Il giudice: "Accordo legittimo
alla Fiat di Pomigliano d'Arco"Depositate le motivazioni della sentenza sul ricorso Fiom: Fim e Uilm sono pienamente rappresentative e nulla vieta che possano concludere intese come quella impugnata. E' tuttavia antisindacale escludere il sindacato della Cgil dalle rappresentanze aziendali
SARAH MARTINENGHI E CLAUDIO MERCANDINO
Lo stabilimento di Pomigliano
La Fim e la Uilm sono pienamente legittimate a siglare contratti con la Fiat, anche in deroga al contratto nazionale di lavoro metalmeccanico, e l'intesa ha piena efficacia in quanto non esiste alcuna norma che la vieti. E' così che il giudice del lavoro torinese Vincenzo Ciocchetti spiega, nelle motivazioni depositate stamane in cancelleria, la sentenza con la quale, il 16 luglio scorso ha respinto il ricorso della Fiom per la dichiarazione di illegittimità dei contratti di primo e secondo livello conclusi per lo stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco.
Richiamandosi al principio di "effettività", il giudice dichiara efficace l'accordo contestato dal sindacato della Cgil e firmato invece dalle altre organizzazioni sindacali. L'intesa mostra "una certa disorganicità", scrive Ciocchetti, manca di "una chiara vicenda abrogativa" degli accordi precedenti e non presenta "una sicura gerarchia tra le fonti contrattuali richiamate, con portata vincolante e da tutti accettata", tuttavia non si può accogliere la richiesta della Fiom di "veder caducati i contratti stipulati dalle parti sociali sicuramente rappresentative".
"Nel caso di specie - spiega il giudice - non v'è dubbio che Fim e Uilm, le due principali organizzazioni formatarie dei contratti in questione, siano sicuramente organizzazioni rappresentative dei lavoratori; inoltre, se è vero che, sull'altro versante, non vi è un'organizzazione di categoria datoriale, ma una grande impresa, è anche vero che non esiste alcun divieto legale alla stipula di simili tipi di contratto". Dunque tale stipula non può essere considerata antisindacale, anche in considerazione del fatto che è stata approvata in un referendum "dalla stragrande maggioranza" dei lavoratori.
Se, però, la Fiom è tenuta a rispettare questo accordo, per lo stesso principio di rappresentanza all'interno dell'azienda non può essere esclusa dalle rappresentanze sindacali. "L'impresa - scrive il giudice - non può escludere un'organizzazione sindacale che dispone di una propria rappresentanza per il solo fatto di stipulare con altri sindacati una convenzione avente quale effetto conseguente di estromettere tale organizzazione". Perciò Ciocchetti conclude per la antisindacalità di tale esclusione, che appare "paradossale e ingiustificata". Il datore di lavoro, argomenta Ciocchetti, non può attuare "interventi, posti in essere non solo in modo unilaterale, ma anche sul piano negoziale", destinati a "favorire o, all'opposto, danneggiare una delle organizzazioni che partecipano alla dialettica intersindacale". Il datore di lavoro, anzi, deve mantenere un atteggiamento di "neutralità" rispetto alle scelte di tutti i sindacati con cui tratta "senza schierarsi in favore di alcuno di essi". Poiché, in conclusione, "la Fiom è un sindacato pienamente rappresentantivo e non può essere discriminata in base al suo dissenso sugli accordi contrattuali", la sua esclusione va dichiarata "antisindacale".
Mirafiori sta bene? Noi invece no"
Le tute blu e lo stipendio dimezzatoSecondo l'ad Marchionne è tutto ok, ma per chi lavora nello stabilimento torinese della Fiat ogni settimana di cassa integrazione equivale costa 100 euro in busta paga. Dall'inizio dell'anno la linea della Mito ha funzionato per 72 giorni su 170, quella di Idea e Musa appena 29
di STEFANO PAROLA
"Mirafiori sta bene". Maria è arrivata è tornata dal suo primo giorno di fabbrica dopo due mesi di cassa integrazione e si è sentita dire dall'amministratore delegato della sua azienda che "Mirafiori sta bene". Forse i muri dello stabilimento stanno bene, ma chi ci lavora no. E il malcontento di Maria sta tutto nelle ultime due buste paga che ha ricevuto al rientro in fabbrica: "Su quella di giugno - racconta -, mese in cui non ho lavorato neanche un giorno, c'è scritto 1.290 euro. È tanto? Il fatto è che dentro ci sono 300 euro di rimborso della dichiarazione dei redditi e 200 di quattordicesima. Senza questi "extra" il mio stipendio è di 790 euro".
E' la cifra minima, la prendi quando non metti piede in stabilimento per tutto il mese. E a qualcuno capita spesso. Perché nell'"inferno" dei 5.500 cassintegrati delle carrozzerie di Mirafiori ci sono almeno tre gironi, uno per linea di montaggio. Quelli che si occupano dell'Alfa Mito, poco meno di 2 mila persone, sono quasi dei privilegiati: da inizio anno a fine agosto hanno lavorato per 72 giorni su 170. Al contrario, i circa 800 addetti destinati alla catena che sfornava la Fiat Multipla sono quelli messi peggio: zero giorni di lavoro su 170, perché quel modello non si fa più. In mezzo ci sono tutti le altre tute blu impiegate all'assemblaggio della Fiat Idea e della Lancia Musa: 29 giorni su 170.
Maria appartiene a quest'ultimo gruppo di operai "di mezzo". Sottomano ha una busta paga di gennaio, quando le cose andavano un po' meglio: "In quel mese avrò lavorato quattro o cinque giorni e ho preso 1.100 euro. Ma io vivo sola con un figlio a carico e ho diritto alle detrazioni e all'assegno familiare. Ma ho colleghi che saranno arrivati a 800-850 euro". Si potrebbe pure vivere con mille e qualche euro al mese, non ci fosse quel mutuo che era stato acceso quando le cose andavano bene: "Quando l'ho fatto arrivavo a anche a 1.400 euro al mese. Ora per fortuna mi aiutano i miei genitori. Perché io nei periodi di maggior cassa arrivo fino al 6 o al 7 del mese con i miei soldi, poi arranco. Mio figlio fa seconda elementare e dovrebbe cambiare gli occhiali perché gli sono diventati un po' piccoli. Se li terrà così perché non posso permettermi una spesa del genere".
Storie di ordinaria cassa integrazione. Che riguardano tante tute blu. "A settembre chi lavora alla Mito farà dieci giorni di lavoro, mentre i loro colleghi della linea Idea-Musa si fermeranno a cinque. E la decurtazione del salario è altissima", spiega Edi Lazzi, il responsabile della quinta lega della Fiom, quella che si occupa di Mirafiori. Su un salario medio di 1.250 euro si parla di 100 euro che se ne vanno per ogni settimana di cassa integrazione. Vuol dire che per un mese a "zero ore" ci sono 2,2 milioni di euro che non finiscono nelle tasche dei lavoratori e quindi neppure nel sistema economico della città. E che in quest'ultimo anno i salari base hanno viaggiato tra i 780 e i 900 euro.
In più la cassa rosicchia anche tutto il resto: "Si porta via - fa notare Lazzi - un pezzo di tredicesima, non ti fa maturare le ferie e i permessi retribuiti, incide sui ratei. È due anni che si va avanti così in corso Tazzoli".
Nessun commento:
Posta un commento