioni per la ripresa delle lotte e l'esperienza passata ci dimostra che se riusciamo a lottare uniti, vincere.
Un esempio di questo è stata la lotta degli operai immigrati della logistica, pagati ancora a cottimo, che dopo giorni di blocco e sciopero, hanno ottenuto risultati economici, ma soprattutto, una rappresentanza voluta dai lavoratori, non scelta dall'azienda. Quello che si è ottenuto è il rispetto dei minimi contrattuali, per questo oggi bisogna mettere in campo la forza degli operai in tutti i posti di lavoro.
Pcnon è chiaro se la Dalmine sia effettivamente in crisi, oggi molte fabbriche si dichiarano in crisi ma in realtà della crisi approfittano.
Operaio Dalminela situazione è che negli anni precedenti in fabbrica avevamo fatto record di produzione. con la crisi, l'azienda ha voluto approfittarne per far “pulizia” di chi dalla fabbrica voleva andarsene a spese della cassa integrazione. Quando annunciarono 1000 esuberi su 3000 non c'è stata un'esplosione di lotta.
Esiste un vasta rete di controllo clientelare gestita principalmente dalla Fim, che avviluppa gli operai, tutto un sistema di gratifiche, anche minime che ha diffuso tra gli operai l'ideologia di subordinazione ai padroni.
Esiste anche alla Dalmine una differenziazione di due tipi di operai, giovani ed anziani, che non è solo differenza di generazione, ma anche di contratto, livello salariale ecc.
Termini Imerese e Fincantieri
Un compagno di Palermo ha affrontato le questioni Termini Imerese e Fincantieri.
Per gli operai di Termini Imerese c'è stato il prolungamento della cassa integrazione fino a fine settembre. C'è attesa di come andrà a finire, anche circa ipotetici nuovi acquirenti.
Un errore è stato che all'annuncio della chiusura da parte di Marchionne non c'è stata nessuna ribellione. Nessuna soluzione prospettata ha mai garantito un futuro plausibile per tutti gli operai.
L'ultima soluzione è l'ADR motors, piccola fabbrica molisana, che produce per la cinese Chery. Ma non ci sono le idee chiare tra i lavoratori. I sindacati lavorano ancora insieme, e la loro linea è rivolgersi a Lombardo e alla Regione Sicilia, linea che non ha dato finora nessun risultato.
Pensiamo che da qualche parte ora verrà la scintilla.
Ala Fincantieri la situazione può diventare simile. La notizia di una possibile chiusura è stata accolta dagli operai con rabbia, scioperi di diversi giorni e blocchi anche duri, quasi alla maniera degli operai di Castellammare che si sono conquistati un periodo di respiro grazie alla durezza della loro lotta, in questo caso è stata una commessa che ha rinviato la chiusura e ha interrotto l'inferno della CIG.
Il nostro lavoro è far sì che questo rinvio serva a preparare la ripresa delle lotte e non la chiusura.
Ilva
All'Ilva di Taranto la cassintegrazione si è per ora chiusa, ma nell'indotto la Cigs si va trasformando in mobilità e quindi in licenziamento per migliaia di operai.
Anche all'Ilva ci sono stati gli interinali licenziati, ma non hanno ben maneggiato la loro lotta, affidandosi sempre e comunque agli stessi sindacati che avevano firmato gli accordi e che li avevano svenduti, puntando al massimo sulla mediazione di Vendola.
Nel frattempo gli infortuni in fabbrica sono ripresi, gli operai vengono spinti a far parte del blocco sociale pro-Riva nel conflitto che oppone Riva alla città per la questione ambientale; non c'è ancora, come è stato a Genova, una lotta in cui gli operai hanno fronteggiato la parziale chiusura della fabbrica inquinante, conservando il posto di lavoro.
Il fascismo padronale nell'Ilva, dove ha iniziato la carriera Palombella segretario nazionale della Uilm, è da tempo una realtà, anche se in chiave soft. Certo la scintilla può sempre scoccare, ma fino a quando non ci sarà ribellione nei confronti dei sindacati di regime non sarà facile. Su questo noi dobbiamo nell'autunno concentrare le nostre forze.
Disoccupati Organizzati
I Disoccupati Organizzati di Taranto sono nati proprio per rompere la catena disoccupazione/clientelismo/corruzione che domina a Taranto come in tutto il sud. Abbiamo condotto lotte dure, con scontri, occupazioni, cui hanno cercato di rispondere con la repressione e l'intimidazione attraverso denunce , multe, ecc; ma anche con un tentativo insidioso e condotto da molte parti per dividerci con manovre, illusioni, ecc.. Ma non ci sono riusciti. la lotta è continuata e i disoccupati organizzati resistono. Abbiamo in città raccolto un consenso solidale molto vasto, ma dobbiamo raccogliere altri risultati concreti, perciò la lotta sta continuando.
Abbiamo fatto molte lotte ma anche proposto, attraverso un Convegno, soluzioni concrete per il lavoro attraverso la raccolta differenziata porta a porta, dove tutti ci hanno dato ragione.
Ciò che abbiamo ottenuto è dovuto alla forza di un gruppo compatto, organizzato dallo Slai cobas per il sindacato di classe.
La questione centrale è che questa battaglia ha imposto la “lista di lotta”, questo manda a tutti i disoccupati il messaggio della lotta e dell'organizzazione.
Rispetto agli operai, tra i disoccupati c'è una situazione più difficile, mancano luoghi oggettivi di aggregazione quotidiana, ma nello stesso tempo non c'è il peso sul collo del ricatto padronale e del licenziamento, anche se non mancano intimidazioni giudiziarie e repressione.
I risultati, anche piccoli, ci sono, ma solo se ci si organizza in proprio, fuori dai sindacati ufficiali.
Precari delle Cooperative sociali.
A Palermo i precari delle coop sociali che lavorano nelle scuole all'assistenza dei disabili su appalti della provincia si trovano in un'alternanza tra precariato e disoccupazione, senza diritto a sussidio perché sospesi nei periodi in cui non lavorano. Attualmente la situazione è ancora peggiorata, a causa di appalti sempre più brevi gli hanno tolto anche il contratto a tempo indeterminato e infine gli portato il licenziamento, e poi dopo la lotta la cassa integrazione.
La nostra lotta ha interrotto una tradizione di trattative con sindacati di comodo, di incontri segreti a cui i lavoratori non partecipavano, mentre con noi sale sempre una delegazione di lavoratori.
La lotta dura, a fronte di sempre maggiori tagli, è riuscita comunque a salvaguardare i posti di lavoro, finora. La nostra logica è stata quella dell'assedio, fargli sentire il fiato sul collo, una rottura della tranquillità del Palazzo ottenuta grazie alle clientele, con ruolo di garante dei sindacati confederali.
Da ultimo abbiamo ottenuto continuità grazie a una forma che ci siamo inventati di progetti extrascolatici, che hanno ottenuto anche l'appoggio dei familiari dei ragazzi.
Le piccole conquiste danno coraggio ai lavoratori ma anche possono afflosciare la lotta, e per questo è necessario una costante lotta ideologica tra i lavoratori contro l'accontentarsi e le illusioni.
Con gli operai di fabbrica si è creato un certo legame, ad es con alcune operai mariti di operatrici organizzate con noi, a volte dicono “dobbiamo fare come lo slai cobas”. Altro momento di contatto è stato dato dalla concomitanza di una delle più forti iniziative alla Prefettura per un tavolo della vertenza precari con una giornata di lotta nazionale della Fincantieri, con reciproco scambio di solidarietà tra operai e precari.
Abbiamo anche avviato un tentativo di creare un coordinamento precari, molto importante perchè da fiducia ai lavoratori e li aiuta a uscire dal loro ambito ristretto e alzare la testa.
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